La chiesa gentilizia di San
Giuseppe è stata fondata nel 1730 per volere
di don Tommaso Ayroldi e, come si legge in un
documento dell’Archivio capitolare, curiale,
diocesano e vescovile di Ostuni, “onorata
da monsignor Brancaccio che volle in quella cappella
amministrare il sacramento della confirmazione”
(ACCO, Fondo Sante Visite, Visita Pastorale di
monsignor Luigi Maria Aguilar, Cart.XII, fasc.
III, anno 1876, f 31r.).
Secondo Luigi Roma, la chiesa venne costruita
in località Santa Sofia per sostituire
una precedente cappella medievale dedicata a quella
santa. Era ubicata nel quartiere detto “lu
cienze”, così chiamato per la
presenza di un albero di gelso moro; il rione
sorse nel XIV secolo oltre la Porta del Ponte
(T. NOBILE, Dizionario del dialetto ostunese,
a cura di I. NOBILE e A. MINNA, Galatina: Congedo
ed., 1999).
Dall’Archivio Storico Comunale Preunitario
di Ostuni si può dedurre che la chiesa
era ad aula unica, coperta da una “volta
a lunetta” e possedeva un “coretto”
(ASCO, Fondo Preunitario, busta 16, fasc. 170).
Nel 1833 fu abbattuta per far posto alla via consolare
o ferdinandea che, attraversando l’abitato,
doveva servire a collegare Napoli a Lecce. Il
suo tracciato cambiò notevolmente l’aspetto
di piazza Sant’Oronzo e delle sue immediate
vicinanze; i lavori comportarono l’abbattimento
di numerose costruzioni private e pubbliche tra
cui nel 1840 l’antica torre dell’orologio
(L. GRECO, Porta del Ponte e l'antica Torre
dell'Orologio, in www.ostuni.tv).
L’originaria chiesa di San Giuseppe sorgeva
all’imbocco dell’attuale corso Vittorio
Emanuele II, detto comunemente via Lecce, “con
la facciata rivolta verso il ponte levatoio della
Porta e con l’abside orientata ad est”
(E. AURISICCHIO, in “Lo Scudo”, Marzo
2007).
Dal documento comunale, precedentemente citato,
risulta che la famiglia Ayroldi fu risarcita con
la somma di ducati 215.40, “restando il
materiale a beneficio del proprietario”
(ASCO, Fondo Preunitario, busta 16, fasc. 170).
Pochi anni dopo l’abbattimento la “famiglia
Ayroldi sempre tenera al santo patriarca Giuseppe
aspettava tempi più prosperi per far risorgere
la sua chiesa in più bella, ed elegante
forma” ( ACCO, Fondo Sante Visite, Visita
Pastorale di monsignor Luigi Maria Aguilar, Cart.XII,
fasc. III, anno 1876, f 31r.); l’intendimento
è palese già negli anni quaranta
dell’ottocento per esser proprio dei fratelli
don Stefano e Tommasino Ayroldi eredi del fu don
Giuseppe Ayroldi e donna Giuseppina Paradiso.
In attesa della ricostruzione si ottenne “dal
vicario capitolare arcidiacono don Tamborrino
di usare l’antica sacrestia, rimasta incolume,
per la celebrazione della messa” ( ACCO,
Fondo Sante Visite, Visita Pastorale di monsignor
Luigi Maria Aguilar, Cart.XII, fasc. III, anno
1876, f 31r). Finalmente il 23 gennaio 1870, nel
“dì sacro allo sposalizio di Maria
Vergine con san Giuseppe”, la chiesa “fu
benedetta per delegazione ricevuta dall’arcivescovo
don Raffaele Ferrigno dal fu canonico tesoriere
don Stefano Iurleo” (ACCO, Fondo Sante Visite,
Visita Pastorale di Monsignor Salvatore Palmieri,
Cart. XII, fasc. VI, anno 1894, f. 27r.); tale
evento viene ricordato in un'iscrizione murata
all’interno della cappella.
L’intitolazione della nuova chiesa rimase
fedele al titolo di “Transito del patriarca
san Giuseppe”, scelto nel 1730 dal fondatore;
fa essa riferimento a un aspetto del culto del
santo festeggiato l’undici agosto.
La famiglia Ayroldi conservò il privilegio,
già concesso nel XVIII secolo, di poter
partecipare alla messa assistendovi da una “tribuna”
o ”orchestra” che, già esistente
nell’antica chiesa, metteva in comunicazione
il palazzo di famiglia con la cappella.
La chiesa conserva, ad oggi piena leggibilità
delle originarie linee architettoniche tardo ottocentesche.
La facciata, sobria ed elegante, è decorata
da un portale lunettato sormontato da una finestra
circolare. Essa termina con un timpano classicheggiante
alleggerito da un’apertura di forma ovale
al cui interno si intravede una statuetta in pietra;
domina su tutto una Croce poggiante su un globo.
Un ulteriore elemento decorativo della facciata
è rappresentato dallo stemma degli Ayroldi
in cui sono raffigurate tre stelle e un leone
rampante fasciato. Secondo Sozzi tale effige indica
che “un membro del casato, distintosi in
atti cavallereschi, fu dal Re insignito del cingolo
militare”.
L’interno è costituito da un unico
ambiente a pianta quadrangolare sormontato da
una cupola divisa in otto vele terminanti con
altrettante finestre di cui cinque finte. I quattro
pennacchi della cupola sono decorati da medaglioni
raffiguranti scene della vita di san Giuseppe:
Sogno di Giuseppe, Sposalizio della
Vergine, Natività e Transito
di san Giuseppe.
Gli altari sono tre: il maggiore, di gusto settecentesco,
è addossato alla parete e sormontato da
una nicchia nella quale si conserva la statua
in cartapesta del santo titolare con il Bambino
Gesù. Al di sotto della mensa è
custodita, in una nicchia raffigurante sullo sfondo
il Golgota con le tre croci, la statua del Cristo
Morto.
L’altare sul lato sinistro, inizialmente
dedicato a Sant’Anna (ACCO, Fondo
Sante Visite, Visita Pastorale di monsignor Tommaso
Valeri, Cart. XV, fasc. I, anno 1911), è
oggi decorato da una stampa raffigurante la Madonna
del Rosario; il paliotto della mensa raffigura
i simboli della passione. L’altare sul lato
destro è dedicato al Cuore di Maria; questo
soggetto ricorre sia nell’oleografia posta
al disopra del tabernacolo che nella decorazione
a rilievo del paliotto.
Sulla parete a sinistra dell’ingresso è
apposta una targa epigrafica che rievoca la benedizione
concessa l’undici agosto 1792 dal vescovo
Giovanni Battista Brancaccio al nobile Stefano
Ayroldi per la sua miracolosa guarigione. Nella
visita pastorale del vescovo Tommaso Valeri (1910-42)
del 1911 (ACCO, Fondo Sante Visite, Visita Pastorale
di monsignor Tommaso Valeri, Cart. XV, fasc. I,
anno 1911) si legge che la chiesa in quel tempo
aveva:
- N° 2 statue di San Giuseppe;
- N° 1 del Cuore di Maria;
- N° 1 dell’Addolorata;
- N° 1 del Cristo Morto;
- N° 1 del Cristo Risorto;
- N° 1 di Sant’Antonio di Padova;
- N° 1 di San Vincenzo Ferreri;
- “una piccola statua del Protettore
Sant’Oronzo”.
- N° 1 quadro della Sacra Famiglia;
- N° 1 di Santa Lucia;
- N° 1 di San Rocco.
Non mancavano le stazioni della Via Crucis
“installata e benedetta dai religiosi francescani
che occupavano il convento dell’Annunziata”.
Dalla stessa visita si evince che nel campanile
ben conservato risuonava ancora l’antica
campana “fusa nel 1700 da un QUIDAM
OPUS. MARTINI”.
Nel 1922 la chiesa fu restaurata e arricchita
dagli interventi dell’ostunese Mosè
Greco per volontà del “padrone e
cappellano canonico Agostino Ayroldi” (“Lo
Scudo”, Dicembre 1922).
La stampa locale, nell’annunciare l’inaugurazione
della chiesa al termine di tali lavori, elogiava
in particolare “la perfetta imitazione dei
marmi, l’armonia dei colori, il fine gusto
nell’ornamento e nella distribuzione dei
fili d’oro” (“Lo Scudo”,
Dicembre 1922).
Il pregio di questa chiesa, donata dal sacerdote
Tommaso Ayroldi, congiunto di Agostino, al Capitolo
Cattedrale, sta nel mantenere viva la devozione
a san Giuseppe attestata in Ostuni sin dal 1606
quando secondo il Pepe viene istituita in suo
onore la fiera del 19 marzo. L’amore degli
ostunesi verso questo Santo, infatti, trova piena
corrispondenza nella generosità con cui
gli eredi della famiglia Ayroldi continuano ancora
oggi a rendere accessibile il luogo di culto.
Testi e ricerche
a cura di Maria Concetta Velardi (’70) e
della dott.ssa Maria Concetta Velardi (’74)
Nota: Lo studio
relativo alla chiesa di San Giuseppe in Ostuni,
a cura della dott.ssa Maria Concetta Velardi (1974)
e di Maria Concetta Velardi (1970) è stato
elaborato durante il corso di formazione tecnica
superiore in “Gestione e Catalogazione dei
Beni Culturali Ecclesiastici – conoscere
per valorizzare”, organizzato e promosso
dall’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi
in collaborazione con il Progetto Policoro e l’associazione
“Amici della Biblioteca A. De Leo”.
Lo studio è stato elaborato per il progetto
“Tre chiese da valorizzare” nell’ambito
dell’area tematica “Progetti di valorizzazione”
coordinata dalla dott.ssa Antonella Golia.
Non è consentito l'utilizzo
non autorizzato delle immagini e dei testi |