Nel
centro storico di Brindisi, percorrendo via San
Benedetto, posta in una strada laterale nascosta
nell'anonimato della sua struttura muraria, s'incontra
la chiesa di Sant'Anna, sede, dall'8
settembre 2014, del Centro studi per la storia
dell'arcidiocesi di Brindisi - Ostuni. Di particolare
rilevanza, date le modifiche seriormente intervenute,
è la descrizione che nel 1876 ne fece parroco:
"Detta chiesa è dell'estensione di
mq 96, a muratura semplice, a tetto e nulla presenta
di rimarchevole. Dei due altari che in essa si
vedono, uno è addossato al muro di settentrione
a fianco alla porta piccola, eretto colla chiesa,
e dedicato a Sant'Anna. Su questo altare
era situato un quadro di ordinario pennello rappresentante
Sant'Anna colla Santissima Vergine e San Giovacchino.
Nel 1864 per cura di un sacerdote novello che
gratuitamente volle fare da vice parroco per aver
motivo di esercitarsi nel suo ministero sacerdotale,
fu demolito l'antico altare ed eretto l'attuale
con materiale dell'antico altare maggiore della
chiesa di Santa Maria degli Angeli. Fu
allora che tolto il quadro anzidetto si praticò
al medesimo sito una nicchia col permesso del
Reverendissimo Arcivescovo Monsignor D. Raffaele
Ferrigno si collocarono in detta nicchia pulite
e rinnovate nei colori le belle ed antiche statue
a carta pesta e a mezzo busto di Sant'Anna
che tiene seduta in ginocchio la Santissima Vergine
e di San Giovacchino: statue che fino ad
allora erano state esposte alla polvere su i lati
dell'altare nella cappella di San Michele Arcangelo
nella Cattedrale.
L'altro altare è quasi addossato al muro
di levante dirimpetto alla porta maggiore. Questo
altare un tempo era situato a quasi due terzi
della lunghezza della chiesa partendo dalla porta
maggiore.
Due porte laterali con imposte a mezzo gelosie
mettevano all'altro terzo della chiesa usato allora
come sagrestia
A fianco dell'attuale altare
maggiore (dedicato alla Madonna del Buon Consiglio,
e su cui ora è situato l'antico quadro
di Sant'Anna) havvi una porta che mette
all'attuale sagrestia dell'estensione di mq 16,40,
costruita per cura del Reverendissimo Monsignor
don Diego Planeta
Dalla sagrestia per una
scaletta si sale al primo campanile, a cui sono
appese due campane, una dell'altezza di m 0,55
e del diametro di m 0,54 colata nel 1608 ed appesa
al campanile della rovinata chiesa di San Giovanni
al Sepolcro, donde nel 1831 si trasportò
ed appesa a quello di Sant'Anna. L'altra
è dell'altezza di m 0,30. Dalla stessa
sagrestia per una porta munita d'imposta si esce
al giardinetto di agrumi di mq 104,40 confinante
per ponente colla sagrestia e colla metà
del muro orientale della chiesa".
Riferimenti continui e attendibili
per la chiesa si hanno a partire dal 1565 allorché
risulta legato alla chiesa l'omonimo beneficio
di jure patronato dell'ostunese famiglia
Lazzari. Nel 1661 si rendono necessari lavori
di ristrutturazione che dovettero essere d'ampia
portata se consentirono all'arcivescovo Andrea
Maddalena d'ubicare qui, nel 1726, la sede di
una delle nuove parrocchie vicariali. Nel 1866
de jure e nel 1877 di fatto, la sede parrocchiale,
pur conservando l'antico titolo, fu trasferita
in San Benedetto, non più legata al monastero
omonimo perché soppresso. Il 2 maggio 1938
la chiesa venne chiusa al culto. Attualmente ospita
un oratorio ed è sede dell'associazione
Cavalieri dell'Ordine di Malta.
Nella parte superiore del portale d'ingresso è
presente un architrave marmoreo, databile tra
la fine dell'XI sec. e l'inizio del XII sec.,
proveniente verosimilmente dalla vicina chiesa
di San Benedetto. La decorazione dell'intradosso
è simile a quella, originale, della monofora
posta sulla fiancata destra di San Benedetto
e a quella del frammento di archivolto conservato
nel Museo Provinciale e che proviene dalla stessa
chiesa.
Il lato esterno è decorato da pigne e palmette;
l'intradosso da una serie di formelle quadrate
composte da nastri intrecciati e includenti rosette.
Gli affreschi presenti nella
chiesa di Sant'Anna, indicativamente attribuiti
a Giovanni da Taranto, pittore operoso anche a
Napoli, la cui presenza in Puglia risulta da un
documento del 1304, rendono, in modo ancor più
evidente che negli altri in Santa Lucia, l'abbandono
dell'estetica platonizzante; il nuovo riferimento
in qualche modo esplicitato dalla rappresentazione
di San Domenico che rimanda senza ambiguità
alla precedente iconografia italiana, è
tomistico. Solo apparenti sono i rapporti fra
le immagini della Vergine qui osservabili e le
altre già considerate. La prima, sulla
parete meridionale, introduce anzi un nuovo modello
cultuale, quello della Madonna del Latte che congrui
sviluppi avrà in seguito in Brindisi. È
essa inserita in un arco tribolato, poggiante
su esilissime colonne, secondo uno schema che
rende possibili i proposti raffronti con il ciclo
della Santa Maria di Sannicandro Garganico.
La Madonna è in trono e regge col braccio
sinistro il Bambino che allatta. L'affresco pone
Sant'Anna come uno dei vertici di un triangolo
devozionale legato alle problematiche del parto
e della sopravvivenza del neonato nei primi mesi
di vita, che si definiva in Santa Maria della
Neve e in Santa Margherita.
A Sant'Anna ci si doveva recare
quaranta giorni dopo il parto. Innanzi Santa Maria
della Neve era un pozzo, il cui utilizzo sacrale
continuò anche dopo la distruzione della
chiesa, sull'orlo del quale sedevano le donne
che temevano la perdita del latte; qui dovevano
mangiare sette fette di pane inframezzando il
pasto con la recita dell' Ave Maria. Santa
Margherita era invocata dalle partorienti; nove
tocchi di campana in Latiano scandivano le richieste
alla vergine antiochena. Le Storie di Santa
Margherita sono del resto rappresentate negli
affreschi di Sant'Anna e lo erano in quelli della
Santissima Trinità.
La Madonna in Trono rappresentata sulla
parete settentrionale rientra in una tipologia
ben nota; affresco di analogo soggetto è
nella chiesa di Santa Lucia. Il raffronto, tuttavia,
si ferma qui anche a voler solo considerare il
dato dei colori che non possono più porsi
in rapporto con l'antica loro simbologia. Proponibile
fare il rimando, in questo caso, alla Kyriotissa
della chiesa in grotta della Madonna della Croce
di Matera che potrebbe avere offerto il modello
qui ripetuto.
Committenti ed esecutori, a questo punto, possono
considerarsi slegati da una tradizione di cui
tendono a ripetere forme che, per non essere ormai
comprese, vengono gradualmente trasformate e reinterpretate.
Va quindi considerata attendibile, ripensando
anche il dato di riferimento offerto dalla Madonna
del Latte il cui culto è in espansione
nel XIV secolo, la possibilità di una conseguente
datazione del ciclo. Va qui sottolineato come
la preparazione degli affreschi, priva di polvere
di marmo e ghiaia, sia povera; mancano sinopia
e bulinatura per cui si tratta di realizzazioni
in certo senso estemporanee risultando in sostanza
assente una preparazione globale del lavoro. Un
ritocco piuttosto consistente è stato eseguito
sul San Michele, sul San Simeone,
sulla Madonna in Trono e sulle Storie
di Santa Margherita. Gli affreschi, partiti
da fasce di cinabro, presentano uno strato di
ammannitura di ocra gialla.
Il completo restauro degli affreschi,
completato il 2012, ha documentato come in origine
la chiesa avesse copertura a capanna; ha esso
reso, in alto a sinistra sulla controfacciata,
una proposizione dell'Albero della vita,
tema presente in Brindisi anche in Santa Maria
del Casale e San Paolo Eremita.
Bibliografia
G. CARITO, Brindisi. Nuova guida, Brindisi: ed.
Prima, 1993-4.
G. CARITO - S. BARONE, Brindisi cristiana dalle
origini ai Normanni, Brindisi: ed. Amici della
biblioteca Annibale De Leo", 1981.
G. CARITO, Alle origini dell'iconografia mariana,
in Virgo beatissima. Interpretazioni mariane a
Brindisi, a cura di M. GUASTELLA, Brindisi: ed.
Alfeo, 1990, pp. 49-81.
M. GUGLIELMI, Gli affreschi del XIII e XIV secolo
nelle chiese del centro storico di Brindisi, Brindisi:
Lions Club, 1990.
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Architrave
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San Domenico
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San Simeone
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Foto di Paola
Cervellera
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