.:. CHIESE

SANTA MARIA ASSUNTA
Carovigno

La presenza, nel 1325, in Carovigno, di un arciprete e di clerici tenuti a versare alla Curia Romana tareni 6 a titolo di collecta [P. Coco, Collectoria Terrae Ydronti, Taranto 1926, p. 14] è chiaro indizio della presenza di una parrocchiale. Presenze di canonici sono documentate nel 1396 e nel 1440, allorquando il locale arciprete è testimone nella redazione dell’ inventario di quanto nel feudo fosse pertinenza di Maria D'Enghien. Nei capitoli della bagliva di Carovigno, redatti il 21 aprile 1440, vi è esplicito riferimento a una Majore Ecclesia sul cui campanile l'arciprete issava bandiera ricorrendo festività religiose: ciò a ricordare che occorreva fermare ogni attività lavorativa. Si tratta di dati riferibili, con ogni probabilità alla chiesa di Sant’Angelo che doveva allora avere funzione parrocchiale.
Seriore è l’attuale Matrice. L’originaria fabbrica tardo quattrocentesca, o allora ampiamente ridisegnata, fu edificata sull'asse viario che taglia l'abitato, connettendo Porta Brindisi con Porta Nuova; costituisce essa l’attuale vano traverso, appena all’ingresso, definendosi a unica navata con accesso principale rivolto a occidente sovrastato dal rosone in pietra calcarea locale tuttora in sito. Era esso in opposizione al finestrone in maestà all'altare sito nell'abside, in modo da ricevere, durante l'arco della giornata, la maggiore illuminazione solare possibile. Ne costituiscono persistenza il magnifico rosone, un frammento del portale con angelo in rilievo e, probabilmente, il campanile con la sua scala a chiocciola; all’interno è ancora intatta la struttura dell’abside con dieci nicchie, disposte su due ordini, in cui dovevano esserci le statue dei santi così come nell’abside della coeva chiesa di Manduria. Un atto notarile del 6 settembre 1563 informa su primo progetto di ampliamento della struttura.
La presenza di pitture parietali è accertata da un documento comunale del 1823 in cui si rileva che, ricostruendosi la chiesa, si scoprì «in un muro laterale la porta antica, caduta l'intonacatura, un'immagine della Vergine Santissima sotto il titolo del Soccorso fatta, come appare dalla scritta, nel 1578».

Originario titolo della Matrice, oggi dedicata all’Assunta, come si ricava dai cinquecenteschi atti di santa visita, era quello di Sant’Antonio da Padova rappresentato in una secentesca tela della cappella che è nel castello di Serranova; gli episodi salienti della sua vita sono proposti in nove delle dieci nicchie dell’abside originaria attraverso dipinti novecenteschi del sanvitese Enzo Minna (1882-1960). Potrebbero riferirsi al responsorio Si quaeris miracula (a. 1235) una forma di preghiera popolare cristiana tratta dall'ufficio ritmato di Giuliano da Spira (+1250) che la tradizione consiglia in particolare per recuperare le cose perdute o anche per fare trovare marito alle giovani donne. Per tradizione popolare tale preghiera va recitata senza interruzione per tredici volte di seguito, da cui l’espressione tredicina di sant'Antonio.

Si quaeris miracula, Mors, error calamitas, Daemon, lepra fugiunt, Aegri surgunt sani.
R: Cedunt mare, vincula: Membra resque, perditas Petunt et accipiunt Iuvenes et cani.
Pereunt pericula, Cessat et necessitas: Narrent hi, qui sentiunt, Dicant Paduani.
R: Cedunt mare, vincula: Membra resque, perditas Petunt et accipiunt Iuvenes et cani.
Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto.
R: Cedunt mare, vincula: Membra resque, perditas Petunt et accipiunt Iuvenes et cani.

Nella decima nicchia era la secentesca statua in pietra avente a soggetto Cristo abbracciato alla croce ora nello spiazzo antistante l’ingresso del cimitero. Qui sono anche le due altre statue in pietra dei Santi Filippo e Giacomo che collocazione avevano, sempre nella Matrice, in alto, ai lati dell’arco absidale. Il 5 settembre 1609 si provvedé a campana più grande fusa dal messinese Giovanni Maria Cupito; nella seconda metà dello stesso secolo il Capitolo ricevette, secondo 1'Andriani, dal cardinal Girolamo Castaldi, la cui famiglia ebbe Carovigno in feudo dal 1661-65, una reliquia dei santi apostoli Filippo e Giacomo che divennero così protettori del Comune. In questo secolo, il largo su cui prospettava la cittadina Ecclesia Mater, ricoprì il ruolo di principale punto d’incontro della popolazione; in tale funzione sarà dapprima complementare e poi alternativa lo spazio fuori le mura innanzi il complesso dei carmelitani, oggi sede, nell’area già conventuale, della civica amministrazione. La relazione Ad Limina, del 3 giugno del 1750 redatta dal vescovo di Ostuni Francesco Antonio Scoppa (1747-1782), rende un quadro esauriente sulla funzione della parrocchiale, bisognosa di restauri e rifacimenti, inadatta ai bisogni dell’aumentata popolazione.

«Terra Carovinei suam habet Parochialem pervetustam et magna refectione indigentem, nec pro multitudine populi satis capacem. At quoniam nullos habet reditus pro fabrica assignatos, sicut nec aliae Ecclesiae Dioecesis, in visitatione ea tantum Decreta edidi, quae pro aliquali eius instauratione ad praesens sufficere queunt. In ea est Capitulum Sacerdotum Partecipantium, qui in prasentiarum sunt triginta sex, et tenentur celebrare singulis diebus in choro Horas Canonicas et Missam Conventualem pariformiter ac Capitulum Civitatis Hostunensis; ita tamen, ut diebus Dominicis et festis omnes interesse debent; ferialibus autem divisis in tres partes, quarum una intersit in una habdomada, alia in sequenti, et sic deinceps. Choro praesunt uti dignitates Archipresbyter et Cantor, quorum praebendae pertenues sunt. Hujusce Capitoli reditus, qui e variis proveniunt fundis, in universum sunt annui ducati sexcenti circiter partiendi ex aequo inter eosdem Partecipantes Archipresbyter autem ultra suam partem gaudet iuribus et emolumentis Stolae et in defunctorum exequiis duplicato stipendio. Ex dictis reditibus deducenda sunt nonnulla onera, et praeterea Sacerdotibus Partecipantibus incumbit obligatio celebrandi Missas bis mille centum triginta unam (2131) sine cantu; aliasque quadringentas et tres cum cantu intra annum pro variis anniversariis. Ad participationem non admittuntur, nisi Sacerdotes cives; et postquam ad Sacerdotium promoti triennale servitium Ecclesiae et Choro gratis praestiterint»

Il Capitolo di Carovigno, che nel 1822 prese possesso delle regie munificenze a seguito di decreto della Metropolitana di Brindisi dell’8 luglio di quell’anno, era ricettizio. Di conseguenza, come scrive il De Rosa, “A tale clero potevano appartenere solo i nativi del luogo, con la ovvia esclusione dei forestieri. 1 beni della chiesa venivano amministrati in massa comune dalla quale veniva prelevata una quota fissa per l'Arciprete parroco. Successe, però, che con questo sistema il clero a capitolo ricettizio rimase non interessato a far moltiplicare la parrocchie, ma a far accrescere la dote capitolare». Con il real rescritto del 26 aprile 1826 la chiesa matrice di Carovigno da ricettizia innumerata divenne ricettizia numerata; si stabilì allora che dalle rendite capitolari si distraessero cinquecento ducati quali congrua per l’arciprete. Nel periodo post-unitario si avrà l’incameramento dei beni della parrocchia ricettizia e la devoluzione al comune degli stessi.
Circa il 1835 si diede corso, intervenuta la rinuncia alla costruzione di una nuova parrocchiale, a iniziativa della municipalità, a radicali interventi sulla chiesa ampliata e ridisegnata sull’asse nord-sud; l’intrapresa era consequenziale alla maggiore valorizzazione dell’asse viario, in qualità di piazza cittadina. L'addossamento di palazzi su quella che doveva essere la facciata principale è ulteriore testimonianza di questo cambiamento avvenuto nell'assetto urbano. Nel 1836 i lavori erano in corso. Ne riferì al decurionato cittadino il sindaco Gregorio Faraone Azzariti; fu allora fissato il contenuto della lapide ammurata il 1837 su una porta secondaria della chiesa.

D.O.M.
ECCLESIAM HANC CARBINENSEM
DEIPARAE VIRGINI ASSUMPTAE DICATAM
OLIM COLLEGIALI PRAEROGATIVA
IMPRAESENTIARUM INSIGNITAE PAROCHIALIS TITULO
COMUNISQUE DOMINIO GAUDENTEM
IAM SENIO TEMPORUMQUE INIURIA LABEFACTAM
FERDINANDO SECUNDO BORBONIO UTRIUSQUE SICILIAE REGNUM
VERE PATERNO MODERANTE IMPERIO
CARBINAMQUE GREGORIO PHARAONE AZZARITI
HONESTISSUME LAUDATISSUMEQUE ADMINISTRANTE
CARBINATES PIENTISSIMI AERE PUBLICO INSTAURARI
FORMAQUE VENUSTIORI REPURESCERE COERAVIT.
A.D.MDCCCXXXVII

I lavori si protrassero sino alla fine del secolo. Nel 1862 si completava l'altare del Santissimo Sacramento e nel 1875 quello della Madonna di Belvedere, protettrice del paese Nel 1872 fu avanzata richiesta di sussidio alla Prefettura per interventi di restauro. La parte frontale dell'edificio, tuttora incompiuta, fu puntellata da due pilastri rettangolari a latere ingentiliti da capitelli. Su uno di essi è la precisazione:
COSTRUITO COI DONATIVI DELLA MADONNA: 1897.
Sul campanile furono aggiunte due nuove campane: la più piccola fusa da Giuseppe Giustozzi nel 1897, la più grande da Michele Tarantino di Sant’Angelo dei Lombardi nel 1898.
All’interno, sull’altar maggiore, è l’Ultima Cena, restaurata il 1850, attribuita da Vincenzo Andriani a un Franceschini che dovrebbe individuarsi in Marco Antonio (1648-1729). Utili per una migliore comprensione dell’attività di locali botteghe fra XVII e XIX secolo sono le altre tele conservate nella chiesa quali l’ottocentesca Vergine del Purgatorio e le settecentesche Assunta e Vergine del Rosario. Maria del Buon Consiglio di Barnaba Zizzi (1762-1828) ha ai suoi piedi, “come d’uso nei quadri devozionali dei sec. XVII e XVIII, tra cui quello di San Gennaro che è nella chiesa di Mater Domini a Mesagne, quello di Sant’Oronzo che è nel santuario omonimo di Ostuni, e l’altro con scena biblica che è nella chiesa matrice di Ceglie, in cui sono rispettivamente le vedute di Napoli, di Lecce, di Ceglie” la veduta del paese. In modo analogo Barnaba Zizzi aveva proceduto nella rappresentazione che è nella matrice di Cisternino, dei Santi Quirico e Giulitta. Marco Stanisci, pittore ostunese, dipinse la Deposizione di Gesù dalla croce su commissione della famiglia Granafei che ebbe in feudo Carovigno dal 1665 al 1732. Domenico Carella (1721-1813), su commissione di Paolo Ruggiero, dipinse il 1753 Mosè che fa sgorgare l’acqua dalla roccia e il 1771 il Trionfo di Davide. La statuaria comprende una secentesca pitrea rappresentazione di San Giovanni Battista; in legno è il San Giuseppe attribuito a Giacomo Colombo (1663-1731), nativo di Este, ma vissuto lungamente a Napoli. Il Colombo è stato uno scultore prolifico e la sua arte ha improntato il Mezzogiorno d'Italia, da Napoli alla Puglia, alla Basilicata, con un raggio d'azione geograficamente molto ampio. La produzione di questo maestro ha trovato vasta eco nell'ambito della scultura lignea di soggetto sacro: busti-reliquiari di Santi e Sante; statue a figura intera e gruppi statuari. In Ostuni, nella chiesa di San Francesco sono le statue da lui eseguite il 1689 e il 1719 aventi a soggetto, rispettivamente, San Giuseppe con Bambino e l’Immacolata. Ligneo è anche il Crocefisso su cui era la data 1630 e restaurato, o meglio, rifatto, da Massimo Alessandro Cavallo nel 1906. In cartapesta sono le rappresentazioni dei Santi Filippo e Giacomo.
Dal 2007 la sede della parrocchia Santa Maria Assunta è nella chiesa di Santa Maria di Belvedere o Nuova.

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Foto (di Antonio Carlucci):
1 Interno
2 Interno
3 Interno. Abside
4 Prospetto di ponente
5 Esterno. Particolare
6 Esterno. Rosone
7: Prospetto principale
- statue asportate dalla chiesa e oggi collocate nel cimitero comunale
8: San Giacomo
9: San Filippo
10: Cristo alla Croce

Panoramica della Chiesa
Passeggiata virtuale all'interno della chiesa. Necessita di un lettore tipo Quick Time (file .mov - 2,8 Mb)
Foto di Antonio Carlucci.

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