La preziosità
di un'opera d’arte si manifesta sia per
la struttura pittorica della superficie, nella
fattispecie di notevole bellezza, che per la bontà
degli elementi componenti il manufatto così
schematizzabili:
a) struttura di supporto costituita da una tela
di canapa dall'ordito fitto e a maglie sottili,
con lacerazioni varie, già oggetto di rifoderatura
in passato.
b) strato di preparazione costituito da un’imprimitura
o base preparata con colla animale e gesso con
mescolanze di terre e oli, con conferimento della
tipica colorazione bruno- rossastra, nel più
totale rispetto della tradizione storico- artistica.
c) superficie pittorica eseguita con colori a
olio, o meglio pigmenti impastati con olio di
lino decotto, stesi con tecnica a campiture e
a velature, con impasti di colore più corposi,
per creare effetti finali di luminosità.
La pittura così realizzata si presenta
non grossolana ma con effetto quasi impalpabile,
ciò che conferisce maggior pregio alla
produzione.
La
necessità di intervenire nel recupero dell'opera
d’arte è stata dettata dall'esigenza
di ripristinare la godibilità dell'immagine
deturpata da un precedente intervento di restauro
per il quale, dato il ricorso a solventi aggressivi,
si è prodotta l’abrasione del film
pittorico. Sul manto della Vergine e sul perizoma
di san Giovannino, ritratto frontalmente, mancano
quelle zone d’ombra e punti luce che creano
movimento e volume ai panneggi. È possibile
notare le tracce lasciate dal passaggio del solvente
sullo sfondo pittorico, in particolare nella zona
sinistra laterale del dipinto.
Per suturare un lungo strappo, che ha compromesso
irreversibilmente l'originaria pittura, fu sovrapposta
alla superficie dipinta una grande toppa di carta
che, partendo dai capelli di san Giovannino, invade
una porzione del suo volto e arriva a coprire
la manina del Bambino Gesù.
Il volto della Madonna presentava numerose lacune,
se pur di modesta entità, causate dal distacco
del colore e dell'imprimitura, stuccate e ricoperte
pittoricamente con colori a olio che si sono ossidati
e anneriti deturpando il volto. Il dipinto fu
oggetto anche di una rintelatura condotta in maniera
non ottimale, non per i materiali usati, risultati
conformi a quelli tradizionalmente impiegati fino
ad oggi: colla di pasta e tela di lino ma per
una non corretta adesione, durante la fase della
stiratura, del dipinto originario alla tela da
rifodero. Si venivano a creare così zone
di aderenze e depressioni con conseguenti bolle
d’aria.
Gli interventi sono stati indirizzati verso un
necessario restauro di tipo conservativo che ricreasse
le condizioni ottimali per preservare il dipinto
nel tempo e verso un altrettanto necessario restauro
di tipo estetico che restituisse la piena leggibilità
e godibilità dell’immagine.
La metodologia operativa ha previsto le seguenti
fasi:
- Prima e leggera pulitura del film pittorico
con solvente di dimetilformammide diluito in percentuale
di essenza di trementina nel rapporto di 1: 3.
Si è ritenuta opportuna la pulitura ancor
prima della foderatura per evitare che lo sporco
di origine grassa dovuto all'ambiente e agli impasti
a olio dei ritocchi potesse fissarsi durante la
fase della rintelatura.
- Rimozione della toppa aderente al film pittorico,
attraverso l’uso del bisturi, resa necessaria,
quale atto preventivo alla foderatura, per evitare
una tenace adesione di questa attraverso il calore
del ferro e la conseguente penetrazione della
nuova colla di pasta.
- Velinatura totale della superficie pittorica
con velina e colletta secondo ricetta dell'Istituto
Centrale del Restauro che, bloccando o proteggendo
il film pittorico, ha permesso le varie movimentazioni
per liberare la tela originaria da quella da rifodero.
- Pulitura meccanica delle fibre della tela dalla
vecchia pasta da rifodero e trattamento preventivo
contro gli attacchi microbiologici al tessuto.
- Consolidamento del colore con colletta secondo
ricetta Istituto Centrale del Restauro.
- Rintelatura con colla di pasta secondo ricetta
dell’Istituto Centrale del Restauro e tela
pattina di lino al 100%.
Queste le fasi proprie del restauro conservativo,
attraverso le quali tutta la materia artistica
è ben coesa: il film pittorico è
compatto e aderente all’imprimitura, l'imprimitura
a sua volta è aderente al supporto.
Tolte le veline si è resa necessaria una
seconda e più energica pulitura del film
pittorico, dimetilformammide diluito in H2O, nel
rapporto di 1: 1. La natura della soluzione cambia
rispetto alla prima usata, perché si aggiunge
ai residui di sporco originario anche quello dato
dalla colletta. Il nostro intervento di restauro,
dopo la collocazione del dipinto su un nuovo telaio
a espansione e un’accurata verniciatura
con vernice mastice diluita in essenza di trementina
nel rapporto di 1:3, potrebbe ritenersi concluso
in maniera soddisfacente se non fosse per il fatto
che le abrasioni del film pittorico, interessando
molta superficie, rendono confusa l’immagine
data anche la presenza di un lungo squarcio.
L'intervento di restauro estetico è stato
indirizzato verso il riempimento delle zone abrase,
recuperandosi così i passaggi tonali, e
la reintegrazione pittorica, attraverso la tecnica
del rigatino, restituendo dignità al volto
del san Giovannino. I colori usati sono a vernice,
ormai testati e sicuri per la loro ottima resa
durante il trascorrere del tempo.
La verniciatura finale condotta con vernice Retoucher
data a spruzzo riequilibra il giusto indice di
rifrazione.
Il dipinto era inserito in una cornice che si
presentava dipinta di nero non solo sulle fasce
ma anche sulla battitura. Con una pulitura si
sono rinvenute tracce di argento meccato sulla
battitura, mentre sulle fasce si ritrova direttamente
lo stucco che, probabilmente, era la base per
un’ulteriore doratura o argentatura.
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Nota:
Il progetto di restauro,
redatto e realizzato dalla ditta Maria Luisa Manzoni,
avviato il 2004 e concluso il 2005, si svolse
sotto l’alta sorveglianza della competente
Soprintendenza di Bari e, per essa, della dr.ssa
Antonella Di Marzo. Il dipinto, già in
Episcopio, è ora parte delle collezioni
del Museo Diocesano “Giovanni Tarantini”.
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