L'evangelizzazione
del Salento e la sua latinizzazione poté
verificarsi nel V secolo a opera di religiosi
formati alla scuola di sant'Agostino e preparati
sulle traduzioni latine della Sacra Scrittura
eseguite in Africa per le chiese di quella regione
prima che in Italia per le chiese di questa. Si
trattava di profughi africani che, come attesta
anche Vittorio di Vita (484), qui si rifugiarono
per sfuggire alle persecuzioni poste in atto dai
vandali d'osservanza ariana.
Traccia dei "vescovi e dei cristiani provenienti
dal Nordafrica", giunti nella metropolia
di Brindisi è "nel culto antico per
sant'Oronzo in Lecce"; le leggende concernenti
questo santo, cui l'attribuito scampo dalla peste
nel 1656 determinò il sorgere di nuove
correnti di devozione popolare, trovarono momenti
di focalizzazione anche nell'area culturale brindisina.
Il sant'Oronzo venerato nel Salento è da
identificarsi col martire Arontius di Potenza,
ricordato dall'antico martirologio Geronimiano;
si tratta di un martire sicuramente esistito il
cui corpo, insieme a quello di altri santi appulo
- lucani, venne traslato verso la metà
del sec. VIII a Benevento. In questo centro longobardo
si venne a formare la leggenda secondo la quale
Aronzo e Fortunato - quest'ultimo non compare
nel Geronimiano ma risulta da un'altra antica
fonte quale la passio di San Felice di Thibiuca
- farebbero parte del gruppo dei dodici fratelli
africani martirizzati nella persecuzione di Massimiano
in varie città del mezzogiorno d'Italia.
La leggenda ha scarsissima attendibilità
e di certo ha solo il riferimento all'esistenza
e al martirio dei santi citati. Da Potenza e Benevento
il culto di sant'Aronzo si diffuse in molti centri
meridionali come attesta una vasta documentazione
ascrivibile ai secoli XI-XIV. A Lecce il culto
oronziano non ha riscontri anteriormente al XII
secolo e appare localizzato e riferibile a una
chiesa fuori le mura sull'attuale sito della cappella
detta del martirio di Sant'Oronzo.
In
Ostuni la memoria oronziana ha precedenze legate
all'onomastica cinquecentesca; gli atti di santa
visita del 1558 evidenziano come molti sacerdoti
abbiano il nome di Rontius, evidente derivato
di Orontius; il 4 giugno 1567 il Capitolo Cattedrale
di Ostuni accetta un legato del defunto abate
Federico Lercario il quale concede dei beni che
debbono essere utilizzati per il sostentamento
di un sacerdote addetto alla chiesa di Sant'Oronzo
fuori le mura. Almeno dalla metà del XVI
secolo esisteva una chiesa con dedicazione oronziana
sul monte Morrone lì dove, nel secolo successivo,
sarebbe stata scoperta la grotta in cui il santo
avrebbe trovato scampo in età neroniana
e il fonte che avrebbe fatto aprire nella roccia;
le riscoperte memorie, fissate e sacralizzate
per la costruzione o ricostruzione del santuario
realizzata poco dopo l'evitata peste del 1656,
ebbero fama di miracolose.
Riferiscono i bollandisti sul prodigioso fonte
di sant'Oronzo sui monti di Ostuni che il 25 del
mese di maggio del 1711 cessò di fornir
acqua e il 26 agosto dello stesso anno, nel qual
giorno si ricorda il martirio di codesto santo,
da quello scaturì acqua per dar refrigerio
a quanti erano giunti al santuario provenendo
non solo da Ostuni e centri viciniori ma anche
da Terra di Bari. L'acqua cessò di scaturire
il giorno 27 dello stesso mese e anno e non fu
disponibile per molti mesi a seguire. Ciò
attestarono il 20 maggio 1733 il sindaco Bernardino
Lucesani, gli uditori Giuseppe Giaconìa
e Lazzaro Fortunato Paleolo, il cancelliere della
città di Lecce Orazio Tommaso Marasco aggiungendo
che ove qualcosa di sinistro accadesse alla statua
di sant'Oronzo, andrebbe interpretato come funesto
presagio per la città. In questi stessi
anni a sant'Oronzo si attribuisce la miracolosa
guarigione del napoletano don Fabio Surgente,
allora residente in Ostuni.
La tradizione
della cavalcata che viene svolta ad Ostuni
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