Giovanni
Amoruso, militare e soccorritore durante la
tragedia
Nell'agosto del 1971 prestavo servizio come
sergente motorista navale presso il Gruppnull di Brindisi, nonché
pilota del motoscafo dell'ammiraglio (matricola AL 50 SA 0030).
I ricordi tornano alla mente come spezzoni di un film di quella lunga
giornata.
Fui allertato perché sulla nave Heleanna si era sprigionato un grosso
incendio, e nel giro di un 30 minuti raggiungemmo la nave, sulla lancia
insieme a me vi era il maresciallo Quaranta, di Battipaglia (SA) ed
altri due commilitoni.
Quando ci accostammo alla nave trovammo molta gente aggrappata alle
scalette, tra loro molte donne con i propri bimbi in braccio che
piangevano. Una densa nuvola di fumo e fiamme avvolgevano la nave
rendendo l'aria irrespirabile, ricordo che bagnai il fazzoletto con
l'acqua di mare e lo avvolsi al volto per evitare di rimanere
asfissiato.
Correvamo tra le fiamme a portare aiuto, incuranti del pericolo e
rischiando la vita, portammo in salvo molte persone, alcuni erano
feriti, i morti li avvolgemmo nelle coperte.
Non so quante volte facemmo la spola tra il porto di Brindisi e la
nave, ma ricordo che vi erano migliaia di persone che attendevano con
impazienza il nostro arrivo; ci furono applausi di gioia per le persone
che si erano salvate, ma anche grande tristezza per quelli che non
erano riusciti a salvarsi.
Sono fiero di aver fatto tutto ciò e lo rifarei ancora altre mille
volte, anche se per questi eventi non ho avuto mai nessuna riconoscenza
e nemmeno un giorno di riposo.
A Brindisi mi trovai benissimo, perché era, e penso sia ancora oggi,
una città a misura d'uomo. Attualmente sono tenente commissario del
Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, era destino che la mia vita
era per fare bene al prossimo. Vivo a Postiglione (SA) piccolo paese di
circa 3000 anime a ridosso della catena dei monti alburni, (Parco
Nazionale del Cilento), 50 km da Salerno e altrettanti da Potenza. Giovanni
Amoruso
Emanuele
Zecchino, naufrago della nave Heleanna
Non avendo trovato cabine libere quella
notte con mio fratello Giorgio ed i miei genitori dormivamo nelle auto
sul ponte della nave. Quando si sviluppò l’incendio andammo a cercare
dei salvagenti in fondo alla prua della nave, li riuscimmo ad avere
grazie ad un camionista greco, che purtroppo morì durante questo
tragico evento.
Tra le poche scialuppe che riuscirono ad essere calate, alcune
capottarono e caddero proprio sui passeggeri scaraventati in acqua,
alcuni di questi morirono per l’impatto.
Il personale di bordo era impreparato e anzichè aiutare i passeggeri in
difficoltà pensava a scappare, ho persino visto qualcuno di loro mentre
derubava i morti. Un comportamento che causò grave disonore alla marina
greca. Ricordo il comandante che pensava a salvare la moglie ed il suo
cane prima di salire con una borsa e con il suo vice sulla prima
scialuppa disponibile.
Ho visto un elicottero avvicinarsi e poi andare via, probabilmente per
paura dell’esplosione della nave, per lo stesso motivo anche le altre
imbarcazioni di salvataggio si tennero a una certa distanza.
Quando il fuoco raggiunse la prua eravamo rimasti solo noi e il
camionista greco, i miei genitori non sapevano nuotare, pertanto
aspettammo sino all’ultimo minuto prima di tuffarci in mare. Temevamo
l’esplosione delle auto che si trovavano sul ponte, quindi decidemmo di
buttarci, mia madre fu la prima, io l’ultimo. Le correnti del mare ci
divisero nonostante si cercasse di rimanere vicini. In mare aiutai una
signora che aveva una bambina in braccio, mi avvicinai e presi la
piccola tenendola sulla mia pancia per oltre venti minuti, nuotando
supino, sino a quando mi trovarono i marinai di una nave americana. Mio
fratello fu salvato da un elicottero mentre i miei genitori morirono,
mio padre fu portato nell’obitorio di Monopoli, mia madre la trovai
morta sulla nave che mi salvò.
Ho seguito la vicenda processuale in Grecia in quanto mio zio era
avvocato del foro di Atene, è stato un processo-farsa poiché la
dittatura dell’epoca era sorretta dagli armatori. Le condanne furono
ridicole, basti pensare che al capitano della nave fu concesso di
dirigere una società di trasporto merci su mare con sede a Creda
proprio dall’armatore dell’Heleanna; a noi, come risarcimento, furono
rimborsate le sole spese legali. Oggi (dicembre
2008 n.d.r.) ho 63 anni ed è la prima volta che racconto
quanto accaduto, è stato come sollevarmi da un peso.
Mi piacerebbe ritrovare quella bambina che ho tenuto con me nel mare,
credo fosse di nazionalità belga, ne parlò all’epoca anche il
settimanale Famiglia Cristiana. Emanuele
Zecchino
Isaura
Molina, naufraga della nave Heleanna
Mi chiamo Isaura Molina, sono nata e vivo
nella regione di Buenos Aires, in Argentina. Conservo ancora vivo il
tragico ricordo dell’Agosto 1971 sul traghetto Heleanna, dove viaggiavo
per accompagnare mio marito Carlos Alberto Lamina, architetto in
viaggio di studio per vari paesi d’Europa. Eravamo in compagnia di due
connazionali in viaggio di piacere in Grecia, le sorelle Nelly ed Emma
Baraza, la prima una professoressa ed archeologa nell’Università della
provincia di Tucumán, all’epoca in Francia per una borsa di studio. Ci
siamo conosciuti a Patrasso durante l’imbarco sul traghetto diretto ad
Ancona.
Per salvarci dal fuoco che divampava sulla nave siamo stati costretti a
tuffarci in mare indossando solo un giubbotto salvagente, ma in acqua
ci siamo persi. Ero disperata, non sapevo nuotare, per fortuna mi ha
aiutato un altro naufrago di nazionalità francese di nome Alain, che
con grande solidarietà mi ha sostenuta per circa tre ore, fino a quando
non siamo stati soccorsi e salvati da una piccola imbarcazione di una
petroliera liberiana.
Sulla stassa scialuppa sono giunte anche le sorelle Baraza, mentre
erano in mare hanno avuto modo di conoscere altri naufraghi provenienti
dalla Catalugna, insieme hanno formato un gruppo cercando di tenersi
vicini ed aiutarsi sino a quando sono stati tratti in salvo.
Ci portarono a Brindisi, in località Bocche di Puglia, dove il
commissario di Polizia dello Scalo Marittimo si occupò di tutti noi.
Conserviamo sempre il documento del nostro arrivo al porto firmato
proprio dal Commissario Capo di Polizia Dr. U. Castaldi.
Tutti noi naufraghi siamo stati portati nello stesso alloggio, una
struttura per le vacanze dove avviamo passato la notte. Ci hanno
offerto da mangiare nella mensa di un club sportivo e dei vestiti
asciutti, visto che avevamo perso tutto compresi i documenti.
Purtroppo non ricordiamo i nomi di tutti gli altri brindisini che ci
hanno aiutato, ma posso affermare che mai ci dimenticheremo della
caldissima accoglienza della gente, che ha avuto tante attenzioni per i
naufraghi di tutte le nazionalità presenti nella città: ci hanno
ospitato a casa loro, ci hanno offerto da mangiare, vestiti e
soprattutto ci hanno dato un grande supporto morale. Sono passati tanti
anni, però Brindisi e la sua gente sono rimasti nelle nostre vite in
maniera indelebile.
Allo stesso modo mi rimane il ricordo del francese che mi ha salvato la
vita e di cui conosco soltanto il nome, Alain. Per me sarebbe molto
bello, dopo tanti anni, riuscire a sapere il suo cognome e se possibile
qualche altro dato per mettermi in contatto con lui. Penso che qualcosa
sia presente nel registro dei naufraghi di quel 28 di Agosto del 1971. Isaura
Molina
Gianni
Bagolini, naufrago della nave Heleanna
Sono Gianni Bagolini, fiorentino di nascita
e modenese di residenza, uno dei sopravvissuti del naufragio di quel
tragico 28 agosto 1971. All’epoca ero un ragazzo di 12 anni e credo di
essere tra i civili più colpiti in quanto ho perso entrambi i genitori
e la nonna paterna. Anch’io, come la sig.ra Isaura Molina, mi racconto
per la prima volta e a dire il vero non so neanche perché lo faccio. I
ricordi di quel drammatico giorno sono ancora ben vivi nella mia mente
e tutte le volte che ne parlo o ci penso mi tornano i brividi.
Il primo allarme sulla nave è stato dato verso le 4,30 del mattino. Ci
avevano tranquillizzati dicendo che era solo una bombola del gas a
poppa e che tutti i sistemi antincendio erano attivi. In realtà
l’incendio si incrementava. Credo che se il comandante avesse dato
l’SOS subito forse le cose sarebbero andate diversamente.
Ci siamo trasferiti a prua “per sicurezza” e abbiamo indossato i
giubbotti salvagente (il mio non era adatto ad un ragazzino di 12 anni,
mio padre non lo aveva trovato, solo mia nonna e mia madre lo
indossavano). Le scialuppe di salvataggio non scendevano, o quando
scendevano si bloccavano a mezza altezza, solo poche hanno raggiunto
integre l’acqua.
Ad un certo punto ci siamo resi conto che era necessario tuffarci in
mare: mia madre non sapeva nuotare ed era smarrita, impaurita, quasi
inerme. Io sono stato il primo della mia famiglia e forse tra i primi
di tutti i passeggeri a calarmi con la corda ma dopo pochi metri ho
pensato che ci avrei messo troppo tempo a raggiungere l’acqua e allora
mi sono lasciato andare. Dall’alto non avevo percepito com’era mosso il
mare e come le onde erano alte! In acqua ho cercato subito i miei
familiari, ho trovato i miei genitori, ma non la nonna…. Una scialuppa
a poppa, rimasta sospesa, è improvvisamente caduta in mare, mio padre
mi disse “stai con la mamma io vado a prendere la barca di salvataggio
e vengo a prendervi”. Ma purtroppo così non è stato, non l’ho più
visto. Avevo una grande stima di lui.
Non so descrivere il sentimento e le sensazioni vissute in quei
momenti, dovevo sopravvive e cercare di salvare mia madre, in quel mare
mosso dove sia io che mia madre bevevamo, mentre dalla nave si
staccavano pezzi di vernice infuocati che ci cadevano vicino e addosso,
ed io giù con la testa per non scottarmi.
Ero stanco ed a un certo punto ho trascurato di sostenere mia madre,
l’ho intravista mentre le onde la trascinavano sul fondo del mare,
avevo perso anche lei. Solo dopo aver compiuto 18 anni mi fecero vedere
le foto dei cadaveri appena ripescati della mamma e della nonna, e me
ne sono pentito.
Ricordo un padre con due bambini appollaiato su di una scala a pioli
che cercava disperatamente di tenere in salvo i suoi piccoli. Persone
“grandi” che cercavano un sostegno aggrappandosi a me e io li ho
scrollati per sopravvivere.
Con alcune persone vicine, aiutandoci a vicenda, siamo riusciti a
salire su di una delle tante scialuppe che si erano bloccate a
mezz'aria e dopo tante ore finalmente ero fuori dall’acqua. Da qui
abbiamo visto arrivare i primi soccorsi, i rimorchiatori che con le
loro lance cercavano di spegnere l’incendio, da una certa distanza per
il mare in burrasca. Da un rimorchiatore hanno cercato di metterci in
salvo, utilizzando un canotto autogonfiabile legato da una parte al
rimorchiatore e dall’altra alla scialuppa. Era necessario buttarsi di
nuovo in acqua ed io non ne volevo sapere. Non so come mi hanno
convinto e... altro tuffo. Per trasportare tutte le persone sul
rimorchiatore ci sono volute molte ore.
Sul rimorchiatore sono giunto infreddolito, bagnato, con molte
abrasioni sulle mani e sul mento. Mi hanno dato dei vestiti asciutti e
rifocillato. Credo di aver dormito un pò. Quando mi sono risvegliato
eravamo prossimi all’entrata nel porto di Brindisi, credo le ore 20.00,
poi mi portarono in ospedale a bordo di un’ambulanza. Mi fecero
numerose domande durante la medicazione e poi finalmente un letto.
Durante la notte non riuscivo a dormire, il personale cercava invano di
farmi credere che la mia famiglia era stata portata in un altro
ospedale ma io, purtroppo, avevo assistito alla loro morte in diretta.
Quando tornai a Firenze fui accolto dalla mia zia materna e dagli amici
più cari.
Da tutta questa storia non ho percepito nulla e non ho avuto nessuna
agevolazione nella vita. Mi hanno fatto fare persino il servizio
militare!
In tutti questi anni ho vissuto, credo, una vita normale cercando di
non farmi prendere da paure o da pensieri malsani. Ma non è stato
facile. Gianni
Bagolini
Alis
Agostini, naufraga della nave Heleanna
L'ho fatto: ho guardato da prua il mare, ho
annusato l'aria e finalmente ho dormito cullata dal motore del
traghetto. Agosto 2009 - agosto 1971.... Viaggio della memoria. Ancona
Creta e ritorno.
Un viaggio che mi cambiò tanto e non solo per quello che successe ma
per quello che vidi.
Tornavo a casa dopo una vacanza trascorsa con una famiglia di amici,
Manuela era una mia compagna di scuola, nazionale di sci alpino, il suo
papà, amico del mio, molto volentieri acconsentì che io andassi con
loro in vacanza a Creta a Vai, in tenda, allora l'attuale spiaggia
turistica era una meta incantata di viaggiatori incalliti. La vacanza
era finita e trovammo un imbarco per il ritorno sull'Heleanna. Noi 3
ragazzi grandi Manuela , Davide ed io (avevo allora 14 anni, alla fine
della terza media pronta ad affrontare il ginnasio con gli occhi colmi
di tutte le vestigia minoiche viste a Creta) ci sistemammo a prua per
passare la notte nei nostri sacchi a pelo. Ci svegliammo appena prima
dell'alba ed era ancora buio al suono di una campanella e ci accorgemmo
che sul ponte di comando c'era trambusto, per un attimo ci illudemmo
che ci fossero i delfini, il mare era molto agitato ma nel chiarore
dell'alba scorgemmo la terra: l'Italia! Non fu la sola cosa che
vedemmo: c'era del fumo che usciva da una fiancata. Andammo a chiamare
il resto della famiglia che dormiva in cabina (mamma, papà e due
fratellini più piccoli, Francesca e Bati), qualcuno nel salone della
nave era già in piedi e come noi si chiedeva cosa stesse succedendo.
Quando tornammo tutti a prua la voce del capitano dagli altoparlanti
invitò tutti alla calma e rassicurò i passeggeri circa il controllo
della situazione. Il panico incominciava a serpeggiare,il fuoco
aumentava ma il nostro riferimento, la nostra guida, quell'incredibile
grande uomo che è il papà di Manuela iniziò a cercare i salvagenti per
tutti facendo saltare i lucchetti dei cassoni e raccogliendo grosse
cime che poi con altri calava lungo il fianco della nave. Ci teneva
tranquilli dicendoci di non preoccuparci e ci intimava di stare a prua
e non cercare di salire sulle scialuppe che nel frattempo erano prese
d'assalto e non riuscivano ad essere calate in acqua perché le
carrucole erano bloccate. Il mare era tempestoso, la terra non si
vedeva più, probabilmente quel galantuomo del capitano- che vedemmo
abbandonare la nave con altri ufficiali su una delle poche scialuppe
funzionali- aveva pensato bene d'uscire dalle acque territoriali. Il
fuoco aumentava, il nostro capo ci disse che nel caso ci fosse stato
uno scoppio non avremmo dovuto temere: la nave si sarebbe inclinata su
un fianco e noi allora avremmo iniziato a calarci lungo le funi .Così
avvenne; Manuela cantava Battisti e mi disse che aveva saputo che '
Pensieri e Parole' era ancora in testa alle classifiche e con questa
bella notizia incominciammo a calarci; ad un tratto qualcuno mi cadde
in testa ed allora mi lasciai cadere, la prima sensazione quando toccai
l'acqua fu di benessere, era calda... Le onde altissime come case mi
portarono via dai miei amici e incominciai a nuotare cercando di
aiutare tre signore piuttosto spaventate. Intorno c'era l'inferno.
L'ultimo sguardo che detti all'Heleanna mi mostrò la scena di una
scialuppa carica calata a metà a cui si tranciava una fune e che andava
a sbattere contro la fiancata del traghetto.
Le barche in acqua e qualsiasi cosa galleggiante erano prese d'assalto,
chi era a bordo cercava di allontanare coloro che cercavano di
aggrapparsi, rinunciai a salire su una barca di salvataggio di una
petroliera, avevo paura che mi dessero colpi di remi sulle mani: avevo
visto che lo facevano per evitare il rovesciamento. Non mi girai più a
guardare l'Heleanna che bruciava, avevo paura che affondasse provocando
un grange gorgo. La mia salvezza dopo circa due ore di mare fu un
peschereccio con un ragazzo bruno che si gettava in mare per salvare
noi disperati.
Fui salvata, issata a bordo e poco dopo capitolai e incominciai a stare
male, Mi portarono in coperta dove era il motore. Il meraviglioso
ragazzo scendeva ogni tanto per vedere come stessi. Per quanti anni ho
pensato di poterlo rintracciare, per ringraziarlo, per abbracciarlo,
eroico ragazzo pescatore di vite umane di Monopoli. Arrivammo in porto
a Monopoli e da lì un pullman ci portò a Bari in un albergo. La prima
sera dormii con due signorine e ricordo molto poco, il giorno
successivo uscii e vagai per Bari da sola, in mezzo alla gente che
presa da compassione voleva regalarmi vestiti e scarpe. Ero sicuramente
sotto choc e con vistose ferite alle gambe che erano state medicate
sommariamente, fui riportata in albergo da un'anima pia. Trascorsi la
notte successiva in camera con un ragazzo di 12 anni che nel naufragio
mi disse di aver perso i genitori. Il giorno seguente i miei amici mi
raggiunsero , erano stati portati a Brindisi e mi avevano cercata per 2
giorni negli obitori e negli ospedali della costa pugliese. Tornammo a
casa in treno, tornai a Mandello del Lario (Lecco) dove la mia famiglia
mi aspettava. Non parlai per molti anni di questa esperienza e poi
diventò passato.
Nell'agosto 2009 ho rifatto il viaggio. Al ritorno al mattino verso le
6 vicino alla costa pugliese sono uscita dalla cabina e sono andata sul
ponte. Ero sola: per un attimo il mare mi è parso punteggiato di
salvagenti arancioni. Alis
Agostini
Grazie
alla testimonianza pubblicata su questo sito, la sig.ra Agostini ha
potuto conoscere ed incontrare il suo soccorritore, il pescatore
monopolitano Mario Civetta. Entrambi sono stati ospiti del
programma di Rai 1, La Vita in Diretta il 7 ottobre 2011.