Appena girato l'angolo a sinistra,
in via Alfonso Giovine, già via Falgheri,
è la settecentesca chiesa di San Nicola
da Tolentino o del Purgatorio, sede
della confraternita omonima che ne promosse la
costruzione tra il 1722 e il 1725 sul suolo donato
da Francesco Antonio Ayroldi. A tale confraternita,
celebre per la processione dei Misteri
nella notte del Venerdì Santo, appartenevano
un tempo i nobili di Ostuni. In passato l’ingresso
si trovava dalla parte opposta rispetto a quello
attuale; si accedeva da una scalea che si sviluppava
nella retrostante piazza del Moro, oggi piazza
Sansone. Nel 1895 per l'allargamento della strada
si determinava un'inversione di orientamento della
chiesa con l'apertura del portale al posto dell'altare
maggiore ricostruito sull'accesso precedente.
L’attuale portale decorato in pietra, incastonato
nella facciata conclusa da un timpano, fu realizzato
il 1921.
La struttura architettonica, scandita su due campate
con volte a stella con pitture parietali realizzate
da Luigi Oronzo Pappadà (1849-1949), è
costituita da una navata unica con abside rettangolare
e due altari per ogni lato, delimitati da lesene
scanalate e capitelli ionici. Le decorazioni a
stucco si realizzano nel 1863 su incarico del
rettore canonico don Giuseppe Lofino e su disegno
dell'architetto Gaetano Jurleo. La chiesa, in
cui è una statuetta lignea della Madonna
del Carmine, conserva una pregevole tela
riproducente Santa Rosalia tuttora collocata
sull'altare originario, in pietra e stucco, di
patronato della famiglia Solari. Nella fascia
inferiore del dipinto è lo stemma della
famiglia, il nome del committente: Vito Antonio
Solari, e l'anno di esecuzione precisato al 1762,
L'opera, da attribuire a bottega salentina, "risente
nella tavolozza rischiarata e nell'ingentilimento
della figura della santa, rappresentata come un'elegante
giovinetta piuttosto che come un'asceta, della
riduzione in chiave delicata e mondana dei temi
religiosi operata dall'arte rococò".
Sull’altar maggiore, realizzato il 1772
da Gian Donato Maldarella, è la settecentesca
tela con rappresentazione della Madonna con
San Nicola da Tolentino e le anime del Purgatorio;
coeva è l’altra tela con rappresentazione
dell’Immacolata tra i santi Francesco
di Paola e Filippo Neri, con cornice lignea
originale, donata dal magnifico Giovanni Tagliente.
Sulla controfacciata è l’organo in
legno. La copertura della chiesa è costituita
da due volte a crociera poste al di sopra di un
cornicione che accoglie le pitture di Luigi Oronzo
Pappadà (1849-1949), artista ostunese,
abitante in questa stessa via; sono dei primi
decenni del secolo ma già l'umidità
le ha gravemente danneggiate. Lo stesso artista
disegnò il Mistero del Cristo Morto,
ispirandosi al Cristo della Pietà
di Michelangelo in San Pietro. Modellato dai cartapestai
leccesi Andrea De Pascalis (1862-1895) e Giuseppe
Manzo (1849-1942), fu commissionato dal priore
della confraternita delle” Anime Sante del
Purgatorio” don Giuseppe Trinchera nel 1888
e consegnato nel 1889. Il corpo del Signore qui
si è come snodato distendendosi sul piano
orizzontale del giaciglio che occupa per tutta
la sua lunghezza: solo che lo snodamento ha conservato
alcune particolarità e flessioni di "quella"
statua: nelle ginocchia e in primo luogo nel collo
e nel viso, che riproduce l'atteggiamento, quello
sconvolgente cascare nell'abbandono tragico e
inerme della morte. La variazione del capolavoro
michelangiolesco è lontana, naturalmente,
dalla bellezza formale del modello da cui deriva;
ha tuttavia una sua compiutezza di linguaggio,
una suggestiva e forte attrazione devozionale.
Luigi Pappadà, autore nella chiesa delle
immagini su vetro, curò il disegno del
prezioso piedistallo del Cristo Morto. È
conservato, assieme a una popolare statua dell'Addolorata,
una macenula con mani e testa in cartapesta e
vestito nero arricchito da ricami dorati, nella
seconda cappella a destra. Questi due simulacri
chiudono tuttora, alla sera del Venerdì
Santo, la processione dei Misteri, cui a livello
cittadino, partecipano le altre confraternite,
ciascuna con una sua statua. Sino agli anni quaranta,
alla sera del Venerdì Santo la processione
era esclusiva della confraternita del Purgatorio
e si svolgeva con modalità diverse: le
statue di Cristo Morto e dell'Addolorata,
erano accompagnate da una teoria di immagini riproducenti
scene della Passione, dipinte su vetro e illuminate,
dall'interno del supporto che le reggeva, da candele.
Di esse rimangono, collocate sullo sfondo della
cappella del Cristo Morto, solo le tre croci del
Calvario che aprivano la detta processione; lungo
i bracci della croce centrale, si notano i simboli
della Passione che filtrando il bagliore delle
candele accendevano nella notte un’intensa
atmosfera di misticismo. Era la nota iniziale
che le scene dipinte proseguivano, con le loro
chiazze di sangue e di luce, sino al volto di
Cristo disteso nella morte. Spiccava, a chiusura
del corteo, il simulacro eretto dell'Addolorata,
quasi a dire, plasticamente, che, al chiudersi
del giorno, quando il tumulto e la violenza della
Passione erano passati, il tutto non era più
che, in Maria, ricordo e rimpianto, lacerazione
e spada dell'anima, dinnanzi al Figlio, muto ed
esanime.-"Tu sola, Maria, rimani lassù"
-. Così il canto del coro, ancora vivo
tra il popolo, commentava e partecipava.
Pappadà - Manzo - De Pascalis. Cristo Morto
Foto di Erika Andriola
Bibliografia:
F. SOZZI, La chiesa del Purgatorio, in Itinerari
di Terra d'Otranto, Ostuni 1, Lecce: ed. del Grifo,
1990, pp. 70-1.
V. PUGLIESE, Pittore pugliese del sec. XVIII.
Santa Rosalia, in Restauri in Puglia. 1971-1981,
Fasano di Puglia 1983, p.176.
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