Nella pregevole raccolta di manoscritti
conservata nella biblioteca arcivescovile "Annibale
De Leo" è presente un codice pergamenaceo
in buono stato di conservazione, scritto in carattere
gotico italiano della seconda metà del
XIV secolo e di contenuto agiografico. Il codice
è privo del colophon e delle prime
cinque carte iniziali dove probabilmente compariva
il titolo, presente però nelle prime righe
dell'indice: "Incipiunt capitula Vitae
Patrum..." e riportato sul dorso della
coperta intorno al XVIII secolo: "Vitae
Veterum Patrum et Collatio". Nel volume
è narrata la vita di vari santi monaci
ed eremiti di tradizione orientale risalenti al
III - IV secolo, mentre, raggruppate a parte in
un'unica sezione del codice, sono le vite di alcune
donne sante e martiri.
L'attuale formato del codice, mm. 235 x 165, non
corrisponde a quello originario più volte
modificato dagli interventi di restauro, l'ultimo
dei quali risalente al 1985. Il manoscritto è
decorato da 62 iniziali istoriate nelle quali
sono rappresentate le icone dei vari santi di
cui si narra la vita; in corrispondenza di 2 narrazioni
agiografiche vi sono spazi liberi predisposti
per miniature non effettuate. All'inizio di ogni
capoverso sono poste iniziali campite o filigranate
policrome dove predominano i colori rosso, turchese
e verde scuro. Il codice risulta scritto da più
mani essendo la scrittura in alcuni punti tondeggiante
e larga, in altri più allungata, in altri
ancora più piccola. Leggibili sono 2 numerazioni
romane, 2 a cifre arabe e alcune chiose in minuscola
corsiva del XIV - XV secolo poste lungo i margini
del testo da successivi lettori o possessori.
Il manoscritto, che ha una coperta in cartone
rivestito da pergamena, presenta 312 pagine scritte,
2 fogli di sguardia, 4 fogli di guardia e 27 fascicoli,
per lo più sesterni, con dei richiami attribuibili
all'opera di un legatore. Alcune piccole mani,"maniculae",
risalenti al XVI secolo, sono disegnate lungo
i margini del testo con funzione di Nota Bene
per evidenziare una parola o una frase. Il primo
foglio interessato dalla scrittura presenta l'indice
degli argomenti, ma non tutti i temi sono svolti
nel manoscritto, che è incompleto nella
parte finale. Il testo è disposto su due
colonne e visibili sono le righe, tracciate a
secco o a colore, che delimitano gli spazi destinati
ad accogliere la scrittura. La prima carta del
testo presenta una cornice con in alto dei putti
che sostengono una brocca con la mano sinistra;
dalla mano destra si dirama una decorazione vegetale
che incornicia la scrittura.
Nella parte inferiore è raffigurato un
monaco con tonaca bianca e chierica, autoritratto
del miniaturista che illustrò il codice.
La tonaca completamente bianca indica l'appartenenza
del monaco all'ordine dei camaldolesi che si formarono
spiritualmente sulle Vitae Patrum, esempi
di vita corretta e beata cui ispirarsi seguendo
gli insegnamenti del fondatore San Romualdo. Più
in basso ancora la raffigurazione di alcuni galli
che beccano il mangime è riconducibile
al "nutrimento spirituale" che la lettura
delle vite dei santi rappresentava per i monaci.
Le miniature, che per la loro diversa tipologia
artistica sono attribuibili a uno stile sia bizantino
che giottesco, risultano prodotte da più
mani. Secondo Rosario Jurlaro alcune miniature
di stile giottesco, e l'autoritratto stesso, sono
opere di Piero di Giovanni, detto Lorenzo Monaco,
dell'ordine dei camaldolesi, nato a Firenze nel
1370 e qui attivo sino alla sua morte nel 1425.
Lo studioso ha individuato alcune caratteristiche
della produzione artistica del monaco, tipicamente
giottesche, nell'espressività del volto
e nel drappeggio con giochi di chiaroscuro presenti
nella miniatura del beato Abramo, nell'uso dello
sfondo blu, nel paesaggio di san Paolo eremita
che per il dirupo richiama alcuni affreschi della
cappella degli Scrovegni e per l'albero altri
della chiesa superiore di Assisi. Da attribuire
ancora al pittore senese sono le barbe eseguite
a "punta d'ago", alcune miniature su
sfondo oro damascato e la raffigurazione di mani
abbastanza lunghe.
Di idea diversa è però la dottoressa
Claudia Bressani. Ritiene infatti che la produzione
del codice sia avvenuta nell'Italia Meridionale
e non nel centro Italia. Ad avvalorare questa
ipotesi, sarebbero le affinità esistenti
tra le vite dei santi di tradizione orientale
del codice e la cultura locale pugliese del XIV
secolo, che risente ancora dell' influenza bizantina.
La compresenza dello stile bizantino e dell'arte
giottesca in alcune miniature è riconducibile
a cicli di pittura presenti nell' area salentina
nel XIV secolo. La compostezza delle mani, lo
sfondo compatto e di colore unico, la posizione
del capo leggermente inclinata verso il basso,
canoni iconografici orientali, si alternano a
elementi giotteschi come l'uso dello sfondo blu
e una certa espressività del volto. Alcuni
affreschi presenti in luoghi di culto della zona
salentina, come la chiesa di San Mauro di Gallipoli,
Santa Caterina di Galatina e Santa Maria del Casale
di Brindisi, presentano caratteristiche stilistiche
riscontrabili nelle miniature del manoscritto.
Indicazioni precise riguardo il luogo e l'anno
in cui avvenne la trascrizione del codice non
sono presenti, ma il nome del suo ultimo possessore
è riportato sul verso e sul recto dell'indice:
"MPB. Bianchi Minor C. Brundus.", padre
maestro Bonaventura Bianchi, indicazione riportata
nella Cronaca dei sindaci di Brindisi,
1529 - 1787 di P. CAGNES e N. SCALESE. Minor
Conventus attesta l'adesione di padre Bonaventura
all'ordine minore della chiesa di San Paolo di
Brindisi. Probabilmente il passaggio del manoscritto
dal Bianchi al fondo antico della biblioteca "De
Leo" avvenne o per donazione o per acquisto
da parte dei bibliotecari in seguito alla soppressione
dell'ordine religioso.
Testo di Paola Barbieri.
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Indice
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Miniatura
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Incipit della vita
di Sant'Ilario
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Autoritratto
dell'Amanuense
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Foto di Umberto
de Vitti per Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici
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