Ai margini
di un remoto itinerario messapico, sorge la chiesa
in grotta di Santa Maria, più
nota oggi con la tarda denominazione Favana,
nei pressi dell’attuale cimitero di Veglie,
di fronte al convento dei Francescani Conventuali,
fondato il 1579, con annessa chiesa nota per i
suoi notevoli affreschi. La cripta della Favana
o della Furana, come la definì
Cosimo De Giorgi, oggetto di studio fin dall’Ottocento
e meta di credenti, ricercatori e curiosi, può
considerarsi "notevole testimonianza di architettura
rupestre legata alla cultura religiosa e alle
forme liturgiche dell'area grecanica della Puglia".
Sul periodo di costruzione e sulla derivazione
del nome sono state fatte molte congetture; certamente
la chiesa in grotta doveva essere funzionale a
un insediamento rurale articolato sullo schema
del casale e utilizzato, nel tempo sia da greci
che da latini. Riguardo alla derivazione del nome,
alcuni ritengono che l’appellativo Favana
derivi da una delle immagini dipinte nel sotterraneo,
in particolare quella raffigurante la Madonna
che allatta il suo Bambino. Da qui il nome
Favana che sta, nel volgare salentino,
per “Residuo di latte cagliato”; potrebbe
anche riferirsi ad altra immagine a mezzo busto
di una Madonna con Bambino, che si trova
nell’attigua chiesa del convento, verso
la quale accorrevano i fedeli per impetrare grazie
contro il male della fava ossia il favismo.
Ciò si evince dalla «Platea del Venerabile
Convento di S. Maria della Favana dei Frati Minori
Conventuali in Veglie del 1735».
Per
la descrizione si farà qui riferimento
essenziale al fondamentale testo di Luigi Mazzotta.
La struttura presenta una forma architettonica
di origine greco-orientale, risalente ai secoli
IX-XI. Vi si accede lateralmente, attraverso un
dromos in cui è stata ricavata
una scala a tredici gradini; è ad unica
navata con una piccola abside. Entrando, a sinistra
è un piccolo vano comunicante con la Cripta;
probabilmente serviva da Pastophòrion,
locale adibito alle cerimonie preparatorie delle
funzioni religiose. Nell’abside vi è
addossato un altare di recente fattura a destra
del quale si nota una nicchia che serviva probabilmente
da diakonicòn, cioè deposito
di arredi sacri. L’interno della cripta
è decorato da un ciclo pittorico di natura
sacra, evidenziando la funzione cultuale del luogo.
Tali affreschi, che risalgono per la gran parte
al XV secolo, sono in continuo deterioramento
a causa dell’eccesso di umidità.
Sulla parete sinistra rispetto all’ingresso
la figura meglio conservata, è quella,
trecentesca, della Vergine, la cui dolcezza e
vivacità è espressa dagli occhi
e dai tratti delicati e fini del volto. Il suo
capo è leggermente reclinato verso il Bambino
Gesù benedicente. Seguono le immagini di
Santo Stefano Protomartire e Sant’Antonio
da Padova. Sulla parete di fondo dell’abside
è rappresentata la Santissima Trinità:
Dio Padre, vestito di bianco è assiso sul
trono; le braccia esageratamente lunghe si abbassano
a sostenere la croce sulla quale è una
piccola e tozza figura del Cristo. Ai lati vi
sono raffigurati San Giovanni Evangelista
e San Giovanni Battista, considerata,
quest’ultima, la più antica immagine
del santo patrono di Veglie. Rilevò Alba
Medea: “Il soggetto iconografico si ricollega
all’interpretazione più patetica
della Trinità con l’introduzione
del Cristo crocefisso comune a cominciare dal
XIII secolo e nei successivi. Meno consueta ci
parre invece la rappresentazione dei due San Giovanni,
ai lati della Trinità”. A sinistra
della Trinità è rappresentato l’arcangelo
Michele che capesta il drago e lo trafigge con
la lunga lancia a croce. A destra, al di sopra
di una nicchia, è raffigurato San Francesco
d’Assisi inginocchiato nell’atto
di ricevere le stimmate dal crocifisso che gli
appare sopra una piccola chiesa. Nella parete
destra, vi è un’altra Madonna che,
assisa in trono, tra le braccia stringe il Bambino
che allatta. La scena successiva vede raffigurato
il piccolo Cristo, a mezzo busto, tra gli apostoli
Pietro e Paolo che per contrasto appaiono enormi.
In un altro riquadro Sant’Andrea
e da ultimo Sant’Antonio Abate.
Nelle scene sono presenti iscrizioni sia greche
che latine. La cripta un tempo aveva il soffitto
completamente affrescato; se ne scorgono frammenti
che rimandano alla rappresentazione entro un cerchio
del Cristo Pantocratore attorniato da
quattro angeli e i simboli dei quattro evangelisti.
Testo di Anna
Candelieri
Bibliografia:
CATAMO A., La cripta della Favana: un tesoro
che si perde, Novoli: Il Parametro, 1998.
LILLO B., Veglie: la cripta della Favana,
in “Euromediterraneo”, 16-31 luglio
2004.
MAZZOTTA L., Veglie. Cripta della Favana -
Guida storico turistica, a cura del Centro
Studi "Terra Veliarum", Veglie 1982.
MEDEA A., Gli affreschi delle cripte eremetiche
pugliesi, Roma: Collezione meridionale, 1939.
Foto nel testo:
Cripta della Favana. Madonna con Bambino (clicca
sull'immagine per ingrandirla)
-> Il
Complesso conventuale
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