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Un racconto del Triduo Pasquale ad Ostuni
dell’ arch. Vincenzo Lorusso

Offrire un contributo alla conoscenza della storia per difendere la memoria di una cultura che altrimenti andrebbe dimenticata ci invita a riflettere sulla spiritualità e devozionalità del popolo. In tal senso, osservare il presente, interrogarsi sui perché al fine di giungere a spiegarsi il significato di una tradizione che ha avuto una connotazione sul territorio significa comprendere il presente, apprezzare e valorizzare le testimonianze storiche, artistiche e culturali esistenti per proiettarsi responsabilmente nel futuro, come promotori impegnati in iniziative, al fine di perpetuare la tradizione.
Le manifestazioni della religiosità popolare e liturgiche relative alla Settimana Santa o Settimana Maggiore, sono state modellate nel tempo da diverse circostanze storiche, sociali, religiose, psicologiche, artistiche e sono collegate sia ai cicli rituali e festivi precristiani che all’opera di ricristianizzazione, attuata dalla Chiesa e dagli ordini religiosi dopo il Concilio di Trento (1545-1563).
Nel 1951 il Papa Pio XII avviò una sperimentazione per il ritorno delle celebrazioni della Settimana Santa alle stesse ore in cui quei fatti erano avvenuti. In Ostuni la nuova liturgia si instaurò nel 1956, così la celebrazione dell’Istituzione dell’Eucarestia venne riportata al Giovedì sera, la Passione e la morte al Venerdì pomeriggio, la Veglia nella notte tra il Sabato e la Domenica e la Pasqua nella giornata di Domenica.
La messa del Giovedì Santo introduce il cristiano al triduo pasquale. La Chiesa durante questo giorno assume un aspetto particolare: si coprono le croci e le immagini sacre, si denudano gli altari, si sospendono tutti i suoni per ricordare ai fedeli che si è in penitenza. Nella Messa Crismale della mattinata, nella Cattedrale di Brindisi, tutto il clero diocesano concelebra con l’arcivescovo che benedice l’olio per gli infermi, quello del crisma e per i catecumeni ricordando l’Istituzione della Chiesa e dei suoi ministri. Ad vesperum, in ogni chiesa, nella Messa in Coena Domini si fa memoria dell’Istituzione dell’Eucarestia, del tradimento di Giuda e della suggestiva e rinnovata “lavanda dei piedi” a dodici persone, per ricordare l’umiltà del servizio di Cristo alla sua Chiesa. La celebrazione termina con la disposizione dell’ostia consacrata nel repositorio, conosciuto come sepolcro, davanti al quale, per tutta la sera fino a tardi, ed anche nella prima mattinata del Venerdì Santo, si susseguono in preghiera i fedeli, che per tradizione e per devozione, e quasi in processione, visitano un numero dispari (minimo tre) di sepolcri.


Chiesa del Carmine: riti della Settimana Santa, confratelli in abito professionale

Qualche anno fa, quando ci si recava a visitare il sepolcro allestito presso la chiesa della Madonna del Carmine, si veniva accolti sul sagrato o accanto al repositorio dal rettore della confraternita che, con una sottile verga, ricavata da un ramo di albero di ulivo, percuoteva il capo dei fedeli al termine della sosta dinanzi al Santissimo, come forma di penitenza e segno di liberazione dai propri peccati.
Una tradizione curiosa è quella dei “papamusce”, confratelli delle congreghe locali che, riuniti in gruppi, si recano a visitare i sepolcri ed indossano un camice bianco stretto da un cordone, con un cappuccio che copre interamente il viso, tranne per i due fori praticati all’altezza degli occhi, e con in mano il “perdono”, un’asta di legno, simbolo dell’antico bastone dei pellegrini che si recavano a Roma per chiedere la remissione dei peccati.
Segue il Venerdì Santo, un giorno di penitenza per tutta la Chiesa. La liturgia odierna ha uno spiccato carattere di dolore e di tristezza che ricorda la grande mestizia del “Dies Amaritudinis”, espresso della nudità degli altari, dai paramenti violacei, dal silenzio delle campane e dalla soppressione del sacrificio della messa, sostituito dall’Adorazione della Croce; da qui, nell’uso popolare, la definizione di questa funzione religiosa di “messa scurdata”, come se il sacerdote avesse dimenticato la consacrazione dell’ostia. Il rito prevede la lettura del Passio seguito dalla Preghiera Universale e dalla solenne adorazione della Croce, che ebbe origine a Gerusalemme nel IV secolo, da dove passò in Occidente e quindi a Roma verso la fine del VII secolo. La celebrazione si conclude con la spogliazione dell’altare. Alle ore 19,00 comincia la processione dei misteri che partendo dalla concattedrale di Ostuni, attraversa la città, raggiunge il Calvario per sciogliersi nuovamente in Piazza della libertà da dove le rispettive confraternite accompagnano i simulacri nelle loro congreghe.

I confratelli del Carmine in una processione dei misteri degli anni ‘50

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Il Crocifisso dell’Annunziata di frà Angelo da Pietrafitta del sec. XVII nella processione del 1960.

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Con la riforma liturgica della Settimana Santa, voluta da Pio XII, il Sabato si ricorda la permanenza del corpo di Cristo nel sepolcro e, viene vissuto come giorno di riflessione e di attesa della Resurrezione. Nella notte la Chiesa celebra la grande Veglia Pasquale. Essa inizia con la liturgia della luce, , cioè si accende un fuoco nuovo e da esso il cero pasquale, simboli di Gesù Risorto che vince il male; continua con una lunga liturgia della Parola. È la notte in cui vengono rinnovate le promesse battesimali in quanto il Battesimo è il simbolo della rinascita a vita nuova.
La Domenica, giorno di Pasqua, con la celebrazione della messa della Resurrezione si concludono i riti della Settimana Santa.

“L’ALTARE DELLA REPOSIZIONE”
Allestimento degli “Altari della Reposizione del SS. Sacramento”
del Convento Sacro Cuore - Frati Minori - Ostuni

Giovedì Santo 1985
Giovedì Santo 1988
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Accanto alla dolce nostalgia per le molte tradizioni perse nel tempo sussiste, a mio modesto parere, la preoccupazione che l’eccesso di laicità e di secolarizzazione della società odierna possa impoverire ulteriormente quel prezioso patrimonio, al contempo religioso e culturale.
Il “sepolcro” o “altare della reposizione”, rimasto fino ai nostri giorni, se non inteso rettamente rischia di equivocarne il significato a svantaggio di un culto eucaristico che ha nel Giovedì Santo l’origine. Va ricordato infatti che, in area Gerosolimitana, i Frati Francescani, custodi da sempre della Basilica del Santo Sepolcro, il Giovedì Santo ripongono il SS. Sacramento nell’Iconostasi, cioè proprio nel luogo più santo della Basilica, da qui il nome di “Sepolcro”. La riforma liturgica, in questo, è stata provvidenziale. Infatti ha purificato, ristrutturato e vivificato il Triduo Sacro, pur avendo mortificato in alcuni casi la pietà popolare. Come prolungamento dell’intronizzazione solenne e gloriosa del SS. Sacramento del Giovedì Santo, la Chiesa ha istituito una festa propria, quella del Corpus Domini.

Giovedì Santo 1990
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“L’ORA DELLA MADRE”

Un ciclo liturgico che non considera sufficientemente la presenza di Maria accanto al Figlio e alla sua opera salvifica, mortifica notevolmente il volere di Dio, che ha voluto sempre, in ogni momento, la nuova Eva accanto al suo Adamo, il Figlio accanto alla Madre. L’attuale liturgia occidentale della Quaresima e della Settimana Maggiore non tiene in sufficiente considerazione tale presenza ed il popolo, ieri come oggi, colma questi vuoti a suo modo. I cristiani in genere si sono chiesti:«Dov’era la Madonna negli ultimi tragici giorni del suo Figlio?». Non poteva non essere accanto a Lui, se non fisicamente almeno con il cuore. E allora, visto che la liturgia mortifica tale presenza… si prende la Madonna e la si porta in pellegrinaggio di chiesa in chiesa e, a chi chiede spiegazioni sul suo pellegrinare, si risponde:«La Madonna va in cerca di suo Figlio». La Madonna ha preso parte attiva collaborando generosamente alla nostra redenzione, tanto da meritare il titolo di Corredentrice.

Domenica delle Palme 1991: l’ingresso dell’Addolorata segna l’inizio della Settimana Maggiore fino alla liturgia dell’Ora della Madre del Sabato Santo
Convento Sacro Cuore - Frati Minori - Ostuni

Le azioni liturgiche del Venerdì e del Sabato Santo sono scanditi dal suono della “troccola”, segno di lutto, fede, preghiera e commozione per la morte di Cristo. Tutto questo perché, campane e campanelli non si possono suonare, dal Gloria della messa “in Coena Domini” al Gloria della messa della notte di Resurrezione del Sabato Santo.
Uno dei momenti più suggestivi della pietà popolare che segna l’apice del Triduo Pasquale Francescano è costituito dalla liturgia dell’«Ora della Madre» del Sabato Santo. La dimensione mariana del Sabato Santo ha radici antichissime sia in Oriente che in Occidente. Fin dai primi secoli la Chiesa ha sempre celebrato il misterioso legame che congiunge, come ponte, il Venerdì Santo alla Domenica di Pasqua, passando attraverso il cuore di Maria, e guardando la Vergine come rappresentante ed espressione di tutta la Chiesa Redenta, che attende con trepidazione l’alba della Resurrezione.
Il Venerdì Santo è l’«Ora di Cristo». «Ora» in cui, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo sino all’ultimo segno (Gv. 13,1) consumò per loro e per i peccati di tutti la sua immolazione di vittima sull’altare della Croce. Ai suoi piedi, per divino volere, stava Maria, a Lui indissolubilmente unita nel dolore e nell’offerta.
Il Sabato Santo è l’«Ora della Madre». «Ora» tutta sua, nella quale Lei, la Donna, la Figlia di Sion, la Madre della Chiesa, vinse la prova suprema della fede e dell’unione al Dio Redentore. Straziata dal dolore per il Figlio ucciso e sepolto, per l’ingratitudine e l’infedeltà del popolo eletto, per il tradimento e l’abbandono dei più intimi discepoli, per l’ottusità di tutti nel non credere che Egli sarebbe risorto come aveva predetto, anch’Ella è provata dalla tentazione di dubbio, al quale eroicamente resiste aggrappandosi alle parole del Figlio e alla fedeltà del Padre Onnipotente. È la Madre della nostra Fede che credette contro ogni evidenza, sperò contro ogni speranza. Per questo il Sabato Santo è l’Ora tutta sua, quella nel quale davvero completò in Sé quel che mancava ai patimenti di Cristo a favore della sua Chiesa (Col. 1,24).
Personalmente, per ben dieci anni (1983-1993), da adolescente ho avuto la fortuna di crescere in ambiente francescano, dove, tra i diversi momenti di formazione spirituale ed umana, ho potuto coltivare ed assaporare, insieme ad altri miei amici, una particolare sensibilità per la preparazione al Triduo Pasquale. Ricordo con grande nostalgia, quando il Giovedì Santo, noi ragazzi ministranti del Gruppo Araldini del Convento Sacro Cuore di Ostuni, guidati dal Padre Superiore, il carissimo Padre Tonino Maria Nisi, garantivamo, alternandoci a coppia ogni mezz’ora, la guardia solenne all’altare della reposizione.

Giovedì Santo 1991: turni di guardia all’Altare della Reposizione - Gruppo Araldini

Ma la novità più semplice ed allo stesso tempo coinvolgente consisteva nella liturgia mattutina del Sabato Santo dell’Ora della Madre. All’alba, verso le cinque, preceduta dalla troccola, dalla grande Croce, da una schiera di terziari francescani e simpatizzanti, dai frati del Terz’Ordine e dai ministranti, appariva, sul sagrato della Chiesa del Convento, in tutta la sua bellezza e maestosità, il simulacro dell’Addolorata. La commozione e le lacrime erano sul volto di tutti mentre sulle labbra fioriva spontanea una preghiera. Mentre le note musicali della banda interrompevano il silenzio e la preghiera, il mesto e pio corteo raggiungeva nuovamente la Chiesa, dove la Madonna veniva posta sui gradini del presbiterio per dare a tutti la possibilità di accostarsi, baciare e venerare la Madre di Dio. Un ultimo saluto, una lacrima, un bacio ed un arrivederci all’anno successivo con l’Addolorata del Sabato Santo.

Sequenza cronologica degli “Altari della Reposizione del SS. Sacramento”
della Parrocchia Maria SS. Annunziata - Ostuni

Giovedì Santo 1956
Giovedì Santo 1957
Giovedì Santo 1958
Altare maggiore prima dei restauri del 1960
       
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Giovedì Santo 1967
Giovedì Santo 1968
Giovedì Santo 2005

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

P. T. M. NISI, Peregrinando tra i ricordi, il Sacro a Pulsano ieri ed oggi, Lisi Editore, Taranto, novembre 2004

Scuola Media Statale “N. Orlandini Barnaba” & C.R.S.E.C. BR/20 Regione Puglia Assessorato P.I. - Ostuni, Eloquenti silenzi - Immagini, Riti - Tradizioni della Settimana Santa di Ostuni, Latiano (Br), Tipografia Neografica, maggio 2003

P. LISIMBERTI & A. TODISCO, La venerabile fraternità di Maria Santissima del Carmine di Ostuni, Edizioni Grafischena, Fasano (Br), ottobre 1995

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Archivio privato della Parrocchia Maria SS. Annunziata di Ostuni riguardante il Novecento
Archivio privato di Padre Tonino M. Nisi di Pulsano

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