“.. il
nostro pellicano” (Dante, Paradiso,
XXV, 113)
Cesellatore: Zidron Leondaris
Disegnatore: Raffaele Murra
La città di Gioannina
o Ioannina, in
greco, capoluogo della regione dell'Epiro e dell'omonima
prefettura, il più importante centro economico
e culturale della Grecia nord-occidentale, è
sulla via Egnazia, quasi proseguimento dell’Appia
oltre l’Adriatico e verso Costantinopoli.
Vanta da secoli il titolo di città delle
arti ed essenzialmente dell'arte sacra: molti
artigiani si dedicano ogni giorno a dare gloria
a Dio con l'opera delle loro mani. La realizzazione
del calice, per la celebrazione della Santa Messa
papale nasce dal bozzetto del cavalier Raffaele
Murra, 72 anni, che fin dall’età
di dieci anni ha iniziato il lavoro di decoratore
e pittore alle dipendenze del papà Salvatore,
discepolo del pittore Agesilao Flora. L’artista
mesagnese ha voluto riproporre nel disegno un
elemento simbolico dell'ostensorio settecentesco,
usato per la processione del Corpus Domini,
conservato nel museo diocesano.
Si tratta del pellicano, il bianco uccello bianco,
dal caratteristico lungo becco, che, nutrendo
attraverso un’apertura del collo i suoi
piccoli, ha dato luogo alla leggenda del sacrificio
delle proprie carni per la vita dei figli fino
a divenire “emblema di carità”
(O. Wirth) ovvero di devozione parentale fino
al sacrificio. Più realisticamente, l’incurvare
del becco verso il petto per cibare i piccoli
con pesci trasportati nella sacca indusse a credere
che addirittura l’animale si squarciasse
il petto per dare loro nutrimento col proprio
sangue. Si deve soprattutto al Physiologus
(II-IV secolo?) - il pellicano è al n°4
del suo inventario - la diffusione della leggenda
in termini più complessi; narrando della
resurrezione dei piccoli dopo tre giorni ad opera
della madre, che li ha uccisi, vi è l’adattamento
diretto alla simbologia di Cristo “che è
salito alle altezze della Croce e dal suo fianco
aperto sono sgorgati il sangue e l’acqua
per la salvezza e la vita eterna”. Oltre
a Dante, anche san Tommaso d’Aquino: ”il
pio pellicano”, usa l’allegoria. Il
calice realizzato porta questo simbolo di profonda
spiritualità.
Studi accurati di scultori e cesellatori greci
hanno portato alla realizzazione di un'opera d'arte:
il vaso sacro nel quale il celebrante consacra
il vino durante la messa ha forma di coppa su
piede. Il pellicano e i suoi piccoli sono frutto
della fusione dell'argento e di manuale modellatura;
il resto del calice, la coppa e la base, è
cesellato interamente a mano. La base porta impressi
i due stemmi, di Benedetto XVI e della città
di Brindisi.
L'opera è stata realizzata in duplice copia,
di cui quella usata dal Santo Padre durante la
celebrazione eucaristica è rimasta in Brindisi
in perenne memoria; l'altra è stata donata
al Papa.
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Raffaele
Murra. Disegni per il calice della celebrazione
papale del 15 giugno 2008 in Brindisi |