Agli occhi di un viandante,
la Carovigno del XVI secolo doveva apparire simile
a una roccaforte, con poco più di tremila
abitanti difesi dalle possenti fortificazioni
angioine adeguate in età aragonese e vicereale
alle esigenze imposte dall’introduzione
delle armi da fuoco. All’esterno delle mura
non mancavano insediamenti abitativi, concentrati
soprattutto intorno ai nuclei religiosi posti
nelle immediate vicinanze della cittadina.
Fra questi era la chiesa dell’Addolorata
o dell’ospedale titolo questo che può
far riferimento o a un qualche ordine ospitaliero
o a un vero e proprio hospitium o hospitale,
luogo d’ospitalità, da dove appunto
ospedale, per poveri e viandanti. Certo, anche
le cure erano comprese nelle prestazioni fornite,
ma preponderante era la funzione di rifugio per
poveri e soprattutto pellegrini: non a caso i
primi ospedali medievali erano gestiti da enti
religiosi e si trovavano prevalentemente lungo
gli itinerari di pellegrinaggio. Nel nostro caso
occorrerà pensare a un piccolo luogo di
ricovero con sette o otto posti letto. Non sappiamo
se abbia avuto funzione di lazzaretto extra
moenia per evitare i contagi all’interno
della comunità o se possa porsi in connessione
con l’ospedale civico amministrato nel XIX
secolo dalla Deputazione della Pubblica Beneficenza
su cui informa Vincenzo Andriani.
La chiesa, eretta probabilmente dopo il concilio
tridentino, si compone di un’unica navata,
con semplice copertura a botte arricchita da unghie
laterali; si conclude in un’abside rettangolare
che accoglie l’unico altare.
Dedicata alla Madonna Addolorata, la
chiesa ospita una tela di fattura tardo settecentesca
e di autore ignoto che rappresenta un “Compianto
su Cristo morto”, vera catechesi per
immagini sul dolore.
In posizione centrale è la Vergine che,
con gli occhi rivolti in alto, sembra indirizzare
la sua preghiera al Padre Eterno che appare nel
cielo invaso da nuvole; tra le braccia di Maria,
il figlio, disteso, che mostra già sulla
pelle il livore della morte. Accanto sono Maria
Maddalena, san Giovanni Evangelista e tre santi,
non ancora identificati, di cui uno vescovo.
Beni d’interesse storico artistico possono
considerarsi un manichino processionale dell’Addolorata,
riccamente decorato, con capo e mani in legno
e abito in stoffa; una piccola Crocifissione
in legno, elemento catalizzatore della devozione
durante le visite del Giovedì Santo; un
Cristo Morto in legno di pregevole fattura.
La devozione sempre viva è dimostrata dall’aggiunta
di altre opere negli ultimi anni: una tela raffigurante
la “Deposizione dalla croce”
e due busti in cartapesta dedicati ai Santi
Medici Cosimo e Damiano.
Bottega locale, XVIII
secolo, Compianto su Cristo morto, olio
su tela
L’esterno non sembra presentare
i caratteri originari della chiesa, non dissimile,
si direbbe, dalle abitazioni circostanti. Della
fabbrica originaria persiste il campanile a vela
che, coi suoi rintocchi, scandiva la vita dei
campi. Il primo, al mattino, convocava al lavoro,
mentre l’ultimo, all’imbrunire, richiamava
i contadini al calore del focolare.
Testo e foto di Antonia Barillà
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