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Maria Luisa Manzoni
Il restauro del dipinto avente a soggetto Madonna con Bambino e san Giovannino
Relazione Tecnica Finale

La preziosità di un'opera d’arte si manifesta sia per la struttura pittorica della superficie, nella fattispecie di notevole bellezza, che per la bontà degli elementi componenti il manufatto così schematizzabili:
a) struttura di supporto costituita da una tela di canapa dall'ordito fitto e a maglie sottili, con lacerazioni varie, già oggetto di rifoderatura in passato.
b) strato di preparazione costituito da un’imprimitura o base preparata con colla animale e gesso con mescolanze di terre e oli, con conferimento della tipica colorazione bruno- rossastra, nel più totale rispetto della tradizione storico- artistica.
c) superficie pittorica eseguita con colori a olio, o meglio pigmenti impastati con olio di lino decotto, stesi con tecnica a campiture e a velature, con impasti di colore più corposi, per creare effetti finali di luminosità. La pittura così realizzata si presenta non grossolana ma con effetto quasi impalpabile, ciò che conferisce maggior pregio alla produzione.
La necessità di intervenire nel recupero dell'opera d’arte è stata dettata dall'esigenza di ripristinare la godibilità dell'immagine deturpata da un precedente intervento di restauro per il quale, dato il ricorso a solventi aggressivi, si è prodotta l’abrasione del film pittorico. Sul manto della Vergine e sul perizoma di san Giovannino, ritratto frontalmente, mancano quelle zone d’ombra e punti luce che creano movimento e volume ai panneggi. È possibile notare le tracce lasciate dal passaggio del solvente sullo sfondo pittorico, in particolare nella zona sinistra laterale del dipinto.
Per suturare un lungo strappo, che ha compromesso irreversibilmente l'originaria pittura, fu sovrapposta alla superficie dipinta una grande toppa di carta che, partendo dai capelli di san Giovannino, invade una porzione del suo volto e arriva a coprire la manina del Bambino Gesù.
Il volto della Madonna presentava numerose lacune, se pur di modesta entità, causate dal distacco del colore e dell'imprimitura, stuccate e ricoperte pittoricamente con colori a olio che si sono ossidati e anneriti deturpando il volto. Il dipinto fu oggetto anche di una rintelatura condotta in maniera non ottimale, non per i materiali usati, risultati conformi a quelli tradizionalmente impiegati fino ad oggi: colla di pasta e tela di lino ma per una non corretta adesione, durante la fase della stiratura, del dipinto originario alla tela da rifodero. Si venivano a creare così zone di aderenze e depressioni con conseguenti bolle d’aria.
Gli interventi sono stati indirizzati verso un necessario restauro di tipo conservativo che ricreasse le condizioni ottimali per preservare il dipinto nel tempo e verso un altrettanto necessario restauro di tipo estetico che restituisse la piena leggibilità e godibilità dell’immagine.
La metodologia operativa ha previsto le seguenti fasi:
- Prima e leggera pulitura del film pittorico con solvente di dimetilformammide diluito in percentuale di essenza di trementina nel rapporto di 1: 3. Si è ritenuta opportuna la pulitura ancor prima della foderatura per evitare che lo sporco di origine grassa dovuto all'ambiente e agli impasti a olio dei ritocchi potesse fissarsi durante la fase della rintelatura.
- Rimozione della toppa aderente al film pittorico, attraverso l’uso del bisturi, resa necessaria, quale atto preventivo alla foderatura, per evitare una tenace adesione di questa attraverso il calore del ferro e la conseguente penetrazione della nuova colla di pasta.
- Velinatura totale della superficie pittorica con velina e colletta secondo ricetta dell'Istituto Centrale del Restauro che, bloccando o proteggendo il film pittorico, ha permesso le varie movimentazioni per liberare la tela originaria da quella da rifodero.
- Pulitura meccanica delle fibre della tela dalla vecchia pasta da rifodero e trattamento preventivo contro gli attacchi microbiologici al tessuto.
- Consolidamento del colore con colletta secondo ricetta Istituto Centrale del Restauro.
- Rintelatura con colla di pasta secondo ricetta dell’Istituto Centrale del Restauro e tela pattina di lino al 100%.
Queste le fasi proprie del restauro conservativo, attraverso le quali tutta la materia artistica è ben coesa: il film pittorico è compatto e aderente all’imprimitura, l'imprimitura a sua volta è aderente al supporto.
Tolte le veline si è resa necessaria una seconda e più energica pulitura del film pittorico, dimetilformammide diluito in H2O, nel rapporto di 1: 1. La natura della soluzione cambia rispetto alla prima usata, perché si aggiunge ai residui di sporco originario anche quello dato dalla colletta. Il nostro intervento di restauro, dopo la collocazione del dipinto su un nuovo telaio a espansione e un’accurata verniciatura con vernice mastice diluita in essenza di trementina nel rapporto di 1:3, potrebbe ritenersi concluso in maniera soddisfacente se non fosse per il fatto che le abrasioni del film pittorico, interessando molta superficie, rendono confusa l’immagine data anche la presenza di un lungo squarcio.
L'intervento di restauro estetico è stato indirizzato verso il riempimento delle zone abrase, recuperandosi così i passaggi tonali, e la reintegrazione pittorica, attraverso la tecnica del rigatino, restituendo dignità al volto del san Giovannino. I colori usati sono a vernice, ormai testati e sicuri per la loro ottima resa durante il trascorrere del tempo.
La verniciatura finale condotta con vernice Retoucher data a spruzzo riequilibra il giusto indice di rifrazione.
Il dipinto era inserito in una cornice che si presentava dipinta di nero non solo sulle fasce ma anche sulla battitura. Con una pulitura si sono rinvenute tracce di argento meccato sulla battitura, mentre sulle fasce si ritrova direttamente lo stucco che, probabilmente, era la base per un’ulteriore doratura o argentatura.

Nota:
Il progetto di restauro, redatto e realizzato dalla ditta Maria Luisa Manzoni, avviato il 2004 e concluso il 2005, si svolse sotto l’alta sorveglianza della competente Soprintendenza di Bari e, per essa, della dr.ssa Antonella Di Marzo. Il dipinto, già in Episcopio, è ora parte delle collezioni del Museo Diocesano “Giovanni Tarantini”.

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