La chiesa di Santa Maria
degli Angeli, prospettante su piazza Italia
e viale Pola, fu dei frati cappuccini dal 1585,
anno di edificazione del complesso architettonico
poi nel periodo post unitario trasformato per
ospitare le carceri mandamentali, al 1866. Si
trattava di un sito extraurbano concesso dagli
amministratori del tempo ai frati, insediatisi
in Ostuni già fra il 1530 e il 1540. Sotto
il sindacato del patrizio Marco Antonio Aurelio
Petrarolo, nella seconda metà del XVI secolo,
l'amministrazione comunale del tempo deliberava
di concedere la somma di 500 ducati a titolo di
elemosina per dar luogo alla costruzione della
chiesa, del refettorio e del dormitorio dei frati.
I lavori si protrassero dal 1585 fino al 1590
e furono appaltati e diretti da Donato Marseglia,
un abile capomastro ostunese cui sono da attribuire
anche i progetti dei vari corpi di fabbrica del
monumentale complesso. Durante tutto il cinquecento
furono proprio capimastri del luogo a progettare
e a dirigere i grossi cantieri aperti in città,
quali i complessi dei carmelitani, dei francescani
osservanti, delle benedettine.
Il fascicolo 827 relativo ai conti comunali custodito
presso l'archivio di stato di Napoli contiene
le seguenti note relative al convento dei cappuccini
di Ostuni:
Conto del magnifico Ayroldi cassiero della città
di Ostuni dell'anno 1585 et 1586. Alli magnifici
"Bernardino Calmierio Andrea Albricio e Giulio
Petrarolo deputati sopra la fabbrica del convento
dei Padri Cappuccini ducati cento a conto dei
ducati 500 ch'essa città elemosinaliter
ha donato in detta fabbrica mediante Regio Assenso,
mandato e polizza del 5 settembre 1585".
I documenti napoletani confermano dunque quanto
aveva asserito padre Serafino Tamborrino, francescano
ostunese dell'ordine dei riformati che nella sua
opera rimasta manoscritta Rudera Hostunensis
fissava l'anno di fondazione al 1585.
Nel 1588 il cantiere è ancora aperto e
ciò trova conferma in una seconda nota
sempre attinente ai conti comunali:
"Magnifico Stefano Ayroldi cassiere de questa
magnifica città d'Hostuni, per ordine di
noi infrascritti sindaco [Orazio Aliano] et eletti
pagareti alli magnifici Bernardino Calmieri, Andrea
Albirico et Giulio Petrarolo procuratori eletti
sopra la fabbrica delli reverendi frati cappuccini
di questa città ducati trenta correnti
quali se li davano elemosinaliter per la
detta fabbrica a conto delli ducati 500 donatoli
per l'effetto predetto da detta città come
appare per conclusione fatta per essa città
sotto il dì XXI dicembre prossimo passato
1587, stante che ad istanza delli detti reverendi
padri si è occupato Assenso Regio. In Ostuni
il dì 28 marzo1588".
Nel novembre del 1590 i deputati Bernardino Calmieri
e Giulio Petraroli stipulavano una convenzione
con mastro Donato Marseglia perché quest'ultimo
edificasse il dormitorio sopra il refettorio ed
il chiostro. Le celle dei frati furono dunque
le ultime ad essere realizzate per rendere abitabile
il complesso architettonico.
Nei secoli seguenti l'intervento più rilevante
fu conseguente il terremoto del 20 febbraio 1743;
la chiesa pur conservando un'impronta cinquecentesca
rivela i segni delle interpolazioni settecentesche
negli altari, nel coro e nella volta. La chiesa,
di modeste dimensioni e tripartita all'esterno
da lesene che fuoriescono dal fondo piatto mostra
nel campo centrale un portale con cornice lievemente
aggettante, architravato, povero di mondature
e fregi. Possiamo cogliere perfettamente nell'impaginato
dell'edificio l'architettura legata all'ordine
dei frati cappuccini in Puglia.
La facciata, sormontata da timpano, nella sua
elegante semplicità, rispecchia lo stile
dei cappuccini ed è espressione dell'architettura
locale della seconda metà del sec. XVI.
Presenta un portale centrale e una navata laterale,
aggiunta all'epoca della ricostruzione settecentesca,
divisa da una lesena e senza ingresso.
Per accedere all'interno è necessario portarsi
su un ampio sagrato, sollevato dal piano stradale.
Sullo spiazzo antistante il convento, il 19 luglio
1665, si svolse un famoso duello tra don Perticone
Caracciolo, duca di Martina e don Cosimo Acquaviva,
conte di Conversano e duca di Noci, conclusosi
con l'uccisione di quest'ultimo.
La chiesa presenta la cimasa
della facciata sormontata da due acroteri e da
una croce in pietra mentre di lato si scorge l'austero
campanile a vela.
Sul muro laterale del sagrato sono tre statue
in pietra, rappresentanti la Madonna Addolorata,
Maria Maddalena e San Giovanni Evangelista,
un tempo collocate in piazza San Domenico e formanti
il Calvario, unitamente a una croce di ferro voluta
memoria del citato, celebre duello qui avvenuto.
Le tre statue sembrano di buona fattura; si tratta
di blocchi unici di pietra gentile cui l'artista
ha conferito una forte carica emotiva e coinvolgente.
Il campanile a vela è stata restaurato
pochi anni fa; è formato da tre piedritti
archivoltati con arco a tutto sesto con determinazione
di due fornici dove sono state sistemate le campane
bronzee. Al di sopra degli archivolti si trova
la trabeazione con le linee aggettanti del cornicione
e con un sovrastante frontone a volute con oculo
centrale. Alla sommità era un tempo collocata
la croce del campanile, già da tempo andata
in frantumi e recuperata durante i restauri.
L'interno è formato da una navata principale
e da un'altra secondaria, laterale, che serviva
unicamente ai monaci per entrare direttamente
in chiesa dal convento. Anche qui, nell'architettura,
possiamo osservare semplici linee ed arcate, tipiche
dello stile cappuccino, arricchite nel settecento
da elementi barocchi.
Nella prima arcata della navata principale, a
destra, è una nicchia che contiene la statua
lignea di San Giuseppe da Copertino, protettore
degli studenti. Nella seconda arcata è
un altare in pietra, come gli altri risalente
al 1750, con altra nicchia nella quale è
conservata la statua lignea del Cristo Risorto;
nel paliotto dell'altare è rappresentato,
a bassorilievo, San Fedele da Sigmaringen.
Il Cristo Risorto ha questa collocazione,
al centro della navata, per una scelta pastorale
precisa tesa ad accentuare l'aspetto letificante
della Risurrezione. Il Cristo è ritratto
nell'atto di librarsi a volo. Ha slancio, levità,
movimenti forti, solenni, essenziali. Un altro
altare, più semplice del primo, valorizza
la secentesca statua in legno dell'Immacolata
col Bambino che guarda verso l'altar maggiore,
così com'è d'uso in tutte le chiese
cappuccine.
Nel presbiterio, un trittico, con medaglione sulla
cimosa, è messo in risalto dal polialtare
barocco con capitello e colonne tortili, puttini
e capitelli dorati. Al centro è la tela
che raffigura la Madonna degli Angeli e
la Trinità; a sinistra della Vergine,
è raffigurato San Francesco, a destra
San Fedele da Sigmaringen, ai piedi del
quale è un bastone, simbolo del martirio
subito per la sua predicazione contro i protestanti.
La tela a sinistra raffigura San Francesco
d'Assisi, quella a destra Sant'Antonio
da Padova. L'iconografia antoniana esprime
con la raffigurazione del Bimbo sul libro del
Vangelo, diffusa nel meridione soprattutto nella
riproduzione delle statue lignee, l'equivalente
del titolo di Dottore Evangelico che Pio
XII doveva nello scorso secolo attribuire al santo.
Le tele sono attribuibili al frate Angelo da Parabita
in cui sono avvertibili influssi del Solimena
e echi carracceschi.
In una nicchia a destra dell'altare maggiore è
la statua, recente, della Madonna dei Fiori
in legno di Ortisei. Il simulacro viene portato
nelle famiglie, durante il mese di maggio, per
la Peregrinatio Mariae.
Al presbiterio segue il vecchio oratorio dei frati
cui si accede attraverso due ingressi senza porte.
Non è stata ripristinata una terza comunicazione
con questo ambiente in quanto la parete è
stata impegnata dal Tabernacolo. L'oratorio serviva
alla preghiera diretta dai frati.
Nei primi anni dell'Ottocento fu costruita la
cantoria, utile ai terziari cappuccini per la
nuova forma di preghiera indiretta. Questo ambiente
si collega alla chiesa con i due ingressi originali,
l'uno sul presbiterio, l'altro sulla navata secondaria.
Nella prima arcata della navata
laterale è il Trittico, originariamente
collocato sull'altare maggiore: la tela centrale
rappresenta, incorniciata in un medaglione, Santa
Maria degli Angeli, e due santi cappuccini;
la tela a sinistra rappresenta una clarissa, Santa
Veronica Giuliani di Città Castello,
quella a destra il beato Bernardo da Corleone,
un giovane siciliano che, dopo una vita dissoluta,
si convertì, divenne monaco cappuccino
e visse in santità. Qui è rappresentato
con un crocifisso in mano, mentre Gesù
si stacca dalla croce e gli porge un pezzo di
pane intinto nel sangue del costato.
Nell'arcata successiva è la statua di San
Rocco, protettore degli appestati, raffigurato
con una piaga al ginocchio e con un cane che gli
porge un pezzo di pane. In fondo alla navata laterale,
accanto ad un grande crocifisso, è la statua
della Madonna Addolorata che, fino a qualche
tempo fa, veniva portata in processione il giovedì
santo.
Nel vecchio oratorio, alle spalle dell'altare,
si conserva la statua settecentesca della Madonna
della Purificazione, oggetto di venerazione
e di pellegrinaggio popolare il 2 febbraio. Il
simulacro fu realizzato intorno al 1715 allorché
fu fondata l'omonima confraternita per volere
del canonico Marco Antonio Serio con sede nella
non più esistente chiesa di Ognissanti
abbattuta circa il 1870. La confraternita della
Madonna della Purificazione si spostò
nella Chiesa dei Paolotti fino al 1883, per passare
poi nella chiesa dei cappuccini. Qui ebbe sede,
nel 1920, la confraternita della Madonna dei
Fiori con la quale si fuse quella della Madonna
della Purificazione. Il simulacro della Madonna
dei Fiori fece il suo ingresso a Ostuni nell'aprile
del 1895 e fu collocato nella Cattedrale dove
per l'intero mese di maggio si svolsero solenni
e continue celebrazioni.
La confraternita della Madonna dei Fiori,
verrà canonicamente eretta il 3 aprile
1901 e aggregata alla romana congregazione primaria
godendo di tutti i privilegi e le indulgenze della
stessa. Il 14 novembre 1920 la confraternita decise
il trasferimento nella chiesa già dei cappuccini
in cui pure fu trasferita la statua sino ad allora
in Cattedrale. Alla fine dello stesso del 1920
confluirono nella confraternita l'archivio e i
beni di quella della Purificazione.
Alla Madonna dei Fiori venne dedicato l'intero
mese di maggio durante il quale in molte abitazioni
si allestiva un altarino con l'effige della Vergine
adornata di fiori. Qui si riunivano seralmente
parenti ed amici per celebrare insieme lu magge;
in quest'occasione si svolgeva la peregrinatio
Mariae che consisteva nel portare, a turno,
nelle abitazioni in cui si celebrava lu magge,
il simulacro della Madonna. Quella che li Barcaruli,
ossia gli abitanti del Barco, attendevano con
ansia era la grande processione nella quale spiccavano,
generalmente portate da un grande carro addobbato
splendidamente, le fanciulle tutte vestite di
bianco che intonavano i canti tradizionali. Precedevano
il priore, il rettore ed i confratelli. La statua
della Madonna seguiva il carro e, dietro di essa,
l'immancabile banda musicale.
BIBLIOGRAFIA
L. Greco, in "Lo Scudo" 1993, n.5
L. Greco, in "Lo Scudo" 1994, n.4
L. Greco, in "Lo Scudo" 1993, n.3
Testo di Concetta
Saponaro
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Foto:
1: Santa Maria degli Angeli. Esterno
2: Madonna con Bambino con lo sguardo rivolto
verso l'altare
3: Le statue dell'antico Calvario
4: Cristo Risorto
5: Santa Maria degli Angeli. Campanile
6: Santa Maria degli Angeli. Facciata
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