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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

IN ALTO I CALICI: E' ARRIVATO IL VINO NOVELLO
Apprezzato come vino giovane e profumato, dietro questo prodotto stagionale si cela un interessante processo enologico e una antica tradizione contadina

"A San Martino ogni mosto diventa vino". Recita così l'antico e noto detto popolare che simbolicamente viene associato alla data dell'11 novembre, quando si celebra il culto del santo, cavaliere romano e fondatore del monachesimo in Francia, poi vescovo di Tours, vissuto nel IV secolo d.C. La ricorrenza unisce la liturgia cristiana al rito della tradizione contadina legata all'apertura delle botti per il primo assaggio di vino nuovo, figlio dell'ultima vendemmia. È una usanza che si rinnova ancora ai nostri giorni, con famiglie e gruppi di amici riuniti attorno ad una tavola, pronti a stappare le bottiglie del cosiddetto vino novello, ideale per accompagnare pietanze autunnali, a base di funghi, e caldarroste.


Vino Novello e castegne (dal web)

In realtà, nonostante il vino giovane fosse conosciuto e apprezzato fin dall'antichità, non era ancora propriamente quello che oggi chiamiamo "novello": in Italia il mercato di questa tipologia di bevanda alcolica si è sviluppato solo nei primi anni Settanta sulla scia del successo ottenuto dai vignaioli francesi della zona di produzione poco a nord di Lione, che per rilanciare il loro vino ottenuto da uve Gamay, proposero sul mercato l'ottimo Beaujolais Nouveau, detto anche "Primeur". Il processo di produzione segue quanto già scoperto, quasi casualmente, e poi messo in pratica proprio dai transalpini alla metà degli anni '30, ovvero la tecnica della macerazione carbonica delle uve in contenitori saturi di anidride carbonica, gas che in realtà doveva servire per la sola conservazione dei grappoli. Ciò portò inaspettatamente il conseguimento di un mosto davvero particolare, dalla cui fermentazione si ottenne il primo "Nouveau", un vino leggero ed estremamente ricco di aromi e di profumi, che in poco tempo conquistò anche il pubblico italiano.


Vino Novello (dal web)

La tecnica di vinificazione è molto specifica e nella nostra nazione viene disciplinata dal decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali datato 13 agosto 2012, una normativa che ha molto semplificato le precedenti leggi sul sistema di produzione e immissione al consumo del "vino novello": il processo di fermentazione alcolica "intracellulare" si esegue con la macerazione carbonica dell'uva intera, perciò non diraspata e pigiata meccanicamente, per minimo 10 giorni a una temperatura intorno ai 30°C. In questa fase gli acini, resi fragili dal processo, collassano sotto il peso della massa e si sfaldano, mentre l'alcol etilico riesce ad estrarre il colore e una grande varietà di aromi dalla polpa e dalla buccia. La tecnica consente così di ottenere una minore trasformazione degli zuccheri in alcol; pertanto, il vino prodotto avrà un tenore alcolico contenuto (comunque mai inferiore all'11% in volume) e bassa acidità, con un gusto gradevole e amabile, ricco di aromi e profumi netti e fruttati. Tali caratteristiche lo rendono però inadatto all'invecchiamento, dunque è necessario consumarlo nel giro di pochi mesi. Sempre secondo la normativa vigente, la messa in commercio del prodotto è anticipata al 30 ottobre dello stesso anno in cui è avvenuta la vendemmia, mentre la fine della commercializzazione è stabilita per il 31 dicembre.
In Italia la produzione di questo vino giovanissimo (esce dalle cantine nell'arco di due mesi), dal gusto semplice e poco tannico, dal colore brillante e tonalità che spaziano dal rosso vivo al porpora intenso, è diffusa su tutta la penisola, anche se la maggiore produzione si ha nel Veneto e nel Trentino, quindi nelle aree geografiche del centro sud con Toscana, Abruzzo, Puglia e Sicilia.


Macerazione carbonica dell'uva (dal web)

Dalla metà degli anni '70 anche le cantine brindisine hanno prodotto il vino novello seguendo scrupolosamente le tecniche della fermentazione carbonica in appositi serbatoi in acciaio chiusi ermeticamente (autoclavi), "le uve nere venivano attentamente selezionate nei vigneti e raccolte manualmente in cassette - racconta Piero Nigro, per lunghi anni cantiniere e braccio destro degli enologi di quella che era la Cantina della Riforma Fondiaria di Brancasi - i grappoli di uva dovevano essere sani e dopo la raccolta venivano delicatamente adagiati nelle casse in maniera da giungere in cantina strutturalmente integri. Il dott. Palmisano, uno dei migliori enologi pugliesi di sempre, era costantemente presente nello stabilimento e talvolta presenziava la vendemmia nei campi, per controllare scrupolosamente ogni fase della lavorazione, pretendendo dai suoi collaboratori la massima attenzione".
Nei primi tempi si riuscivano a preparare anche ventimila bottiglie, poi nel tempo la produzione è scesa sino a stabilirsi intorno ai cinquemila l'anno, un declino avviato già dalla fine negli anni Novanta quando sul mercato sono entrati tanti vini novelli di qualità scadente e a prezzi improponibili, "per ottenere un prodotto di qualità medio-alta, i costi di produzione sono rilevanti, è praticamente impossibile riuscire venderlo a meno di tre-quattro euro a bottiglia, non si coprirebbero neanche le spese" spiega l'esperto enotecnico, che seguiva con particolare attenzione anche la fase della vendita. Tutto ciò ha determinato una drastica caduta di interesse dei consumatori italiani verso il vino d'autunno, insoddisfatti di una proposta spesso mediocre. Lo stesso motivo ha determinato la scelta di altre cantine brindisine a non voler mai proporre vini giovani o a ridurre fortemente la loro produzione.


Schema della macerazione carbonica (dal web)

Su questo i cugini d'Oltralpe sono molto più attenti e scrupolosi, la loro legislazione è decisamente più restrittiva rispetto a quella italiana; infatti, per il disciplinare francese il 100% del vino novello deve essere ottenuto da macerazione carbonica, mentre in Italia è sufficiente il 40%, la parte restante può essere vinificata con il metodo tradizionale. "Nonostante questa disposizione, noi sin dal principio produciamo e vendiamo un novello interamente prodotto con la macerazione carbonica delle uve di sola malvasia nera - afferma Sergio Botrugno, titolare dell'omonima azienda agricola e vitivinicola - riserviamo al 'Nashi' una parte importante della nostra cantina, dedichiamo tempo e attenzione alla sua trasformazione da mosto in vino, quindi al travaso, alla filtrazione e all'imbottigliamento. I risultati ci hanno dato sempre ragione". La normativa dispone inoltre la possibilità di commercializzare il prodotto in contenitori diversi dalla bottiglia in vetro; pertanto, anche l'azienda brindisina da qualche tempo ha scelto di commercializzare, con una denominazione diversa, una parte del suo novello in boccioni pet (polietilene tereftalato) da 2 e 5 litri. La vendita di prodotto sfuso viene seguita in maniera esclusiva da altre cantine del nostro territorio, scelta dettata soprattutto dalla necessità di limitare i prezzi alla vendita, ovviamente le qualità gustative e olfattive del vino sono decisamente diverse.


La uve di malvasia nera raccolte in cassette pronte per la macerazione carbonica (ph. Botrugno)

Il novello italiano, grazie al suo particolare bouquet aromatico e per la sua leggerezza, continua comunque ad esercitare una forte attrattiva sia tra gli appassionati che tra i consumatori più sofisticati del nettare di Bacco, tanti in occasione dell'11 novembre, giorno ricadente nella cosiddetta "estate di San Martino" (per via delle giornate calde e soleggiate) prediligono festeggiare il tradizionale rito autunnale partecipando a manifestazioni enogastronomiche, con visite alle cantine e degustazione di prodotti tipici organizzate in fiere e sagre. E allora perché non regalarci quella piacevolissima emozione che si sprigiona fin dal primo sorso, perché "senza vino non c'è festa" (Papa Francesco, 2014).
Quindi in alto i calici. Prosit!

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