La
chiesa di Santa Maria delle Grazie, a quattro
chilometri circa da Mesagne, sull’attuale
strada provinciale per San Pietro Vernotico, è
nella contrada rurale che da essa prende nome.
“In aperta campagna,
fra giardini ed oliveti, oltre quattro miglia
dall’abitato, sulla via che da dietro all’ex
convento dei cappuccini conduce alla contrada
la Piantata, Quercia, Baronessa, e poi anche Quarano,
Ficcanterra, vi è una grande chiesa rurale,
dedicata alla Madonna della Grazia. Non si hanno
notizie della sua origine. Pare che anticamente
era uno dei tanti delubri che si ergevano in onore
della Vergine SS.ma nelle campagne dai nostri
contadini, per loro protezione e difesa. Col tempo,
quel delubro sarà diventato una cappella
e poi ancora una chiesa, abbastanza grande, come
si vede attualmente. Forse fu dovuta ingrandire
dato l’aumento degli abitanti di quelle
contrade, dove vi dimoravano anche d’inverno.
Da un antico catasto pare vi sia stato anche un
beneficio di uno dei Canonici della Collegiata.
Come dicono ancora certi vecchi, che la domenica
si diceva la S. Messa e la chiesa si gremiva di
gente e pagavano un soldo per il sacerdote; l’ultimo
che godeva di detto beneficio è stato il
rev. can.co don Nicola Roma. Come tutti gli altri
benefici fu soppresso dal Governo Italiano nel
1860.
Di notevole non vi è nulla; di stile bizantino,
come si vede dall’interno, ha subito tre
ingrandimenti; all’unico altare, vi è
un bel medaglione della Madonna su tela, pare
essere copia di qualche celebre autore; è
la Madonna che regge sulle ginocchia il Bambino
Gesù, che scherza con S. Giovannino. Il
martedì dopo Pasqua, molti dei cittadini
si recano in detta contrada e fanno la loro scampagnata
col mangiare in aperta campagna o sotto gli alberi,
divertendosi allegramente; si dice: la Pasquarella.
Vi si celebra anche la Messa; tuttora molti nutrono
devozione verso la Madonna sotto tale titolo.
Ora la Chiesa con l’attiguo giardino a vigneto,
è posseduta dal dott. Francesco Semeraro
fu Domenico. Il sac. don Antonio Epicoco per molti
anni nel periodo della sua villeggiatura a Ficcanterra,
distante 1 km, vi ha celebrato quotidianamente
la S. Messa”. (ANTONIO EPICOCO, Raccolta
di Memorie Patrie, dattiloscritto del 31
dicembre 1956, in www.radicionline.com).
L’antica chiesetta, eretta su preesistenze
medievali, si costruì sul finire del XV
secolo a iniziativa di Angelo Pilato, forse il
1486, allorché è fondato il beneficio
con lo stesso titolo. Giusto tale riferimento,
allora e più tardi nella metà del
XVIII secolo vengono prolungati e alzati i muri
perimetrali fino a inglobare la precedente cappella,
l’altare viene ruotato e le due colonne
originarie lasciate quasi a rendere testimonianza
dell’antichità del luogo. A lungo
la chiesa fu officiata da sacerdoti della famiglia
Pilato; Antonio, il 1606, dichiarava di possedere
il beneficio sotto il titolo di Santa Maria della
Grazia “iuris patronatus Matthei, Christaldi,
Angeli et Gabrielis Pilati pro ut ex bulla institutionis
a quondam Bernardino Figueroa dat. Brundusij quarto
martij 1573”. La chiesa aveva allora
tre altari; il 1624 se appariva in ordine l’altar
maggiore, mediocremente ornati erano giudicati
gli altri due. Nel 1722 Santa Maria delle Grazie
è beneficiale di don Oronzo Mavaro; “in
eadem ecclesia tria adsunt altaria, quorum primum
est cum immagine eiusdem Beatissimae virginia
depicta in muro et est septo ligneo, alia vero
duo altaria sunt totaliter suspensa”.
Pare possibile che sia essa originariamente sorta
a servizio di strutture militari bizantine. Il
titolo è comprensibile fra quelli per i
quali tradizionalmente la chiesa cattolica venera
Maria, madre di Gesù. Scrive Cataldo Antonio
Mannarino (+1621) sul declinare del XVI secolo:
“Il tempio della
Madonna della Grazia famosissimo, e miracoloso
ne’ convicini paesi, e frequentato dalle
continue devozioni di questa patria, sta discosto
duo miglia da Misagne verso levante, con nuovo
e ricco fabbrico, con continue visite; e tanti
sacrifici, che si celebrano; fondato da Angelo
Pilato, dal quale, come Impatronato di detti Pilati,
discese ad Abb: Gasparro Pilato; da questi al
Cantore De Russis di Misagne, per difetto di successione
né Pilati, e da questo al presente D. Antonio
Pilato, il quale va ampliandolo di entrata, e
di devozioni giorno per giorno con grande sollecita
devozione” (CATALDO ANTONIO MANNARINO, “Del
sito di Misagne”, ms. conservato presso
la Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele”
di Napoli, collocazione XIV.G.18, c. 60v in www.radicionline.com).
Nel 1731, eseguendosi l’apprezzo
del feudo di Mesagne si rileva:
“Della Vergine delle
Grazie. Per la distanza di due miglia sta edificata
altra Chiesa sotto il titolo della B(patissi)ma
Vergine delle Grazie, consistente in un vano di
mediocre grandezza coverto a lamia con altare
in testa di cui sta conetta di fabrica coll’Immagine
della B(patissi)ma Vergine dipinta a fresco, vedonsi
a man destra due altre Cappelle, nelle quali non
vi si celebra. Nella quale Chiesa vi è
il Beneficio, si possiede dal Clerico D. Antonio
dell’Ortaglie, che rende annui docati 25
provenientino da decime, e censi, con peso della
messa ogni festa (L’apprezzo del feudo
di Mesagne eseguito da Pietro Vinaccia nel 1731
con l’aggiunta di documenti inediti,
a cura di A. SCONOSCIUTO, D. URGESI, M. VINCI,
Fasano: Schena editore, 2001, p. 37).
Il beneficiato si chiamava in
realtà Antonio delle Grottaglie. Nel 1749
dichiara:
”Il beneficio di
famiglia Pilato colla chiesa di Santa Maria della
Grazia, sita due miglia distanti da Mesagne, col
peso di far celebrare nella medesima messe numero
sette l’anno in detta chiesa nelli giorni
delle sette festività di Maria Vergine
e peso di cere, feste ed utensili sacri nella
medesima, e da fertile ed infertile, l’anno
percepisce dalli frutti d’annuo canone,
proprietà e decime ducati venti incirca
l’anno, oltre che paga di spoglio l’anno
carlini sei e carlini tre per l’anno per
la visita, per la quale ogni due anni paga carlini
sei di visita, ed il coltivo d’alberi settanta
in circa, e nel terremoto cadde la detta chiesa
e per rifarla vi vogliono da circa docati cento”
(L. GRECO, Storia di Mesagne in età
barocca, III, Fasano: Schena editore, 2002,
pp. 307-8).
Probabile che tali lavori fossero
già compiuti il 1752 allorché la
chiesa appare con la stessa impostazione attuale,
con orientamento della facciata a nord. Il sacerdote
incaricato della sua cura non fa riferimento a
lavori che ne abbiano stravolto l’impostazione
quattrocentesca. Probabile che la ricostruzione
sia avvenuta riprendendo nell’essenziale
il fabbrico precedente:
La chiesa di S. Maria della
Grazia iurepatronatus della famiglia de Pilati
di Mesagne sita nel Distretto di Mesagne tra levante
e scirocco distante di miglia due e proprio su
la publica strada che da Mesagne va alla città
di Lecce, chiesa antichissima fatta a volta e
buona parte da sopra coperta, seu lastricata da
pietre lunghe e larghe più palmi.
La sudetta chiesa fu dotata da Angelo Pilato di
Mesagne nell'anno 1486 e nell'anno 1489, come
appare dall'antiche bolle d'istituzione; appresso
detta chiesa ed attaccata all'istessa vi è
una piccola sacristia, dove in una cassa si conservano
l'utensili sacri di detta chiesa, cioè
un calice col suo piede d'ottone, patena d'argento,
una corona d'argento che si mette all'immagine
di Maria Vergine nel giorno che si fa la sua festa
ogn'anno nella festa seconda di Pascha di Resurrezione.
Vi è la sua campana di circa rotola settanta
che sta nel campanile in cima di detta chiesa,
vi sono il camise col suo annitto, cingolo, una
casupola, stola e manipolo di più colori,
ed un'altra casupola con stola e manipolo di color
bianco, l'effigie di Maria Vergine col Bambino
è pittata sul muro, chiamata pittura in
fresco, ara sacra coverta con tela incerata, carta
di gloria col crocefisso di rilievo in cima, un
principio e lavabo, vi sono tovaglie d'altare
numero tre guarniti con pizzillo, candelieri numero
dodici inargentati, craste di legno numero sei
colli di loro fiori, due cuscini, il panno dell'altare
è di legno con pittura, missale, corporale,
borsa, palle e purificatori, ampolline e campanello,
detta chiesa ha la sua porta maggiore nella parte
di tramontana, e dalla parte di levante un'altra
piccola porta, circumcirca a detta chiesa vi è
un giardinetto con cisterna che serve per uso
del sacrestano.
Io clerico Antonio delle Grottaglie beneficiato
di detta chiesa asserisco come sopra (GRECO, pp.
324-5).
È nel ricordo di molti
anziani la memoria dell’utilizzo degli ambienti
della chiesa a vantaggio di braccianti e viandanti
per i quali rimaneva aperta anche la notte consentendo
opportuna sosta e raccoglimento spirituale.
Nel 2000 sono stati rinvenuti frammenti di affreschi
di notevole interesse; se ne può ricavare
che la facciata dell’antica chiesetta, orientata
a mezzogiorno, era a capanna. Tali affreschi dovrebbero
risalire ad un periodo compreso fra il XIII secolo
e il XIV, sia per la tipologia dell’immagine
e delle cornici, che per i colori usati, caratteristici
delle botteghe salentine che sino al XVI secolo
operarono all’interno di un’estetica
chiaramente neoplatonica.
Nel suo aspetto attuale la chiesa, a una navata,
disposta lungo l’asse nord-sud, ha pianta
basilicale. La semplice facciata, a capanna, è
scandita da un portale sormontato dalla lunetta
in cui è un dipinto a soggetto mariano
realizzato da Raffaele Murra il 1993. L’interno
è scandito da tentativi di dinamicità
architettonica rappresentati dalle due alcove
per lato, sulla prima delle quali, sulla destra
sono frammenti di settecenteschi dipinti parietali
e un altare di recente fattura. Sul retro, alle
spalle dell’altare, sono gli ambienti della
chiesa primitiva con orientazione opposta rispetto
all’attuale.
La statua di Santa Maria delle Grazie,
in cartapesta, del XIX secolo, opera di Ferdinando
Cellino (1853-1916), rappresenta la Vergine che,
seduta su di un trono di nuvole, regge col braccio
destro Gesù. Con la mano sinistra stringe
un giglio. La statua ripete schemi costruttivi
propri del diciottesimo secolo.
Noto è l’uso del pellegrinaggio del
martedì dopo Pasqua verso questa chiesa;
in questo giorno, in tutto l'Oriente Cristiano
viene festeggiata la Vergine, quale personaggio
più vicino alla passione e alla Resurrezione
di Cristo. Tale festa si svolge in Mesagne alla
Madonna delle Grazie, nell'antichissima forma
di pellegrinaggio festoso di origine bizantina,
comune anche a tanti altri santuari salentini.
Basterà qui far riferimento per il mezzogiorno
d’Italia a Spezzano Albanese, forse il più
notevole centro arbëresh d'Italia,
posto sulla bassa valle del Crati. Pare che il
primo nucleo di albanesi si sia fermato intorno
alla chiesa di Santa Maria delle Grazie verso
il 1560, insediandosi in un casale con lo stesso
titolo. In seguito la cittadina assunse il nome
di Spetianum. Persistenza del rito greco,
abolito il 1668 è qui la celebrazione,
il martedì dopo Pasqua, della festa patronale
della Madonna delle Grazie.
È una seconda pasquetta per i mesagnesi,
che assieme a parenti e amici si trovano a condividere
pietanze pugliesi con i compaesani che accorrono
sul posto. In questo giorno non si può
fare a meno di notare l’ingorgo di auto
e lo stuolo di bancarelle in palese contrasto
col passato quando il pellegrinaggio in questo
giorno particolare per i mesagnesi era svolto
nel silenzio e a piedi, a testimoniare il grande
culto e la devozione verso la Madre di tutte le
mamme.
La Madonna della Grazia è segno d’interculturalità
ed ecumenismo; in essa è la determinazione
di un popolo che ha voluto mantenere viva l’attenzione
per laVergine in sé comprendente il mistero
del miracolo e del silenzio.
Testo
di Alessandra Caforio
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