Rosanna Bianco
Università di Bari
Un Santo taumaturgo dall'Armenia alla
Puglia:
culto e iconografia di San Biagio di Sebaste tra
XII e XV secolo
Biagio, vescovo di Sebaste in
Armenia, martirizzato probabilmente tra il 307
e il 323, secondo la tradizione visse in una foresta,
curando e ammansendo animali selvatici e feroci.
In questo contesto si verificarono i miracoli
più noti, amplificati e diffusi da cronache
e leggende: la guarigione di un fanciullo soffocato
da una grossa spina di pesce nella gola grazie
all' applicazione di due candele, la restituzione
ad una donna di un maialino sottratto da un lupo
e le guarigioni di animali con il segno della
croce.
La diffusione del culto -alimentata anche da un
considerevole numero di reliquie – e dell'iconografia
di San Biagio si articola intorno a tre aspetti
principali: il Santo vescovo (con mitra, pastorale,
libro), il taumaturgo protettore degli animali
e della vita dei campi (con la narrazione degli
episodi di guarigione o anche soltanto con la
raffigurazione del simbolo delle candele), il
martire (con il pettine da cardatore).
La ricorrenza della festività del Santo
il 3 febbraio, il giorno successivo alla Candelora,
in un periodo di riposo nel calendario delle attività
agricole ma in cui si prepara la ripresa primaverile,
valorizza il ruolo di protettore delle realtà
agro-pastorali. In Puglia, ad esempio, il culto
diffuso in quasi tutta la regione, trova accenti
di maggiore intensità in Capitanata, soprattutto
lungo gli itinerari della transumanza collegati
all' Abruzzo e al Molise, in Terra di Bari e nel
territorio di Brindisi, in particolare ad Ostuni
e a San Vito dei Normanni.
San Biagio a Jannuzzo:
San Biagio
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