Proposta
per un itinerario attraverso le rappresentazioni
della Natività in Brindisi
Giacomo Carito
Numerosi sono i segni che, riannodando
passato e presente, legano l'oggi del Natale a
remote precedenze. Rappresentazioni del tema,
ancora legate ai moduli rappresentativi propri
della cultura pittorica bizantina, sono nella
chiesa in grotta di San Biagio a Jannuzzo e in
Santa Maria del Casale; solo frammenti permangono
d'analoga rappresentazione parietale nella grotta
dell'eremita su una delle isole Pedagne, all'imbocco
del porto, quasi ideale cerniera e punto d'incontro
fra oriente e occidente.
L'iconografia è, nei tre casi considerati,
quella diffusasi dal IV sec. d.C. nell'oriente
bizantino e a partire dal VI anche in Italia.
Fonti iconografiche di riferimento sono da considerarsi,
oltre che il Nuovo Testamento, i racconti dei
vangeli apocrifi; nel Protovangelo di Giacomo
la notte di Natale appare come notte di prodigi.
Ogni cosa si ferma. Il tempo è sospeso.
In quest'irruzione dell'eterno, Giuseppe va in
cerca di una levatrice ebrea cui la tradizione
assegnerà il nome di Zelomi, la trova e
questa assiste al parto miracoloso. La levatrice
uscendo dalla grotta incontra Salome cui annuncia
che una vergine ha partorito, contro le regole
della natura; Salome è scettica per ricredersi
solo quando può personalmente constatare
l'evento. Nel Protovangelo di Matteo si menziona
la presenza del bue e dell'asino, ritenuti rispettivamente
personificazione di Israele e dei Gentili, con
riferimento a Isaia 1,3: "Il bue conosce
il proprietario e l'asino la greppia del padrone,
ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende"
e ad Abacuc 3,2: "Ti manifesterai in mezzo
a due animali".
Rappresentazione della
Natività nella grotta di S.Biagio
Sulla rappresentazione in San
Biagio, Alba Medea scriveva:
"La Vergine è
stesa nella grotta, in attitudine di grande stanchezza,
reclinato il capo sulla mano sinistra poggia l'altra,
che stringe una pezzuola, in grembo, presso di
lei due nutrici (una di loro indicata come Salome)
lavano il neonato; l'una porta un mantello rosso
ed è ancora chiaramente visibile [ ...].
All'ingresso siede san Giuseppe e sembra dormire
stanco presso l'asino ed il bue collocati dietro
la culla-altare. Fuori della grotta, a sinistra,
i pastori ricevono dagli angeli l'annunzio della
nascita divina; [. ..] da destra infine giungono
a cavallo, a mani alzate, i Re Magi, vestiti da
guerrieri, guidati dall'angiolo. Due di essi,
Melchiorre e Gaspare, sono rappresentati di grandezza
naturale, il terzo, Baldassarre, appare piccolino,
un po' più in basso, quasi non vi fosse
posto per lui nella zona destinata alla scena
e vi sia stato inserito a fatica".
L'affresco "ci presenta una fase particolare
nella trasformazione, prodottasi attraverso i
secoli, della disposizione dei vari personaggi
della sacra scena, la Vergine, il bagno con le
due levatrici, san Giuseppe; fase in cui san Giuseppe
è rimasto come nelle raffigurazioni arcaiche
alla sinistra della Vergine e il bagno è
invece alla destra. Una delle donne è intenta
a lavare il bambino, seduto e benedicente nella
vasca, mentre l'altra, ritta versa l'acqua. [...]
Ricordi arcaici hanno ispirato la figura del pastore
flautista, Cator, che siede in alto, al sommo
della scena dell'angelico annunzio ai pastori,
al disopra dei due compagni che si tengono per
mano (e il primo avanzante pare si tragga dietro
l'altro) in ascolto.
Questa figura sì poetica che ci giunge
dal grazioso paesaggio alessandrino e che ragioni
liturgiche hanno fatto rivivere nell'arte di Bisanzio,
ci appare qui seduta, e benché volti il
capo di lato, in posa quasi frontale come un suo
arcaico fratello in una cappella presso Qaterdji~Djami;
d'altra parte la sua posizione a destra in alto,
il flauto che suona, la riportano a un secondo
schema, più tardo".
In Santa Maria del Casale, come
ebbe a scrivere Giuseppina Briamo,
"la Vergine riposa
sopra un basso cliné adorno di preziosi
panni. A destra, presso l'entrata, vi è
san Giuseppe, ravvolto in ampio mantello, seduto
sopra un basto da viaggio, meditativo o dormiente,
con il gomito della destra sul suo bastone puntato
nel terreno. A sinistra vi è la scena secondaria,
di tradizione bizantina, del bagno al neonato,
tra le due donne, che la stessa tradizione pone
di sovente; l'una anziana che in taluni affreschi
è indicata come Salome, cioè donna
saggia, l'altra più giovane che da destra
vuota una brocca d'acqua nella vasca dalla tradizionale
forma a coppa. La donna saggia, che ha il capo
coperto da una specie di turbante, v'immerge la
mano nell'acqua quasi a saggiarne la temperatura,
mentre l'acqua, per il gesto improvviso, schizza
come lingue di fuoco. Sulle ginocchia di Salome
siede il bimbo nudo, con nimbo crocifero, insegna
della divinità, ed un braccio lungo il
fianco piegato all'altezza del ginocchio e l'altro,
ora scomparso, levato alla benedizione".
Il fatto spirituale trascende i dati reali di
cui queste raffigurazioni erano ricche. Il piccolo
Gesù è compreso e compresso in bianche
bende e poggiato su una struttura prefigurante
l'altare, metafora del suo futuro sacrificio e
della sua salvifica missione cui fa riferimento
la vasca a sua volta metafora del battesimo; sul
suo viso un fascio luminoso è annuncio
della nascita dell'Uomo. Un cenno merita lo studio
della dimensione spaziale in cui vivono queste
scene: la Vergine, più grande di san Giuseppe
che pure sta sullo stesso piano, posta in diagonale,
sembra scivolare verso l'esterno nel campo visivo
che appartiene al destinatario del messaggio secondo
le regole della prospettiva invertita che caratterizzano
l'icona bizantina. Il Bambino a sua volta, portato
in alto, nello sfondo piatto della pittura orientale
che non prevede profondità prospettica,
viene a trovarsi al centro del dipinto e diventa
il punto di riferimento reale ed ideale attorno
al quale ruota e si giustifica la rappresentazione.
Il messaggio del Natale è dunque reso con
stringente coerenza teologica, senza alcun indugio
di carattere formale.
Il
simbolismo fa premio sulla rappresentazione in
cui ogni singolo elemento è segno che rimanda
a una superiore realtà; un momento di passaggio
verso un approccio più meramente descrittivo
è individuabile nella chiesa di San Benedetto.
Qui è l'Adorazione dei Pastori
(foto a sinistra)
dipinta, nel 1570, dal nobile brindisino Jacopo
De Vanis, pittore che segna, si direbbe, lo snodo
per il quale la cultura pittorica locale innova
la remota tradizione rappresentativa d'ascendenza
idealistica e simbolica attraverso rimandi al
contesto rinascimentale. Nella tela è l'allegoria
della vittoria di Cristo sul mondo pagano. Cristo
appena nato è segno di vitalità
mentre i ruderi, nel paesaggio delineato dal de
Vanis, sono segni del passato già morto
e in disfacimento, con riferimento al politeismo
ormai vinto.
Qui è il grande presepe realizzato dal
maestro Antonio Greco di Castellamare di Stabia
e ispirato al '700 napoletano che acquisito da
International Inner Wheel, Rotary International
e Associazione "Amici del Presepe" di
Brindisi fu consegnato al Museo Diocesano "Giovanni
Tarantini" (scheda).
Il presepe realizzato da Greco, d'impostazione
settecentesca, si inserisce nella continuità
della tradizione e dell'arte presepiale napoletana.
Per un'esatta lettura di questo imponente allestimento,
ricco di 104 figure con testine, mani e piedi
in terracotta del primo ottocento e costumi ispirati
a quelli in uso nel XVIII secolo, è opportuno
sottolineare, per grandi linee, le caratteristiche
principali del presepe napoletano soprattutto
nella sua composizione scenica. Il Presepe
Napoletano rispecchia la società
che l'ha prodotto e ne segue l'evoluzione storica.
È costruito in sughero, stucco, legno e
muschio e gli elementi base della scenografia
sono costituiti dall'annuncio, dalla grotta e
dalla taverna. I costumi possono dirsi rappresentativi
di quelli in uso nel regno napoletano "in
occasione di nozze, battesimi e funerali"
proponendo l'immagine che "Ferdinando IV
volle che si avesse dei cittadini del suo regno.
Fu compiuta, infatti, tra il 1783 e il 1797, per
volontà di quel re, un'operazione politico
- culturale, che costò impegno a quattro
pittori, a tutti i presidi di provincia e a molti
amministratori locali perché dentro e fuori
dal regno si avesse della popolazione che lo abitava
un'immagine più decente possibile".
Gran parte degli elementi del presepe realizzato
da Greco sono non copie ma originali restaurati;
si tratta perciò di una cessione che rende
alla città una nuova componente del suo
catalogo dei beni culturali.
La presenza dei presepi napoletani
a Brindisi è attestabile attraverso una
singolare riproduzione pittorica del tardo XVIII
secolo; il quadro, ora nella basilica Cattedrale,
rappresenta la nascita di Cristo ambientandola
in Brindisi (foto sopra).
La presunta casa in cui sarebbe morto Virgilio
è rappresentata in pendant rispetto alla
grotta come contrapposto del morente mondo pagano
al nascente cristiano. La dimora è, conseguentemente,
posta con riferimento alla corporeità ed
è interpretata quale locanda o rivendita
di generi alimentari. Il paesaggio riproduce l'entroterra
precollinare e collinare che è a nord-ovest
della città con i centri in esso situati:
San Vito, Carovigno, Ostuni, Cisternino, Ceglie.
Scuole Pie - Adorazione
dei pastori
Permeate
di descrittivismo si direbbero le successive rappresentazioni.
Una Sacra Famiglia con san Giovannino
(foto a destra),
già nella Basilica Cattedrale ora nel museo
diocesano "Giovanni Tarantini" è
interessante per originalità.
La tavola, restaurata il 1741, era parte di un
polittico forse avente a soggetto l'Adorazione
dei Magi; reinterpretata come anta destra di una
porta per la perdita dell'altare di riferimento
documenta la trasformazione della figura di san
Giuseppe in senso classico sul paradigma del senescente
pio Enea.
Nella chiesa, oggi auditorium, delle Scuole Pie
è un'Adorazione dei pastori,
opera di un imitatore del genere bassanesco, che
può ritenersi realizzata nella seconda
metà del diciassettesimo secolo o primi
del diciottesimo.
In Santa Maria degli Angeli è, nel transetto,
il ciclo della Natività comprendente quattro
tele: Adorazione dei pastori, Adorazione
dei Magi, Fuga in Egitto,
Circoncisione, attribuibili al pittore
mandurino Diego Oronzo Bianco (1683-1767) e ascrivibili
ai primi del XVIII secolo.
Santa Maria degli Angeli - Adorazione
dei pastori
|
Santa Maria degli Angeli - Adorazione
dei Magi
|
Santa Maria degli Angeli - Fuga in
Egitto
|
Santa Maria degli Angeli - Circoncisione
|
SS.Annunziata - Natività di
Leonardo Perrone
|
SS.Annunziata - Sacra Famiglia di
Leonardo Perrone
|
San Sebastiano- Natività
|
SS. Addolorata - Infanzia di Gesù
di Raffaele Murra
|
SS. Addolorata - Natività
di Raffaele Murra
|
Nella chiesa delle Anime o di
San Sebastiano è una Natività
del tardo seicento o primi del settecento (foto
sopra); essa pare riconducibile a modelli
rinvenibili nella produzione di Carlo Rosa.
Questo itinerario, trova importanti
riferimenti anche nel XX secolo sia nelle rappresentazioni
parietali della parrocchiale della Santissima
Annunziata, opera di Leonardo Perrone
che nelle altre che sono nella Santissima Addolorata
di Tuturano, opera di Raffaele Murra.
Giacomo Carito
|