Il
santuario e basilica sotto il titolo della Vergine
Santissima del Carmelo, nella sua prima
proposizione, potrebbe identificarsi come precedenza
cultuale micaelica. La venerazione per l'arcangelo,
com'è noto, ebbe in Italia meridionale
quali vettori i longobardi che, muovendo da Benevento,
nel 674, sotto la guida di Romualdo I (663-87)
conquistarono e distrussero Brindisi rendendo
a Oria il ruolo di nuovo centro direzionale della
fascia istmica. Contestualmente si ha, generalmente
in connessione a insediamenti militari, una disseminazione
di chiese sotto il titolo dell'arcangelo Michele.
Nel caso di Mesagne si ha un rimando al prototipo,
la grotta-santuario di San Michele sul monte Gargano,
di grande immediatezza. In connessione con le
date in cui la chiesa ricorda l'arcangelo, 8 maggio
e 29 settembre, si svilupparono in Mesagne due
tra le fiere più note del brindisino.
La chiesa attuale fu compiuta il 1305 allorché
il costante incremento demografico determina una
rinnovata e nuova presenza dell'uomo sul territorio;
il bisogno di nuove aree da destinare a coltura
determina la scoperta o riscoperta di centri cultuali,
come il Sant'Angelo di Mesagne, quale funzionale
risposta ai casali abbandonati per effetto dell'inurbamento
delle plebi rurali.
Il nuovo complesso micaelico, di regio patronato,
cadde rapidamente in degrado in conseguenza del
ritiro progressivo dalle aree extramurali per
il forte calo demografico caratterizzante la seconda
metà del XIV secolo e buona parte del XV,
accompagnato da una forte recessione economica.
Ai primi del XVI secolo, ossia in un periodo nuovamente
caratterizzato da crescita demografica, la collettività
riscopre nuovamente il Sant'Angelo ripensandolo
come complemento ideale a una residenza carmelitana.
Il 6 agosto 1520 l'università di Mesagne
si esprimeva per la concessione della chiesa di
Sant'Angelo, di regio patronato, "antica
discoperta et che omne di va in rovina" ai
padri carmelitani; l'8 gennaio 1521, Raimondo
di Cordona, viceré di Napoli, esprimeva
il proprio assenso alla detta concessione che
poteva così, il successivo 24 aprile, essere
formalizzata. Il cardinal Girolamo Aleandro, arcivescovo
di Brindisi (1524-42), esprimeva il proprio assenso
il 22 marzo 1531 indicando quale "prior constitus"
della chiesa il frate Nicola Pescia che Diego
Ferdinando e Cataldo Antonio Mannarino indicano
come ricostruttore del complesso. La presenza
carmelita indusse notevoli variazioni: la costruzione
del convento, disposto su due livelli, caratterizzato
dal chiostro colonnato su cui insistevano le varie
officine: cucina, dispensa, depositi, stalle,
refettorio, si protrasse sin oltre il 1684. Mutamenti
si ebbero nella disposizione degli spazi interni
della chiesa in relazione alle prescrizioni imposte
dal concilio tridentino. Alle teorie di santi
affrescati sulle pareti si sostituirono allora
gli altari celebranti le glorie di santi che potevano
proporsi come imitabili modelli di vita.
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Francesco
Palvisino
Icona della Madonna del Carmine |
Affresco
di età angioina |
La presenza carmelitana ha, nel
corso del XIX secolo, due soluzioni di continuità:
la prima è conseguente alla generale soppressione
degli ordini religiosi verificatasi nel decennio
francese. Il convento, riaperto nel 1832 quale
grancia dipendente dalla sede carmelitana di Ostuni,
dal 1842 nuovamente autonomo, veniva nuovamente
soppresso nel 1866. Nel 1868 il complesso è
ceduto dal Fondo Culto alla civica amministrazione;
nel 1903, a iniziativa della municipalità,
i carmelitani riprendono possesso, questa volta
definitivamente, della chiesa.
Qui, nel 1868, per legato di Rosa Pasimeni, si
dava il via ai lavori di costruzione della copertura
a volta tuttavia visibile, nel 1875 alla messa
in opera di una nuova pavimentazione in maiolica
leccese. Nel 1955 il vecchio convento venne demolito
per dar luogo all'attuale; il 1959, abbattutosi
perché pericolante l'originario nel 1945,
s'inaugurò il nuovo campanile; il 1951
veniva trasferita ai carmelitani la proprietà
del complesso; il 1961 la chiesa, per decreto
arcivescovile del 2 febbraio, acquisisce funzione
parrocchiale. Nel 1974-5 il sacro edificio è
interessato da lavori di restauro che rendono
alla collettività visibile memoria dell'ipogeo
di San Michele in cui sono, ben evidenti, tracce
d'affreschi del XIII-XIV secolo. Compiutamente
leggibile è la struttura trecentesca che,
come già rilevato dal Mannarino, presenta,
in particolare sulla fiancata, punti di contatto
con la coeva Santa Maria del Casale di Brindisi;
all'interno, sulla controfacciata e nell'area
del presbiterio, sono tracce d'affreschi verosimilmente
coevi a quelli dell'ipogeo.
Permeato di rimandi gotici il portale, sul cui
architrave è l'agnus Dei, simbolo cristologico
d'ascendenza paleocristiana; si direbbe protragga
ancora modelli romanici quale il portale della
chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo in Lecce
fatta costruire nel 1180 dal normanno Tancredi.
Nel corso di lavori di restauro svoltisi, a cura
della Soprintendenza di Brindisi-Lecce-Taranto,
nel corso del 2006, è stata recuperata,
nella lunetta del portale, la rappresentazione,
in affresco, dell'Arcangelo Michele, attribuibile
al tardo XIV secolo.
Quattrocentesco o, più probabilmente, rinascimentale,
è l'affresco raffigurante la Madonna con
Bambino venuto alla luce durante lavori di restauro
riferiti all'altare di San Giuseppe. L'intervento
post tridentino trova espressione negli altari
che, procedendo dall'ingresso, sulla navata sinistra
sono sotto il titolo di Trasverberazione di Santa
Teresa d'Avila e san Giovanni della Croce, Cristo
in Croce, Vergine del Carmelo, San Michele Arcangelo;
sulla destra della Madonna con Bambino e i santi
Alberto degli Abati, Andrea Corsini e Alberto
di Gerusalemme, Santa Maria Maddalena de' Pazzi,
in cui riposano i resti di sant'Ilario qui traslati
dal monastero di Santa Maria della Luce ove erano
dal 1659 per volontà del cardinal Mario
Albricci, Sacra Famiglia, Sant'Elia.
Il
corredo pittorico ha il suo punto di maggior interesse
nella rinascimentale Madonna del Carmine, opera
di Francesco Palvisino di Putignano, icona segnata
dalla tangenza del miracolo, fulcro della devozione
che, infine, attraverso gli eventi-simbolo della
peste del 1656 e del terremoto del 1743, avrebbe
reso effettivo alla Vergine del Carmelo il ruolo
di protettrice di Mesagne già sancito il
30 aprile 1651. Diego Oronzo Bianco (1683-1767)
è autore della Trasverberazione di Santa
Teresa d'Avila e della Madonna con Bambino e i
santi Alberto degli Abati, Andrea Corsini e Alberto
di Gerusalemme (foto a lato). Tele del
XVII e XVIII secolo, del resto, illustrano episodi
salienti della vita dei santi dedicatari delle
cappelle; la statuaria comprende opere in legno
secentesche, come il Cristo in Croce, già
nel monastero di Santa Maria della Luce, settecentesche
come la Vergine del Carmelo di probabile manifattura
veneta. In cartapesta, opera di Raffaele Caretta
che la eseguì nel 1907, è il bassorilievo
che riconduce san Michele Arcangelo alla consueta
iconografia di derivazione garganica. Nel presbiterio
sono i dipinti realizzati nel 1987 da Onofrio
Bramante: sul registro inferiore La Vergine del
Carmelo consegna lo scapolare a san Simone Stock,
Elia e i falsi profeti, su quello superiore Cristo
risorto, Santa Teresa d'Avila, Sant'Andrea Corsini,
il Beato Tito Brandsma e San Pier Tommaso.
Ogni anno, dal 10 al 20 febbraio, si svolge la
celebrazione del Patrocinio della Vergine del
Carmelo; dal 6 al 14 luglio la novena per la preparazione
alla festa del Carmine; dal 15 al 17 luglio la
Festa della Madonna di Luglio: il 17 la statua
della Madonna viene riportata nella basilica del
Carmine, in processione, dalla Matrice che la
ospita durante la novena.
L'intera struttura adiacente la basilica ospita
periodicamente importanti mostre di pittura, scultura
e grafica, organizzate dal Cenacolo Carmelitano.
Testo
di Elisa Romano
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Prospetto |
Affresco
nella lunetta (ingresso) |
Abside
e
campanile |
Prospetto
laterale e retro |
foto di Giovanni
Membola per l'Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici
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