Fu l'arcivescovo Giovanni
Falces (1605-36) a disporre nel 1608, giuste le
disposizioni tridentine, l'erezione e fondazione
in Brindisi del seminario " de' chierici"
col fine esplicito di sottoporre "all'educazione
dell'ecclesiastica disciplina la deviata gioventù
della diocesi tutta". L'istituzione ebbe
sede in locali adiacenti l'episcopio, acquistati
dal Falces ma ritenuti inadatti dall'arcivescovo
Francesco de Estrada (1659-71) che preferì
affidare 1'educazione dei futuri sacerdoti al
collegio delle Scuole Pie, dal presule voluto
in Brindisi. L'arcivescovo Francesco Ramirez (1689-97),
rilevato "il trapazzo e divagamento de' chierici
convittori che giornalmente dovean portarsi alle
scuole in quel collegio", dispose il 7 marzo
1690 il ritorno alla diretta gestione dell'istituzione.
Il successore Barnaba de Castro (1700-7) nel 1703
sospese l'esperienza non potendosi "nell'angusta
casa avere la dovuta necessaria cura per l'educazione
de' chierici". Sarà Paolo de Vilana
Perlas (1715-23) a risolvere il problema; acquistati,
ai primi del 1720, vari immobili adiacenti l'episcopio
e demolitili, il 26 maggio dello stesso anno benedisse
"tutto il luoco del seminario avendo primariamente
cavate le fondamenta"; il mattino seguente
pose la prima pietra della nuova costruzione il
cui progetto era stato commesso all'architetto
salentino Mauro Manieri (1678-1744). Il Seminario
brindisino richiama le fabbriche romane dell'Oratorio
dei Filippini e del Collegio de Propaganda Fide;
fra le lesene, innalzantesi dallo zoccolo, si
aprono due ordini di finestre incorniciate, come
l'ingresso sormontato dal balcone ora con ringhiera
in ferro a petto d'oca, di marmo bianco ricavato
dalla basilica di San Leucio. Oltre la possente
trabeazione che funge da cornice partipiano è,
scandito da semplici fasce, il piano attico su
cui sono le statue, in pietra di Carovigno, rappresentanti
la Matematica, l'Eloquenza, l'Etica, la Teologia,
la Filosofia, la Giurisprudenza, la Poetica e
l'Armonia. Lo stemma di Paolo de Vilana Perlas,
cui l'intrapresa costò 25.000 ducati, è
ammurato al di sopra del balcone del primo piano
e sullo spigolo di sud-ovest.
Il seminario nel 1923
Il successore Andrea Maddalena
(1724-43) non rese operativa la struttura ed anzi
annesse alcuni locali ai propri appartamenti;
conseguentemente, si vide "tal magnifico
luoco all'intutto derelitto e reso soltanto un
quieto abitacolo de' topi e de' ragni"
Il primo febbraio del 1728 vi
venne rappresentata "un'opera in musica nominata
la Lucinda". Il sisma del 20 febbraio
1743 "tracollando l'intiero cornicione, atterrò
tre delle statue ed altre ne deturpò, come
tutto infranto e deturpato ne rimase lo sporto
tutto delle balconate e schiacciate benanche le
balaustrate di ferro". Il Manieri, cui si
commissionò anche il rifacimento della
cattedrale, rese agibile il complesso; già
il 21 novembre 1744 l'arcivescovo Antonino Sersale
(1743-50) lo aprì "colla pubblica
vestizione de' convittori", riprendendo l'attività
didattica sospesa dal 1703. Lo ricorda l'epigrafe
nel chiostro che precisa come il prelato volle
il palazzo "elegantius ac magnificentius";
in realtà la deformata prospettiva del
Seminario fu riattata solo nel 1757 adottando
per "l'intero cornicione più stabile
artifizio quanto umanamente si é potuto:
rinnovati si sono gl'infranti sporti delle balconate
e loro balaustrate di ferro rimesse le tre nuove
mancanti statue e riparate ancora le altre da
quei danni, che patirono per lo cennato tremuoto
del 1743. E' peranche già disposto per
questo corrente anno 1758 il rinnovarsi i logorati
pavimenti". Da qui le difformità riscontrabili
rispetto al progetto del Manieri, già peraltro
modificato da ripensamenti in corso d'opera come
testimoniato dallo scalone che, impostato nel
vano aperto a destra sull'androne, fu poi realizzato
con accesso dal chiostro. Nel 1758, per volontà
dell'arcidiacono Carlo Arrisi, si ha la costituzione
del Sacro Monte degli Alunni per il quale
si manterranno in Seminario dodici alunni, col
pagamento di 36 ducati per ciascuno di loro; l'istituzione
cesserà la propria attività nel
1940.
Grande prestigio ebbe il seminario di Brindisi
durante l’episcopato di Annibale De Leo
(1797-1814) che, nato nel 1739, pure in quell’istituzione
aveva studiato filosofia e teologia; durante il
periodo napoleonico fu uno dei pochi nel Sud a
rimanere aperto. Ciò anche “per gli
sceltissimi professori nelle diverse facoltà
che vi faceva insegnare” per merito dei
quali il seminario “si rendè cospicuo
a tal segno che, nel concorso di convittori d’altre
diocesi ebbe a fare aggiungere nuovi saloni a’
preesistenti”. A confermare il rapporto
di fiducia che legava l’arcivescovo Annibale
De Leo al tenente generale francese Giacomo Ottavy
è la circostanza che per il 1811 risulta
che “Bonaventura Ottavy figlio del tenente
generale d. Giacomo” è studente di
17 anni nel seminario di Brindisi. Qui, nel 1799,
insegnava filosofia e matematica il padre scolopio
Oronzo Rapanà di Campi; nel 1804 ne era
prefetto Parlati, sottoprefetto Saracino. Dopo
l’episcopato del De Leo il seminario attraversò
una notevole crisi; nel 1819 il vicario generale
capitolare della sede arcivescovile vacante emette
il 12 settembre editto in cui ricorda che “bisogna
certamente deplorare le circostanze de’
tempi, per i quali il nostro [seminario] di Brindisi
è decaduto dal suo splendore in cui era
pochi lustri addietro, e per cui formava l’invidia
delle vicine diocesi”. Si trattava di problemi
soprattutto economici; nel 1827 l’arcivescovo
Pietro Consiglio (1826-39) in una lettera inviata
il 2 novembre al nunzio apostolico in Napoli evidenzia
“la povertà del seminario arcivescovile
di Brindisi, il quale non ha di rendita, che soli
trecento ducati circa, si mantiene aperto, e in
attività ristrettamente, e a forza di economia,
ma non si possono avere maestri valenti per mancanza
di rendite a poterli compensare”. Proprio
al fine di migliorare il dato economico, il 21
aprile 1830 si annunzia il deposito dell’atto
di acquisto da parte del Seminario e Monte
degli Alunni, per 1900 ducati, di un fondo
di Antonio Laviano in contrada Formoso. In quell’anno
insegnano nel seminario don Francesco Tommaso
Oronzo Emanuele De Castro, nato nel 1801, “ingegno
preclaro, profondo cultore di etica, filosofia,
diritto che insegnò per molti anni nel
seminario diocesano e privatamente”, don
Vincenzo La Colina e il chierico Francesco Trinchera
di Ostuni.
Nella prima metà del secolo vi compiono
i loro studi Giovanni Tarantini (1805-89) che
qui poi insegnerà discipline teologiche
e Giuseppe De Roma (1821-89) che, ottenuto un
posto gratuito nel seminario di Brindisi, vi si
perfezionerà negli studi letterari.
Il seminario, utilizzato quale caserma nella crisi
dell'unificazione nazionale, rimase precariamente
attivo fra il 1861 e 1863. In quell'anno il comune
rivendicò la proprietà dell'edificio
chiedendo fosse sede del ginnasio e lasciando
all'arcivescovado la sola disponibilità
del secondo piano per l'impianto di una scuola
di teologia. Il 13 gennaio 1866, in ottemperanza
al Regio Decreto del I settembre 1865 vi è
formale presa di possesso dei locali del seminario
da destinare a Collegio-Convitto Teologico e Ginnasio
– Convitto Nazionale da parte del prefetto
della provincia di Terra d’Otranto Murgia,
dell’ispettore provinciale scolastico Manfredi,
del pretore mandamentale Maiorini e alla presenza
del subeconomo diocesano De Roma e del procuratore
del seminario Rubini. Il 19 gennaio dello stesso
anno il sindaco di Brindisi Balsamo annuncia l’inaugurazione
del ginnasio – convitto Annibale de Leo
nel palazzo del Seminario; nel 1881 saranno avviate
le scuole tecniche che dapprima sostituiranno
i corsi ginnasiali chiusi per lo scarso numero
di alunni per poi affiancarli quando, dopo non
molto, saranno ripresi. Nei locali ancora disponibili,
l'arcivescovo Luigi Maria Aguilar (1878-92) riavviò
le attività seminariali in modo comunque
precario. Il 29 settembre 1894 il consiglio scolastico
provinciale respinge l’istanza dell’arcivescovo
di Brindisi di restituzione del palazzo del Seminario,
requisito in base alle leggi di soppressione e
conversione degli enti ecclesiastici del 7 luglio
1866 e 15 agosto 1867. Il Monte degli Alunni,
istituito dall’arcidiacono Carlo Arrisi,
andò anch’esso soggetto a sequestro
già nel 1865; nonostante l’opposizione
vittoriosa in giudizio dell’arcivescovado
in secondo e terzo grado di giurisdizione, sopravvenute
le leggi di soppressione e conversione degli enti
ecclesiastici del 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867
il demanio dello stato s’impossessò
di tutti i beni del Monte. Ciò diede inizio
a una lunga controversia giudiziaria risolta il
13 aprile 1883 dalla Corte di Cassazione che ritenendo
l’istituzione ente esclusivamente ecclesiastico
ne legittimava la conversione. Sarebbe stato il
consiglio scolastico provinciale, previa disposizione
del Ministero della Pubblica Istruzione del 9
novembre 1885, a curare l’andamento del
Monte degli Alunni le cui rendite per un terzo
furono assegnate all’arcidiocesi e per due
terzi al municipio di Brindisi per il mantenimento
delle scuole secondarie. Nel 1900 l’arcivescovo
Salvatore Palmieri (1893 – 1905) riuscì
a riaprire il seminario limitatamente ai corsi
ginnasiali nominando rettore mons. Francesco Attanasio.
L’iniziativa ebbe breve durata perché
le autorità militari acquisirono l’immobile
per destinarlo ad ospedale.
Solo nel 1927 si ottiene il dissequestro dei due
seminari di Brindisi e Ostuni al termine di una
controversia giudiziaria iniziata il 1912. Nel
1928 entrambe le istituzioni sono attive; all’inaugurazione
dell’anno scolastico nel seminario di Ostuni
viene ricordata la figura di don Arcangelo Lotesoriere,
per molti anni qui docente. Rettore in Ostuni
è dal 1932 il m. r. d. Orazio Semeraro
di Veglie che in quello stesso anno si vede conferito
dalla Santa Sede il canonicato teologale nella
Cattedrale di Ostuni. Don Giuseppe Magrì
è allora rettore del seminario di Brindisi;
qui sono attive classi di V elementare, I e II
ginnasiale. L’inizio delle lezioni è
fissato al 3 novembre. Nel 1933 l’arcivescovo
Tommaso Valeri (1910-42) decide di tener aperto
soltanto il seminario di Ostuni per le due diocesi
e quello di Brindisi “pel solo convitto
del quale ha nominato rettore il Rev.do Sac. Umberto
Priore di Mesagne”. Il presule ricorda “
I due seminari li trovammo chiusi, i locali in
mano altrui o devoluti ad altri scopi. I giovani
nostri vaganti in altre diocesi e con sempre decrescente
numero di vocazioni”. Il convitto arcivescovile
di Brindisi “occupava i locali del secondo
piano, avendo la cucina, il refettorio e la sala
d’udienza al piano terreno”. Rettore
è il sacerdote prof. Giuseppe Anglani.
Frequentanti risultano 9 nel primo anno e 12 nel
secondo. Nel 1936 l’arcivescovo Tommaso
Valeri (1910-42) decide di riaprire in Brindisi
il seminario arcivescovile San Giuseppe.
Il seminario occupava i locali del 2° piano,
gli stessi già tenuti dal convitto. Rettore
veniva nominato il sacerdote don Daniele Cavaliere.
Sarebbe stato frequentato da alunni del 1°
corso ginnasiale. Sarebbero stati 9.
Nella manoscritta cronaca del seminario di Ostuni
è la descrizione del Natale 1938. “È
Natale, giorno di allegria ed esultanza. I seminaristi
delle due camerate per godere in tutta la sua
pienezza questa festa che è per eccellenza
la festa di famiglia hanno costruito due magnifici
presepi che perfettamente corrispondono ai loro
piani artistici. Il presepe della seconda camerata
si distingue per la sua colossalità, quello
della prima per la sua concezione veramente singolarissima,
per la sua artistica struttura e per i meravigliosi
effetti di luce. La sera, che fu davvero suggestiva,
i seminaristi con un certo numero di invitati
si raccolgono innanzi ai presepi delle due camerate
ove le orecchie gustano armonie di paradiso, grazioso
riflesso delle armonie artistiche di quella notte
santa. Si scende in cattedrale col cuore gonfio
di dolcezza e di amore verso Gesù Bambino”.
La cronaca riporta anche memoria di gite fuori
porta quale quella del 13 aprile 1939. “Oggi
si è svolta la grande giornata. Sebbene
meno bella dell’anno scorso pure non è
da disprezzarsi. Abbiamo visitato belle cittadine.
La prima tappa è stata Locorotondo. Nella
Chiesa Matrice il Sig. rettore ha celebrato la
S. Messa e tutti ci siamo accostati alla S. Comunione.
Dopo la Messa, l’arciprete mons. Semeraro
ci ha offerto caffè con paste e caramelle.
Durante il percorso per giungere ad Alberobello
per visitare la zona monumentale dei trulli abbiamo
consumato la colazione. Poco dopo siamo partiti
per Gioia, ove abbiamo visitato l’antichissimo
castello. Quindi siamo stati ad Altamura, ove
abbiamo ammirato la sontuosa Cattedrale, donde
siamo passati a Gravina di Puglia. Qui ci è
stato offerto il pranzo, del quale non potevamo
rimanere più soddisfatti. Non abbiamo potuto
purtroppo visitare Mons. Sanna essendo ammalato.
Verso le ore 14 siamo partiti da Gravina per giungere
dopo un percorso lunghissimo a Castellaneta, ove
abbiamo visitato la Cattedrale. Siamo rimasti
meravigliati dei ricchi paramenti. Abbiamo visitato
mons. Potenza e dopo ci siamo recati al seminario.
Partiti da Castellaneta per via Palagiano abbiamo
raggiunto Matera, famosa per il suo sasso. Dopo
la visita della Cattedrale ci siamo recati al
Museo. Ed eccoci finalmente a Taranto. Peccato
che siamo giunti di sera. Ma non possiamo dire
di non aver visto nulla. Dopo la visita a S. Ecc.
Mons. Bernardi che ci ha offerto qualcosa per
rimettere un po’ a posto lo stomaco, abbiamo
visitato qualche parte della città e il
palazzo del governo, illuminato dai potenti riflettori
delle navi. Ma ormai si è fatto tardi.
L’ultima meta è stata raggiunta.
La nostra Ostuni ci attende e verso le ore 22.30
la raggiungiamo”.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale (1940)
il seminario di Brindisi è chiuso e le
sue attività trasferite in Ostuni ove è
rettore mons. Orazio Semeraro. Si annota nella
cronaca: “Dopo la dichiarazione di guerra
dell’Italia alla Grecia Brindisi è
continuamente esposta al pericolo d’un bombardamento.
La vita del seminario non si potrebbe perciò
svolgere secondo il ritmo normale”. Da qui
l’esigenza di spostarlo in Ostuni.
Il Natale è sempre atteso con grande fervore.
Il 14 dicembre 1944 si annota: “Una sala
di ricreazione sembra un lembo di sponda, piena
di relitti d’un naufragio: dovunque banchi,
tavole, travi piccole e grandi, pezzi di legno
nuovi, o marci, ed anco ammuffiti dall’umido,
corrosi dal tarlo e dalla vecchiaia, tralci di
vite. Qualche falò? O scarto per la cucina?
No! Iniziano i lavori d’un grande presepe,
mentre i più piccoli dei seminaristi d’in
fondo alla sala guardano al lavoro, pensando che
un gruppo di matti capitanati da don Metrangolo
stia a divertirsi nel costruire una informe montagna
con legname d’ogni specie”. Il 25
dicembre il lavoro è concluso: “Alle
ore 21 – col ritardo di circa 24 ore Gesù
Bambino sorride ai superiori ed ai seminaristi
di questo seminario. Presepe, a dire il vero troppo
grande, ma costato più che quattrini (siamo
in guerra anche nel costruir presepi!) lavoro
di pazienza e difficoltà. Gli artisti,
contenti di aver posto fine alle loro assillanti
fatiche, sorridono a quanti li complimentano per
l’artistico lavoro. Gesù
– si dice loro- non si dispiacerà
d’esser venuto quest’anno un giorno
dopo, gli avete fatta trovare una bella dimora.
A Gesù Bambino, cantano questi ragazzi
il loro inno a Cristo re, come per offrire a Lui
il grande olocausto di far tacere nel suo la voce
del loro cuore, che batte più forte pei
cari lontani”.
Nel 1950 l’arcivescovo Francesco De Filippis
(1942-53) delibera la riapertura del seminario
di Brindisi e la chiusura di quello di Ostuni;
nel volgere di pochi anni l’istituzione
si proporrà fra le più valide dell’Italia
meridionale tanto da meritare, il 1962, un encomio
da parte della Santa Sede. Nel 1975 il seminario,
per volontà di mons. Orazio Semeraro, Amministratore
Apostolico sede plena delle diocesi di
Brindisi e Ostuni dal 1968 al 1975, fatta propria
dall’arcivescovo mons. Settimio Todisco
(1975-2000), si trasferisce in Ostuni presso l’istituto
Madonna Pellegrina. Da allora il settecentesco
palazzo del Seminario ospita le principali funzioni
direttive dell’arcidiocesi. Nel 2007 per
volontà dell’arcivescovo mons. Rocco
Talucci il seminario si trasferisce nella nuova
sede in Brindisi, inaugurata il 18 novembre dal
cardinal Tarcisio Bertone, assumendo il titolo
di Seminario Arcivescovile Benedetto XVI.
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Foto di Anna Protopapa |
Foto di Giovanni Membola |
Il Seminario di Ostuni
si iniziò a costruire il 1700 per volere
del vescovo Benedetto Milazzi (1679-1706); lo
ricorda l’epigrafe che è sulla facciata
prospettante largo Trinchera:
VENITE FILJ AUDITE ME TIMO
REM DOMINI DOCEBO VOS
AD IMBUENDUM DOCT[R]INA ET BO
NIS MORIBUS IUVENTUTEM BE
NEDICTUS MILATIUS EP[ISCOP]US OSTU
NEN[SIS] MUNERI SUO INCUMBENS
PROPRIO AERE SEMINARIUM FAC[IENDUM] CUR[AVIT]
1700
Il vescovo ricorda che, a sue
spese, l’anno 1700, aveva iniziato i lavori
relativi al fabbricato destinato a seminario in
cui i giovani sarebbero stati educati nel timore
di Dio.
Il completamento si sarebbe avuto col successore
Bisanzio Antonio Filo (1707-1720); ricorda un’epigrafe
in sito, sulla facciata est
HIC DIVA PALLAS HABET NON SEPTEM
FULTA COLUMNIS
TECHA UNO REGITUR MACHINE TOTA PHILO
Il presule sottolinea come,
la fabbrica del seminario si sarebbe fondata più
sul suo personale sforzo economico che sugli evocati
sette pilastri della saggezza: “La Sapienza
si è fabbricata una casa, /ha tagliato
sette colonne” (Proverbi, 9,1).
Danneggiato dal sisma del 1743, l’edificio
sarebbe stato ricostruito a iniziativa del vescovo
Francesco Antonio Scoppa (1747-1782) tra il 1747
e il 1748 su progetto del maestro Salvatore Trinchera.
L’edificio, articolato su tre livelli, è
stato in gran parte demolito negli anni ’50
conservando solo sugli esterni il suo originario
aspetto. Di settecentesco sono rimasti alcuni
locali al piano terra e i portali dalle linee
rococò sormontati da stemmi nobiliari.
Una sintesi delle vicende costruttive del seminario
ostunese è offerta dall’epigrafe
ammurata sulla facciata principale del Seminario:
DOMUM HANC DIVO ORONTIO
SACRAM
QUA(m) AD EXCOLENDAM ECCLE
SIASTICA DISCIPLINA IUVENTUTEM
BENEDICTUS MILATIUS EP(iscop)US MORTE
OCCUPATUS INFORMATAM RELIQUIT
ET BIZANTIUS ANTONIUS PHILO SUCCESSOR EIUS
MERITISSIMUS AMPLIAVIT, ET AEDIFICIIS AUXIT,
TANDEM /
PROPE RUINAM A TERRAE MOTIBUS LABEFACTATAM
IL(Iustrissi)MUS D(ominus) FRANCISCUS ANTONIUS
SCOPPA EPISCOPUS
AD PUBLICAM UTILITATEM FUNDITUS DEIECIT
ET AFFABRE NITIDIORE OPERE EXPOLITAM
PRIMO SUI PRAESULATUS ANNO
EREXIT PERFECIT EXORNAVIT
IURE IGITUR
LAPIDEM HUNC OBLIVIONIS VINDICEM, GRATI
ANIMI I TESTEM MONUME(n)TUM AMORIS
TANTO EPISCOPO D(oml)NO SUO RECTI IUSTIQUE
ASSERTORI, PIETATE IN PAUPERES,
BENIGNITATE IN OMNES, CLARISSIMO
SUUM, OMNIBUS COM(m)UNE FACIEN[do]
CAN(oni)CUS ZACHARIA CESI AB
ANNO 1708 AD HUNC FLU
ENTE(m) 1748 RECTOR POSUIT
Si ricorda che l’edificio si iniziò
a costruire per volontà del vescovo Benedetto
Milazzi, che fu ultimato dal suo successore, Bisanzio
Filo e che, danneggiato dal sisma del 20 febbraio
1743, il vescovo Francesco Antonio Scoppa ne volle
la ricostruzione che, iniziata il 1747, un anno
dopo era già compiuta. A dettare il testo
dell’epigrafe è il canonico Zaccaria
Cesi, rettore del Seminario dal 1708 e ancora
in carica nel 1748.
Un ponte in pietra, sostitutivo di quello precedente
in legno, realizzato il 1750, mette in diretta
comunicazione episcopio e seminario. L’intrapresa
è ricordata da una memoria epigrafica in
sito ancora dettata dal rettore Zaccaria Cesi:
PONS ERAT E LIGNO
CONSTRUXIT MARMORE
SCOPPA
MUNIAT UT TIMIDIS
PER LOCA TUTA VIAM
CESI RECTOR FECIT
Il nuovo seminario,
inaugurato il 18 novembre 2007 da Sua Eminenza
il cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato
di Sua Santità Benedetto XVI, sorge nel
quartiere di Santa Chiara in un'area centrale
rispetto all'attuale configurazione urbanistica
della città; il progetto, dell'ing. Pasquale
Fischetto e dell'arch. Gian Luigi Consales, recupera
elementi della tradizione costruttiva di Terra
d'Otranto innervandoli delle più moderne
e attuali tecnologie. Si tratta di un edificio,
articolato su quattro piani fuori terra, comprendente
un'ampia chiesa che sarà anche a vantaggio
del quartiere, pensato a vantaggio di un itinerario
formativo che si definisce "come la continuazione
della comunità apostolica stretta attorno
a Gesù, in ascolto della sua parola, in
cammino verso l'esperienza della Pasqua, in attesa
della missione" (CEI: Seminari e vocazioni
sacerdotali, n.69). Si direbbe esso rispecchi
le parole di Giovanni Paolo II: "Il Seminario
deve tendere a diventare una comunità compaginata
da una profonda amicizia e carità, così
da poter essere considerata una vera famiglia
che vive nella gioia" (Giovanni Paolo II:
Pastores dabo vobis, n.60). Per l'arcidiocesi
si tratta di un'intrapresa che segue, a circa
tre secoli di distanza, quella del 1720; l'auspicio
è che come la prima, sorta in un momento
di crisi, segnò per la città l'inizio
della ripresa culturale, civile ed economica così,
analogamente, avvenga per la seconda.
Testo di Giacomo
Carito
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