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ANTICHE TRADIZIONI

IL CULTO DI SAN GIORGIO
E IL RITO DELLA CAVALCATA

Il culto per San Giorgio si diffuse nella città di Brindisi nel XII secolo, probabilmente in concomitanza con le prime crociate e con l’incremento del passaggio dei pellegrini e dei traffici marittimi con la Terra Santa.
Ne furono promotori i normanni ed i veneziani, già devoti al Santo, che divenne così il Patrono della città.
Risalirebbe quindi alla fine del XII secolo
[1] anche l’arrivo a Brindisi del braccio mummificato del megalomartire in una teca d’argento, reliquia oggi conservata in una teca lignea nel Museo Diocesano “Giovanni Tarantini” presso la Chiesa di Santa Teresa in Brindisi.


Il braccio mummificato di San Giorgio, reliquia custodita nel Museo Diocesano "G.Tarantini"

L’immagine del Santo è rappresentata su almeno una delle tre formelle che compongono il rivestimento argenteo dell’arca che ha contenuto le spoglie di San Teodoro d’Amasea durante la sua traslazione a Brindisi, anch'essa nel Museo Diocesano Brindisino, che mostrano un cavaliere nell’atto di trafiggere il drago. Secondo Giuseppe Maddalena [2].

Pur in mancanza di fonti, non sembra azzardato ipotizzare l’esistenza di un’arca argentea contenente qualche anatomica reliquia del Santo cavaliere venerata dai Templari della omonima casa (il braccio del Santo?) le cui lamine furono in seguito schiodate e ricomposte in un nuovo reliquiario in cui i due Santi guerrieri si diedero il passaggio di consegne nel culto cittadino, nel XVI secolo.


Museo Diocesano "G.Tarantini. Arca di San Teodoro. Cerchiate le tre immagini del cavaliere nell'atto di trafiggere il drago

Delle tre immagini in questione presenti sul lato frontale, la prima a sinistra mostra un cavaliere con il volto danneggiato e riporta la dicitura “San Teodorus” incisa su due piccole strisce incollate alla formella, immagine che nel 1585, secondo il vicario dell’arcivescovo Antonio de Floreto, identificava S.Giorgio; anche per le altre due vi è una diversa interpretazione ed attribuzione: secondo Maddalena il “cavaliere barbuto, con camaglio e scudo sannitico” raffigurato sulla formella centrale è riferibile a San Giorgio, differente il parere di Teodoro De Giorgio [3] che attribuisce al Santo martirizzato a Nicodemia nel 303 d.C. l’altra formella:

Nella formella all'estrema destra, nel riquadro in basso, trova posto il terzo cavaliere, questa volta senza barba, munito di scudo crociato e collocato tra due palme. Sebbene in occidente Teodoro venisse raffigurato anche imberbe, nei casi in cui era a cavallo la barba diventava un attributo imprescindibile. Si tratta, dunque, di Giorgio, che i cavalieri crociati adottarono come patrono dopo che il santo, apparso prodigiosamente insieme coi compagni Teodoro, Demetrio e Mercurio, aveva combattuto al fianco dei cristiani nell'assedio di Antiochia del 1098 e, apparso nuovamente con indosso un'armatura decorata con una croce rossa, aveva condotto i crociati dentro la città di Gerusalemme, occupata dai saraceni.


Arca di San Teodoro. Particolare della prima formella


Arca di San Teodoro. Particolare della seconda formella


Arca di San Teodoro. Particolare della terza formella

Il Santo è altresì raffigurato su un pannello dorsale degli stalli frontali del coro dei canonici (1594) della Basilica Cattedrale di San Giovanni Battista in Brindisi, Silvia Anna Anaclerio [4] così lo descrive:

San Giorgio, nelle vesti di cavaliere romano, in sella a un cavallo quasi bucefalo, con tozzo collo e folta criniera, trafigge il drago, che sta a simboleggiare le tenebre invernali, sotto gli occhi della leggendaria donna inginocchiata e orante a braccia aperte. La parte superiore della formella presenta lo scorcio di una città murata che pare un florilegio monumentale della Brindisi di fine XVI secolo. Possono riconoscersi Porta Mesagne, la chiesa di San Benedetto con il retrostante campanile a torre, la chiesa di San Paolo con il portale gotico, la cattedrale con il campanile a guglia e l’oratorio di San Teodoro.


Cattedrale di Brindisi. Coro ligneo (1594). Particolare del pannello dedicato a San Giorgio


Cattedrale di Brindisi. Coro ligneo. Particolare del pannello dedicato a San Giorgio con Brindisi di fine XVI secolo

Una scena con San Giorgio e il drago è raffigurata in uno degli affreschi presenti sulle pareti del Tempio di San Giovanni Al Sepolcro, è leggibile solo la parte posteriore del cavallo con il braccio destro del cavaliere, la spada al suo fianco, il mantello rosso svolazzante sotto l’armatura e il drago trafitto dalla lancia. E’ identificabile grazie all’iscrizione GEOR[...] riportata poco sopra l’immagine e GE[...] presente sul fianco dell’animale orientato nel senso opposto all’immagine dipinta sullo strato inferiore.
Così lo descrive Margherita Pasquale [5]:

Di nessun santo è pervenuto il nome; [… ] solo un San Giorgio denuncia con chiarezza la sua identità - bianco destriero, al vento il vortice del mantello purpureo, spada al fianco, scaglie minute dell'armatura in comune con le spire del drago giacente, trafitto dalla lancia - dando luogo, addizionato ad una versione speculare dello stesso soggetto, ad un inatteso effetto visivo di groppe equine contrapposte, dovuto al sovrapporsi del tema reiterato, diffusissimo e, nella chiesa in argomento, in particolare sintonia spirituale con il committente ordine, quale efficace modello di virtù cristiane ed eroiche.


Tempio di San Giovanni al Sepolcro. Affresco di San Giorgio a cavallo mentre trafigge il drago

La stessa immagine del Santo è riproposta sulla controfacciata della chiesa di Sant'Anna, dove una decorazione ad affresco della seconda metà del XIII secolo, ormai in buona parte sbiadita, presenta un cavaliere aureolato mentre introduce una lancia nelle fauci del drago contorto tra le zampe del cavallo.


Tempio di San Giovanni al Sepolcro. Affresco di San Giorgio a cavallo mentre trafigge il drago

A San Giorgio era titolata la domus templare di Brindisi, dipendente da Barletta, attiva forse già dal 1169 [6].

La devozione per San Giorgio si consolidò ulteriormente in epoca aragonese, quando al Santo-militare nonché protettore di Saragozza, la capitale d’Aragona, fu dedicata una festa di grande partecipazione popolare, una sorta di riconoscimento ai dominatori dell’Italia meridionale. Durante la sovranità aragonese infatti la città si giovò della realizzazione e della ricostruzione di importanti ed imponenti opere di fortificazione a difesa del centro abitato che scongiurarono la possibile invasione turca, così da evitare lo stesso tragico destino subito da Otranto con l’atroce attacco del 12 agosto del 1480. Inoltre Brindisi e Gallipoli furono le uniche città della Terra d’Otranto a rimanere fedeli agli aragonesi anche quando il re di Francia Carlo VIII conquistò quasi interamente il regno prima di essere respinto dalle truppe dell’alleanza (1494-1495).
Per questa manifesta fedeltà, la città ottenne importanti benefici, come riportato da Ferrando Ascoli [7]

L’obbedienza di Brindisi al sovrano volere fu altamente commendata da Ferdinando. Il quale, in ricompensa dei tanti servigi resigli da questa città, che, forse, più di ogni altra del regno erasi cooperata per farglielo recuperare, fece battere monete in argento e di rame, che aveano da una parte, l’effige di S.Teodoro brindisino, militarmente vestito, e portante uno scudo, entro cui erano le due colonne – insegna di Brindisi – e, dall’altra, erano incise le seguenti parole Fidelitas Brundusina. Le quali monete furono battute non pure nella zecca di Brindisi, che durò per tutto il tempo degli Aragonesi, ma anche in altre città ed a Napoli stessa. Molte di esse erano ancora in corso circa il 1700
[…]
Ferdinando II fu l’ultimo re Aragonese per la città di Brindisi; perocchè, essa passò ai Veneziani, dopo essere stata per 71 anni sotto il dominio degli Aragonesi. I Brindisini solevano però, ogni anno, ricordare con gratitudine la memoria degli Aragonesi colla festa di S.Giorgio, che era il titolare e l’insegna di Saragozza, metropoli dell’Aragona.

Nicola Vacca [8] evidenzia le caratteristiche militari della festa dedicata al Santo, ponendola in relazione alla lealtà dimostrata verso la corona aragonese:

Non aveva, credo, rapporti con la chiesa di S.Giorgio la festa che si celebrava in Brindisi in onore di questo santo. Aveva questa pittoresca festa un’origine e un carattere tutt’affatto civile e militare in cui S.Giorgio entrava come pretesto, tanto è vero che il Moricino [9], che tanto si diffonde nel descriverla, non nomina la chiesa di S.Giorgio [10], né che i partecipanti vi si recassero per venerare il titolare. La festa rimontava all’epoca aragonese e S.Giorgio entrava perché protettore di Saragozza, capitale dell’Aragona. Essa simboleggiava a celebrava la Fidelitas Brundusina [11], che fu incisa anche sulle monete, alla Casa Aragonese dalla quale la città aveva ottenuto privilegi e franchigie.

La tradizionale festa, definita cavalcata, si svolgeva nell’ultima settimana di aprile e prevedeva il corteo per le strade della città di due compagnie di archibugieri, ognuna comandata da un capitano. La prima accompagnava il Sindaco della città che a cavallo “circondato da molti staffieri riccamente vestiti, recava il gonfalone della città con le sue insegne: da una facciata lo stemma con le colonne, antica arme di Brindisi, e dall’altra l’immagine loricata di S.Teodoro[8]. Seguiva la compagnia con a capo il Camerlengo (o Maestro giurato) “circondato da tutta la nobiltà brindisina armata e a cavallo[8].
Il corteo partiva dal palazzo di città, o Sedile, e giungeva al Castello di Terra tra rulli di tamburi, il suono delle trombe e gli spari a salve degli archibugi. Qui li attendeva “in atto e gelosia di guerra[8] il Castellano, che sul ponte, dopo aver fatto “molte cerimonie[8], consegnava al Sindaco lo stendardo reale. Questi giurandone solennemente la restituzione, lo affidava al Camerlengo.
Il corteo a questo punto si ricomponeva con in testa la compagnia del Camerlengo, e dopo aver fatto il giro della città, giungeva alla Piazza nobile tra “strepiti di tamburi, di trombe, di scoppi e artiglierie[8]. Mentre il Sindaco nel suo discorso inneggiava al re, alle finestre del Palazzo pubblico venivano issati i due stendardi, che qui restavano esposti per otto giorni.
Il primo maggio si ripeteva la cavalcata per riportare lo stendardo reale al Castellano in rispetto alla promessa fatta dal sindaco.
Durante l’intera settimana veniva permesso ai cittadini di armarsi ed “esercitarsi amichevolmente alle armi[8], una pratica che nel tempo degenerò in risse tra cittadini e “tra questi e i soldati della guarnigione[8].
Le finte guerre tra cittadini dei quartieri rivali, originariamente amichevoli ed “utili all’addestramento dei cittadini alla guerra[8], divennero vere e proprie battaglie con l’uso di spade di legno e di pietre, con “prigionieri da una parte e dall’altra”, causando gravi ferite e anche morti, tanto che”furono vietati sotto gravi pene[8].
Oltre a questi episodi, il “pittoresco spettacolo[8] della festa fu rovinato dalle discordie nate per “futili questioni di precedenza tra il Sindaco ed il Camerlengo[8], pertanto verso la fine del cinquecento il Viceré decise di sopprimere l’intera cerimonia.
Anche l’Ascoli riferisce dei disordini e della conseguente abolizione della festività:

La quale festa venne, in seguito, proibita, ad instanza della città, perché dava luogo a disturbi, a risse, e, talvolta, uccisioni.

Il Vacca ipotizza un possibile collegamento tra questi scontri e le sanguinose lotte tra le contrade Marina e la fazione dei Pizzica, la prima includeva la parte settentrionale dell’abitato composta principalmente dai pescatori, la seconda capitanata dai nobili sostenuti dai contadini comprendeva la parte meridionale della città.

Testo di Giovanni Membola

Note

  1. Cristian Guzzo, Giuseppe Maddalena, Antonio M. Caputo. Il braccio di S.Giorgio in Brindisi una reliquia templare? in Pavalon - Atti del 1° Convegno Nazionale, a cura di Giuseppe Giordano, Cristian Guzzo. 1999
  2. Giuseppe Maddalena Capiferro. Vestigia templari a Brindisi in Pavalon - Atti del 1° Convegno Nazionale, a cura di Giuseppe Giordano, Cristian Guzzo. 1999
  3. Teodoro De Giorgio. La traslazione e il culto di san Teodoro a Brindisi in età normanno-sveva in La bibbia di Manfredi. Gli svevi tornano al castello. Atti del convegno. Brindisi 10-11 maggio 2013
  4. Silvia Anna Anaclerio. Il Coro ligneo della Cattedrale di Brindisi. Lettura del manufatto e tracce didattiche. Link
  5. Margherita Pasquale. Note sull’apparato decorativo delle chiese brindisine di San Giovanni al Sepolcro e San Benedetto in S. Giovanni al Sepolcro e S. Benedetto a Brindisi: un restauro per la città, a cura di Giovanni Matichecchia; in collaborazione con Margherita Pasquale, Benedetta Braccio, Assunta Cocchiaro. 200. Link
  6. Giacomo Carito. La domus templare di San Giorgio in Brindisi
  7. Ferrando Ascoli. La Storia di Brindisi. (Ristampa anastatica 1886)
  8. Nicola Vacca. Brindisi ignorata. 1954
  9. Antiquità e vicissitudini della città di Brindisi, opera di Giovanni Maria Moricino, philosopho e medico dell’istessa città, descritta dalla di lei origine sino all’anno 1604. Manoscritto inedito conservato nella Biblioteca Arcivescovile “Annibale De Leo” di Brindisi.
  10. La chiesa di San Giorgio de Templo, documentata in un elenco di rendite della cattedrale brindisina del 1260, secondo Nicola Vacca potrebbe essere nei pressi del bastione detto di San Giorgio, quest’ultimo demolito nel 1863-64 durante i lavori di costruzione della stazione ferroviaria e della piazza prospiciente. Non è stata invece individuata l’ubicazione della domus templare di S.Giorgio, sono diverse le collocazioni ipotizzate dai vari studiosi, tutte non supportate da fonti certe.
  11. La frase “Fidelitas Brundusina” è incisa in un nastro sotto la croce di guerra dello stemma civico della città, dove compare in uno scudo coronato la testa di cervo sormontato da due colonne.

Stemma civico della città di Brindisi
Stemma civico della città di Brindisi

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