Note sul patrimonio d'interesse
storico -artistico
Il
I aprile del 1671 il canonico Francesco Monetta
promosse, assumendosene ogni onere, la fondazione
e la dotazione di una casa dei carmelitani scalzi
in Brindisi. Come si precisa nell'atto redatto
da notar Staibono di Lecce, "calcolandosi
detta fondazione sino a ducati centomila tra la
spesa della sontuosissima fabbrica di esso convento
e chiesa presi dalle fondamenta, compera di luogo
e fondo di annue rendite e stabili". Lo stesso
Monetta, col suo ultimo testamento dell'11 aprile
1689, disporrà la trasmissione di tutti
i suoi beni all'istituzione da lui voluta.
I primi teresiani trovarono ospitalità
in un piccolo oratorio già nel 1672: il
25 aprile "vennero in Brindisi i padri Carmelitani
Scalzi di Santa Teresa per fondarvi il monasterio,
che furono dalla città accolti con estrema
allegrezza, non solo per la devozione della serafica
lor madre, ma anco per la loro esemplarissima
religiosità che menano, riempiendo d'odore
di santità le città e luoghi dove
vivono, per il che si è resa quella religione
illustre nel mondo, stimata e riverita da' principi
e signori. Non vi è mancato chi spinto
da particolar devozione l'habbia fatto liberal
dono di molte facoltà, non solo sufficienti
per il sostentamento naturale ma anco per poter
fabbricare chiesa e monasterio, come se n'è
dato principio, nel più comodo sito e nell'aria
più salubre della città, crescendo
alla giornata la devozione e la frequenza del
popolo nel picciolo oratorio da quei padri eretto,
sin tanto che si darà qualche forma comoda
alla chiesa di capacità maggiore".
Avevano preso avvio, probabilmente
sotto la direzione di Giuseppe Zimbalo, i lavori
che dovevano infine rendere alla città
e all'ordine una struttura che rivela chiari riferimenti
all'architettura barocca di tipo leccese sia nel
convento che nella chiesa. La facciata, tripartita
verticalmente da paraste in carparo, è
impostata su tre ordini evidenziati da cornici
marcapiano e raccordati da volute che si risolvono
nel secondo in snelli pinnacoli. La pianta presenta
una navata centrale con transetto; le laterali
sono ridotte, infatti, a semplici cappelle. Qui
sono i segni delle devozioni proprie di questa
chiesa ove ha operato una confraternita sotto
il titolo dei Santi Medici. Un riferimento a tale
culto è offerto dalla seconda cappella
di destra ove sono le cinque statue in cartapesta
dei santi e una significativa raccolta di ex voto.
La confraternita era attiva almeno dal 1826 e
aveva sede nella chiesa delle Scuole Pie; in quella
data la locale sott'intendenza chiese che le statue
dei Santi Medici, nella chiesa già degli
scolopi, fossero traslate in Santa Teresa poiché
"sotto il pretesto di mantenersi il culto
divino in gloria degli anzidetti santi si fanno
delle questue che si convertono ad altro uso.
La congrega, trasferitasi in Santa Teresa il I
gennaio 1888, è stata attiva almeno sino
al 1971.
Nell'adiacente cappella di Santa
Teresa si conservano tele del pittore leccese
Serafino Elmo (1696-1777); autografa è
la Gloria di Santa Teresa. Secondo Milena
Loiacono, che la data al 1735-40, è "di
impostazione giordanesca, ma con puntuali riferimenti
all'arte del Solimena soprattutto nella figura
della suora teresiana che, inginocchiata, assiste
alla scena, per la quale il modello di riferimento
può essere individuato nella tela Vergine
al cospetto della Trinità e Santi nella
chiesa di Santa Maria di Piedigrotta a Napoli".
Allo stesso maestro sono attribuibili la Madonna
del Carmine col Bambino che consegna lo scapolare
ai santi Simone Stock e Teresa d'Avila le
altre tele che sono nella cappella della Madonna
del Carmelo. Si deve questa, come ricorda una
memoria epigrafica, alla munificenza di Luigi
Ferreyra, castellano delle fortezze sull'isola
di Sant'Andrea dal 1690 al 1710. Fu egli fondatore
del cosiddetto Monte dei Giannizzeri, istituzione
tesa ad alleviare con varie provvidenze quanti,
fra i soldati spagnoli del forte o fra i loro
discendenti si fossero trovati in difficoltà
economiche. L'istituzione ha avuto lunga durata:
le rendite sono state distribuite sino al 1940.
Il culto per la Madonna del Carmine
è attestato anche dalla macenula, conservata
ora nella prima cappella di destra, sulla cui
veste di taffetas marrone sono riportati ricami
del primo '800.
Nella
prima cappella di sinistra è riferimento
alla confraternita dei marinai e pescatori di
Brindisi; aveva essa in origine sede presso la
chiesa di Sant'Eufemia indicata anche come Sant'Andrea
piccinno. Di pertinenza dell'abbazia concistoriale
di Sant'Andrea dell'Isola, fu richiesta dai carmelitani
scalzi all'abate commendatario cardinal Alessandro
Caprara perché fosse incorporata nella
loro clausura, risultando da molti anni abbandonata.
La richiesta fu soddisfatta; in cambio, i teresiani
si obbligarono a dedicare una cappella nella loro
chiesa a sant'Andrea, facendo di questa il nuovo
punto di riferimento della confraternita. Nel
1789 il patrizio napoletano Sergio Sersale, abate
commendatario di Sant'Andrea dell'Isola, commise
lavori che portarono a una sostanziale ridefinizione
di tutta l'area cultuale. Elemento di raccordo,
si direbbe è, in questa vicenda, la tela
che raffigura Sant'Andrea, di bottega
locale, vicina a Jacopo de Vanis, eseguita nel
tardo cinquecento per essere collocata in Sant'Eufemia
e quindi adattata, con aggiunte, per essere inserita
nell'altare voluto in Santa Teresa. Due memorie
epigrafiche in sito ricordano queste vicende che
saldano la presenza carmelitana a remote precedenze
e la radicano nel cuore della popolazione marinara
di Brindisi.
Il pittore barese Umberto Colonna
(1913-1993) realizzò le tele aventi a soggetto
la Madonna del Rosario, per la cappella
con lo stesso titolo, il Cristo in trono,
per il presbiterio, La gloria dei santi medici
Cosma e Damiano e la Gloria di Santa
Teresa d'Avila sul soffitto cassettonnato
della navata l'una, del transetto l'altra.. L’artista
trentino Lucillo Simone Grassi (1895 – 1972)
realizzò, il 1942, i dipinti Il martirio
dei santi medici Cosma e Damiano e La
gloria dei santi medici Cosma e Damiano collocati
sulle testate del transetto. Occorre infine pur
far menzione di altre due tele. L'Educazione
di Maria Vergine, attribuibile a Francesco
Antonio Altobello (1632 - 95), con collocazione
sulla controfacciata e l'Angelo con il simbolo
della Passione: la scala della Croce da Lucio
Galante attribuito ad ambito di Simon Vouet (1590-1649)
che una serie di dodici angeli coi simboli della
passione dipinse per il cardinal Ascanio Filomarino
di Napoli. Il dipinto brindisino, restaurato il
1991 da Francesca Marzano, scrive Lucio Galante,
"rivela un autore che è così
vicino al modello, anzi che ha una tale conoscenza
del suo stile da confondersi col medesimo. In
altre parole sarebbe impensabile un tale dipinto
al di fuori dello stretto entourage del Vouet".
Il convento, dedicato ai Santi
Gioacchino e Andrea, caratterizzato dall'ampio
chiostro, ospita attualmente l'Archivio di Stato;
i carmelitani scalzi furono costretti ad abbandonarlo
una prima volta in conseguenza del regio decreto
del 5 novembre 1807. Vi poterono rientrare per
le disposizioni del 20 aprile 1820 e infine lasciarlo
definitivamente il 29 novembre 1863 in conseguenza
del provvedimento di soppressione del 17 febbraio
1861. Fra il 1820 e il 1821 qui si riuniva la
brindisina setta carbonara della Concordia; l'Italia
unita utilizzò il convento quale caserma,
intitolata a Gabriele Manthoné, protagonista
nelle vicende napoletane del 1799, ricordato da
un'epigrafe ammurata nell'androne.
Numerose le tele provenienti
da Santa Teresa conservate nella quadreria del
museo diocesano "Giovanni Tarantini"
in Episcopio; fra queste è la Madonna
della Rosa, già nel Coro, riferibile
agli ultimi del XVII o i primi del XVIII secolo,
Di grande interesse per la storia
del costume popolare è il Presepe,
olio su tela della fine del XVIII secolo, ora
nel salone San Michele della basilica Cattedrale,
ispirato alla tradizione napoletana con inserto
dell'avvento del Cristo nella quotidiana attività
e nella semplicità della gente del popolo
intenta alle faccende giornaliere.
Al termine di complessi lavori
di restauro, condotti su progetto degli architetti
Antonio Bruno, Nicola Forleo, Giacinto Liguigli
e dell’ing. Cesare Argentieri, con la consulenza
dell'arch. Giada Piliego, realizzati dalle imprese
Atena Restauri di Bari, Valore Restauri
di Nardò e De Bellis di Nardò,
lo scorso 17 dicembre il complesso di Santa Teresa
degli Scalzi in Brindisi è stato restituito
alla pubblica fruizione. Nel restaurato compendio
il museo diocesano "Giovanni Tarantini"
ha nuovi e attrezzati spazi espositivi.
Giacomo Carito
Foto nel
testo(dall'alto verso il basso):
Chiesa di Santa Teresa - esterno;
Retro della chiesa alla fine dell'800 o primi
del '900;
Tela dell'Angelo col simbolo della passione (ora
nel museo diocesano)
Il museo diocesano
"Giovanni Tarantini"
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