La
volontà di istituire una parrocchia nella
contrada Casale della città di Brindisi
è da attribuire all'arcivescovo Tommaso
Valeri che, il 4 dicembre 1933, ne decise l'istituzione.
I lavori per la costruzione della chiesa tarderanno
tuttavia ad avviarsi; affidata la parrocchia ai
frati cappuccini il 1949, essi avranno inizio
con il parrocato di padre Terenzio da Campi Salentina
per concludersi con quello di padre Andrea da
Ceglie Messapica. La chiesa fu realizzata dall'impresa
Fabris su progetto dell'architetto leccese Cino
Giuseppe Mazzotta (1896 - 1978), in Brindisi autore
del palazzo Rolandi nel 1934, di quello Miano
nel 1937 e del cinema teatro "Ugo Di Giulio"
nel 1958. Nel 1952 fu completato il salone parrocchiale,
precariamente adibito al culto. Negli anni 1956/58
fu costruita la chiesa, benedetta il 22 giugno
del 1958 allorché ne fu consacrato l'altare
maggiore, con l'incoronazione dell'immagine di
Maria Santissima "Ave Maris Stella
e sovrana di questa parrocchia", da parte
dell'arcivescovo Nicola Margiotta.(1953-75). La
statua della Madonna inizialmente collocata al
centro dell'abside, sostenuta da una mensola a
circa 5 metri d'altezza dal pavimento, è
attualmente situata nella nicchia della cappella
laterale, a destra dell'Arco Maggiore. Al centro
dell'abside è stato posto un crocifisso
ligneo donato dalla famiglia Farina Valaori nel
1967.
Cino Giuseppe Mazzotta si era diplomato nel 1925
nella Scuola Superiore di Architettura
di Roma; suo ispiratore e punto di riferimento
fu il francese Auguste Perret. Lo stile del Mazzotta
si esplica nel creare, col cemento armato, una
struttura semplice ed essenziale omettendo o limitando
cornici e ornati solo per delineare piani e volumi.
Sia la facciata che tutte le pareti/telaio della
chiesa sono in cemento armato rivestito di pietra
di Carovigno, mentre i restanti muri, non portanti,
sono in tufo carparo. Stesso modo di procedere
del Perret che sovente si avvaleva di questo rivestimento
protettivo. La medesima essenzialità si
ritrova all'interno della chiesa; la navata è
costituita da semplici telai in calcestruzzo armato,
a padiglione con incastro al piede, ottenuto con
plinti e sottoplinti. I puntoni dei telai sono
collegati da solai. I telai sono collegati da
travi rompitratta. Le murature sono a doppia fodera.
Nel suo stile, quindi, traspaiono sempre riferimenti
a modelli della tradizione italiana, soprattutto
rinascimentale, facendo interagire fra loro modernità
e tradizione. Nel caso di Ave Maris Stella
il riferimento è al modello della chiesa
post-tridentina, ispirata all'opera di Jacopo
Barozzi. Come il Mazzotta scrive nella relazione
allegata al progetto, il suolo, avendo a Nord/Est
angolo "sensibilmente ottuso", ha fatto
sì che la chiesa fosse realizzata arretrata
rispetto all'allineamento di viale Duca degli
Abruzzi, lasciando innanzi la costruzione ampio
spazio da adibire alla sosta dei fedeli o all'accoglienza
di celebrazioni religiose all'aperto. Il fabbricato,
così concepito, vuole porsi in relazione
col Monumento al Marinaio d'Italia; il
Mazzotta instaura un collegamento, una sorta di
dialogo a distanza, con l'uso di materiali quali
il tufo di carparo e la pietra di Trani, col dimensionamento
del sacro edificio e con la struttura in cemento
armato. La Pontificia Commissione Centrale
d'Arte Sacra avrebbe voluto dare maggiore
profondità alla chiesa, ma si poté
solo ampliarsi in larghezza, fino a raggiungere
i 13 metri. La stessa Commissione ritenne
opportuno restringere il settore destinato al
campanile; qui deliberò di sostituire le
finestre in un primo momento inserite nel progetto
con strette aperture sul lato ovest, lasciando
che la luce pervenisse solo dalle rampe d'accesso
alla cella campanaria. Il piano delle fondamenta
del campanile è parzialmente in calcestruzzo
armato, lo stesso i pilastri. Anche le scale sono
in cemento armato. Il basamento è in pietra
di Carovigno; fino al piano della cella campanaria,
la muratura è in carparo. La stessa cella
è costituita da pilastri in pietra e la
copertura è formata in blocchi a punta.
Per
quanto riguarda l'ampiezza interna della chiesa,
sfruttando l'area disponibile, è stata
realizzata un'unica navata che offre ai fedeli
il massimo della visibilità grazie anche
al rialzo del presbiterio. Gli altari minori sono
ai lati dell'arco trionfale; nei piedritti dello
stesso sono stati costruiti gli amboni, mentre
i confessionali sono stati realizzati nello spessore
dei muri laterali. Sei semplici telai a padiglione,
fra loro collegati da travi rompitratta, con incastro
al piede di calcestruzzo armato, costituiscono
la navata.. Le murature sono in tufo a doppia
fodera con intercapedine e determinano, chiudendoli,
i riquadri. I plinti e sottoplinti che sono stati
utilizzati per ottenere l'incastro al piede sono
di dimensioni notevoli, in quanto il suolo era
di natura argillosa arenosa asciutta. Allo stesso
terreno, afferma sempre il Mazzotta, era stata
assegnata una resistenza di 1,60 kg /cmq. Nel
progetto fu prevista la realizzazione della facciata
in carparo, arenaria color giallo rossiccio,
da innalzarsi su una base di calcestruzzo e murature
di pietrame calcareo. Previsto anche l'uso della
pietra di Carovigno, calcare tenero bianco avorio,
quale contorno alla facciata. Di questa stessa
pietra saranno rosone e timpano In carparo
è l'arco trionfale, in tufo il muro di
fondo della stessa navata. Nel progetto era previsto,
ed è poi stato realizzato, un mosaico nel
rosone di facciata, raffigurante la Vergine
circondata da un coro angelico scolpito nella
pietra. Relativamente all'illuminazione, avendo
il corpo della chiesa da un lato il campanile
e dall'altro il fabbricato del ritiro dei cappuccini
che in un certo senso non consentivano di creare
finestre egualmente disposte da ambi i lati, si
è scelto di attingere la luce dall'alto,
disponendo i lucernari lungo le falde del tetto.
L'utilizzo di vetrate istoriate era finalizzato
ad attutire la diffusione della luce, altrimenti
eccessiva, e ad avere effetto decorativo. Ciò
che era previsto nel progetto fu ridimensionato
in base al finanziamento a disposizione, perciò
si decise di utilizzare vetro retinato, in qualsiasi
momento sostituibile. Il Mazzotta nella sua relazione
precisa che la scelta dell'illuminazione proveniente
dall'alto era dovuta anche alla volontà
di predisporre i fedeli al raccoglimento, laddove
una luce laterale avrebbe portato alla distrazione
perché più forte e diretta. Meglio
quindi utilizzare la luce per illuminare in modo
diretto solo eventuali pitture od opere d'arte.
Differente è la scelta dell'illuminazione
per il presbiterio; qui era necessario che la
luce giungesse lateralmente per agevolare il celebrante
nella lettura. Il portico esterno è costituito
da pilastri di pietra di Carovigno a sostegno
delle arcate. La gradinata antistante l'ingresso
è in massello di pietra di Trani che è
un calcare duro. La porta d'ingresso della chiesa
è stata progettata in larice, a telaio
e specchiature, mentre in ferro sono le finestre
del presbiterio e dei lucernari. Sotto il presbiterio
della chiesa, in un vano seminterrato, è
stata creata una cripta dedicata a San Francesco.
L'elemento preponderante nella scelta dei materiali
di costruzione è la pietra naturale, in
particolare la pietra locale, pietra leccese e
carparo, che rendono caldo e armonico l'ambiente.
L'altare rettangolare di pietra
naturale è fisso, sostenuto da tre semicolonne.
Frontalmente è decorato da una modanatura
orizzontale a tre tori, che richiama la simbologia
della Trinità. La parete retrostante l'altare
è stata tinta color ocra dorato, per dare
maggiore risalto allo stesso. Nella parte centrale
della parete è stata posta l'icona del
crocifisso, che è una copia più
piccola di quella che si trova nella chiesetta
di San Damiano ad Assisi. Sul retro della parete,
che è a forma d'omega, vi è un ripiano
su cui riporre gli oggetti per le funzioni religiose.
Nei primi mesi del 1997 sono stati eseguiti alcuni
lavori: incassata nella parete a destra dell'altare
è stata collocata la custodia eucaristica
in pietra leccese, con l'immagine della Madonna
che accoglie il Corpo di Cristo. Al centro
è il Tau, segno francescano, ripetuto,
sempre in carparo, alle spalle della Vergine.
Gli elementi in pietra sono stati forniti e realizzati
dalla ditta Pietrarredo di Nociglia (LE). Il Tabernacolo
è stato realizzato da Carlo Fracasso, la
scatola metallica da Leonardo Patimo della F.L.A.P.
Sud di Brindisi. Le rifiniture e le decorazioni
pittoriche sono state realizzate da Roberto Sardelli.
A sinistra dell'altare è stato posto il
leggio, formato da una semicolonna ottenuta da
un unico blocco di pietra. Il progettista ha scolpito
egli stesso il ponte della colonna con un bassorilievo
che raffigura San Francesco che parla agli
animali e attira attorno a sé gli uomini.
Alle spalle del leggio è stato raffigurato
il libro del Vangelo che rappresenta il Verbo.
Esso è presentato ai fedeli da Santa Chiara
e San Francesco. Prima dei lavori del 1997, ai
lati dell'altare, erano collocate due statue in
cartapesta raffiguranti un Angelo con un candelabro.
Dopo i lavori una di esse è stata posta
all'ingresso della cripta, come per accogliere
i fedeli, l'altra tra i pilastri che delimitano
l'aula per l'assemblea. La statua poggia su un
basamento rivestito in pietra di Apricena. Nel
corridoio d'ingresso sono immagini raffiguranti
la Vita di san Francesco che guidano quasi
alla statua del santo, realizzata dallo scultore
brindisino Maurizio D'Addario.
Nel
1995 fu presentato agli uffici comunali il progetto
di ristrutturazione della chiesa, redatto dall'ingegner
Pasquale Fischetto.
Riguardava principalmente il sistema d'illuminazione,
che dal Mazzotta era stato previsto con lastre
di vetrocemento poste al soffitto. Nel tempo si
erano evidenziati problemi d'incolumità
e pericoli per la struttura stessa, perciò
si aprirono due finestre su ciascuno dei muri
laterali, a circa otto metri dal pavimento. Si
tratta di vetrate artistiche, realizzate da Luciana
Bruno, di Brindisi, a tema religioso, ispirate
al Cantico delle creature. I materiali
usati sono stati il vetro, il rame, lo stagno
e il piombo. Effetti e giochi di luce e colori
hanno fatto prendere vita ai materiali stessi.
L'idea delle vetrate nasce da profonde esperienze
personali dell'autrice, da un periodo di sofferenza
personale, da cui fa scaturire un'opera artistica
ricca d'amore che unisce dolore e arte. La tecnica
è quella del mosaico, ottenuta mettendo
insieme tasselli di vetro su di una superficie
secondo un disegno prestabilito. Le tessere sono
tagliate a mano; nel caso delle vetrate in questione
Luciana Bruno ha bordato i pezzi con nastro di
rame e li ha uniti tra loro con saldatura di stagno
e piombo, in percentuale uguale. Sono stati utilizzati
vetri opalini, smerigliati, vetri cattedrale,
iridescenti, specchi, fractures, stringers,
polveri di vetro, murrine, graniglie, cristalli
austriaci, vetri DESAG ossia vetro soffiato a
bocca contenente piccole bolle d'aria. Alcune
parti di vetro sono state pitturate e decorate
in seguito con nastro di piombo, con successiva
stagnatura e patinatura. I vetri trattati con
la tecnica della sabbiatura ottengono finiture
magnifiche come ricettori di sole. I colori delle
vetrate sono stati utilizzati per gli interni
della chiesa, ovviamente in toni smorzati: ogni
colore ha un significato: il giallo di fondo come
simbolo d'unione tra grazia e gloria, il celeste
come il mantello della Madonna che dà protezione
e diffonde serenità, il bianco perché
è il colore dello Spirito Santo, e il rosa
per i lati della chiesa dove siede l'assemblea,
come simbolo dell'uomo rigenerato che riceve la
parola di Dio. I lavori di ristrutturazione della
chiesa, eseguiti dalla ditta Edilbrin Sud di Brindisi,
sono iniziati il 15 luglio 1997 e sono stati interrotti
il 20 agosto per permettere la realizzazione delle
vetrate. Queste sono state costruite nelle quattro
aperture laterali ricavate nei riquadri delimitati
dal telaio della struttura portante, e misurano
ognuna metri 2,80 per metri 4,20 d'altezza. Le
vetrate sono state montate nel luglio del 1998,
sigillate tra due vetri di sicurezza dello spessore
di 6 mm ognuno realizzati dalla vetreria Deserto
di Latiano (BR) e poste nel telaio dell'infisso
che, già l'anno precedente, era stato all'uopo
predisposto. Ogni vetrata è stata suddivisa
in nove parti, prestando attenzione a seguire
un taglio che incidesse il meno possibile sul
disegno generale, lasciando l'ampiezza maggiore
al vetro centrale, di metri 1,80 per 1,80, dove
includere il rosone, la parte principale del disegno.
La parte centrale d'ogni vetrata pesa oltre 120
chili ed è stata sollevata a circa 10 metri
d'altezza. Imponenti le impalcature, che hanno
raggiunto anche i 16 metri d'altezza. L'intervento
è avvenuto sulle zone deteriorate della
struttura, comprese le superfici che interessavano
i lucernari, ripristinando il calcestruzzo in
cattive condizioni. È stata pulita tutta
la superficie muraria per un'estensione di 1900
metri quadrati, esclusa l'abside. La stessa, con
struttura a vista in carparo, è
stata pulita con un trattamento a mano, sigillando
i giunti delle pietre di tufo e utilizzando come
protezione per la conservazione del muro nel tempo
un'impregnante trasparente antispolvero. È
stato effettuato l'adeguamento dell'impianto elettrico,
con la sostituzione dei fili deteriorati ed inserendo
i nuovi in apposite canaline d'isolamento. Sono
state create anche nuove tracce per la sistemazione
dei collegamenti per il comando dei motorini d'apertura
dei nuovi infissi. Gli stessi sono stati realizzati
in ferro zincato a caldo dalla ditta Metalfer
di Brindisi. Gli infissi sono stati posti a metà
dello spessore della muratura per realizzare un
doppio davanzale che raccoglie il ristagno d'acqua
da condensa o infiltrazioni e la convoglia all'esterno
attraverso un piccolo tubo.
Bibliografia.
- Il ritorno a Brindisi dei Frati Cappuccini e
la costruzione della chiesa Ave Maris Stella.
Lo sviluppo del rione Casale e l'istituzione della
sua parrocchia. Mostra documentario fotografica.
40° anniversario dell'inaugurazione della
chiesa, Brindisi: Archivio di Stato e Parrocchia
Ave Maris Stella dei frati minori cappuccini,
1999.
- Cino Giuseppe Mazzotta (1896-1978). Vita e Opere,
a cura di M. MAZZOTTA, Novoli: Biblitheca Minima,
1999.
Testo di Gianfranco
Arsenio
Foto Studio Fotografico Damiano
Tasco - Brindisi
Non è consentito
l'utilizzo non autorizzato delle immagini e dei
testi.
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