In via Annibale
De Leo, nel centro storico di San Vito dei Normanni,
è la chiesa di Santa Teresa o, come comunemente
denominata, delle Monache per la presenza
delle suore della Congregazione delle Oblate Benedettine
di Santa Scolastica.
Inglobata nel monastero, la chiesa non possiede
una vera e propria facciata; si fa notare per
il pregevole portale neoclassico che emerge dal
grande edificio monastico.
Sorse come cappella privata eretta, nella seconda
metà del XVIII secolo, per volontà
dell’arcivescovo Annibale De Leo (1739-1814)
al pian terreno della sua casa paterna in via
San Giovanni. Col suo ultimo testamento il presule
dispose che la casa di San Vito convertita in
orfanotrofio, accogliesse dieci povere fanciulle
orfane. Sarebbero state educate nei doveri cristiani
e istruite nelle arti femminili per divenire buone
madri di famiglia. L’orfanotrofio sarebbe
stato diretto dal parroco pro-tempore, con la
supervisione del vescovo e del sindaco. La baronessa
Claudia Bottari di Francavilla Fontana, erede
dei beni di De Leo in San Vito e Latiano, avrebbe
versato annualmente al parroco seicentosessanta
ducati per le necessità dell’istituto.
Il notaio Vitantonio Ruggiero, avrebbe provveduto
a utilizzare i mobili della casa a uso delle orfane
e a vendere il superfluo.
Da cappella privata, per volontà di don
Salvatore Azzariti, divenne chiesa con dedicazione
a Santa Teresa d’Avila. Il contratto col
muratore Vincenzo Ancora, stipulato il 10 novembre
1823, relativo ai lavori di ricostruzione della
chiesa, prevedeva:
“Sarà lunga palmi 60, all’infuori
dell’estensione del cortile coperto, larga
e alta palmi 40, all’infuori del sopra tetto,
con base, capitello e cornici. Il materiale di
costruzione sarà a carico dell’appaltatore
Ancora, mentre andita, forme e acqua che bisogna,
saranno fornite dal religioso. L’opera inizierà
a marzo e sarà completata entro ottobre
del 1824. Per eventuali divergenze, le parti indicano
come perito arbitrale, l’ingegnere Michele
Morgese. Il prezzo convenuto di 782 ducati, sarà
pagato in quattro rate: 282 alla stipula del contratto,
200 entro marzo 1824, 200 in corso d’opera,
100 a compimento dei lavori”.
Il sacerdote, allora direttore dell’orfanotrofio,
aggiunse il 28 giugno 1824 a quello di monsignor
De Leo un proprio lascito consistente in una masseria
denominata “Conco di Calcagno”, venti
tomoli di terreno in contrada Paretone, un altro
terreno in contrada Santomucchio, una casa in
via San Giovanni e capitali per circa 2000 ducati.
Nel corso degli anni pervennero altre donazioni
all’istituzione che nel 1876 arrivò
a contare su di una rendita pari a lire 1627,80.
Agli inizi del XX secolo sopraggiunsero difficoltà
nella gestione; si evitò nel 1925 la chiusura
solo grazie a monsignor Francesco Passante e al
dr. Domenico Carparelli. La tenacia di Filomena
Carparelli (1905 - 1973) e della professoressa
Antonietta Passante (1899 - 1961) assicurerà
alle orfane adeguata istruzione e assistenza;
l’impegno sarà di lunga durata sfociando
nell’istituzione, in San Vito, delle Oblate
Benedettine di Santa Scolastica di cui le due
volontarie assumeranno l’abito il 14 e 15
dicembre 1944; il 1° dicembre di quell’anno
era giunta da Roma la risposta favorevole per
il riconoscimento diocesano del “nuovo
Istituto delle Oblate Benedettine di Santa Scolastica”.
Il 19 ottobre 1985 sarà concesso alle Oblate
il riconoscimento pontificio.
IL PORTALE
L’elegante portale, opera di scalpellini
locali del XIX secolo, è senza dubbio tra
i più raffinati dell’area provinciale,
sia per la composizione che per le proporzioni.
È preceduto da un protiro con due colonne
corinzie che sostengono la trabeazione costituita
di architrave, fregio e cornice su cui è
l’iscrizione “TEMPLUM HOC / SALVATOR
AZZARITI / SUMPTIBUS EXTRUXIT SUIS / DIVAE TERESIAE
DICAVIT / A.D. 1823” ossia: “Questo
tempio Salvatore Azzariti a sue spese costruì
e dedicò a Santa Teresa, nell’anno
del Signore 1824”.
Santa Teresa. Portale
L’INTERNO
La chiesa, a croce latina, ornata di pavimenti
e altari marmorei di gran pregio realizzati dalla
ditta Carparelli di Fasano, è arricchita
di collegamenti laterali fatti di infissi in legno
scorrevoli di notevole fattura. Ha subito radicali
interventi di modifica a metà del XX secolo
diretti dall’ingegnere benedettino Agostino
Lanzani.
L'interno è decorato con i dipinti, raffiguranti
momenti della vita della Vergine Maria e di Gesù,
realizzati da Onofrio Bramante (1927-2000) il
1984.
Sono presenti gli altari maggiore, di Santa Teresa
e di Maria Santissima delle Grazie. Il primo,
in marmo, già con memoria giuseppina, costruito
a metà del XX secolo da maestranze pugliesi,
è decorato con figure ornamentali: due
pavoni ai lati e al centro il monogramma di Cristo
con l’alfa e l’omega. Al di sopra
di questo si innalza il raffinato baldacchino,
sostenuto da quattro colonne di marmo pregiato
con capitelli diversi, da cui pende un Crocifisso
ligneo.
Sugli altari laterali sono due pale del pittore
Romano Oppi. Su quello di sinistra, dedicato a
Santa Teresa, è il trittico raffigurante,
da sinistra a destra, le sante Scolastica, Teresa
e Gertrude. Sull’altare di destra, intitolato
a Maria Santissima delle Grazie, è un secondo
trittico con rappresentazione dei santi Placido,
Benedetto e Mauro.
Il coro in castagno fu realizzato dal falegname
Vincenzo Leozappa di San Vito; è separato
dall’altare da porte in ferro battuto, raffiguranti
voli di uccelli, realizzate dalla ditta Raniero
di Bari.
La porticina del ciborio dell’altare, opera
dello scultore Renato Brozzi (1885-1963), fu esposta
a Roma nel 1950 in occasione della mostra internazionale
di arte sacra.
Ottocentesche sono da considerarsi le tele aventi
a soggetto il Transito di san Giuseppe,
Santa Teresa d’Avila e la Vergine
con Bambino e le sante Teresa e Caterina.
Bibliografia:
A. CHIONNA, Beni culturali
di San Vito dei Normanni, Fasano: Schena
Editore, 1988.
D. CICCARESE - M. MARRAFFA, Le Chiese e le
confraternite di San Vito dei Normanni, Ostuni:
CRSEC - Regione Puglia, 2000
F. PASSANTE, Città di San Vito dei
Normanni, a cura di Angelo Pagliara e degli
Amici della Biblioteca San Benedetto, Brindisi:
Giuriservice, 1990.
Testo di Giovanna Di Castri
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