Mons. Ercole Lavilla, per
tutti don Lino, è stato grande
uomo e grande sacerdote.
In questa premessa è verosimile si possano
ritrovare quanti hanno conosciuto don Lino, uomo
serio, competente e puntuale nelle varie attività
esercitate sempre con estremo zelo, nelle sue
varie accezioni di confessore, uomo di cultura,
consigliere.
Numerosi sono stati gli incarichi rivestiti nell’arco
della sua vita sacerdotale; è stato responsabile,
ovvero vicario giudiziale, dal 1985 al 2002, del
Tribunale Ecclesiastico dell’arcidiocesi
di Brindisi Ostuni, istruendo e portando a termine,
con estrema soddisfazione delle parti, numerose
pratiche riguardanti delicatissime questioni matrimoniali.
Dal 1985 al 1997 fu parroco in Brindisi di San
Benedetto-Sant’Anna; s’impegnò
allora a seguire personalmente i lavori di restauro
occorsi nella chiesa di titolarità sempre
con discrezione e competenza.
Fu docente di religione nel liceo classico di
Brindisi nonché collaboratore-vicario della
preside prof.ssa Marisa Corciulo.
Grata memoria è della sua presenza quale
assistente spirituale de i “Convegni culturali
Maria Cristina di Savoia” e dell’Associazione
Italiana Maestri Cattolici (AIMC). Non va dimenticato
il suo operato quale canonico penitenziere, cappellano
delle Suore d’Ivrea, assistente del gruppo
“Diaconato e ministeri istituiti laicali”,
assistente alla pastorale familiare nella parrocchia
Santissima Trinità – Santa Lucia.
Nella curia arcivescovile ha svolto le mansioni
prima di notaio poi di cancelliere; ancora, recentemente,
ricopriva il ruolo di direttore spirituale del
nuovo seminario Benedetto XVI, al proficuo
servizio dei giovani aspiranti al sacerdozio.
Vita indubbiamente impegnata fu quella di don
Lavilla; aveva tuttavia la virtù di ben
programmare i suoi incarichi e di portarli sempre
a termine. Sembra che vita privata e spazi personali,
cui teneva tantissimo, non subissero sconvolgimenti
a causa delle sue occupazioni.
Particolarissima rilevanza ebbe un altro suo incarico,
quello di assistente spirituale della FUCI, Federazione
Universitari Cattolici Italiani; non a caso ho
voluto esplicitarlo per ultimo poiché fu
proprio in tale circostanza –parlo della
metà degli anni Sessanta- che avvenne il
nostro incontro e si avviava una conoscenza che,
col trascorrere del tempo, sarebbe poi diventata
amicizia.
Nella FUCI brindisina si forgiava e formava buona
parte della futura leva di professionisti, docenti
e dirigenti cittadini. Ne erano iscritti e frequentanti:
il prof. Gianfranco Liberati, stimatissimo docente
universitario; l’avv. Teodoro Selicato;
il dirigente scolastico Antonio Lopedote; la prof.ssa
Ivana Tundo; la prof.ssa Rosalba Iaccarino; la
prof.ssa Maria Paola Stomati; il medico otorinolaringoiatra
Pasquale D’Agnello; i bancari: Rosalia Assi,
Onofrio (Fiuccio) Carone, Marina Suma
e Ada Quartulli; il commercialista dr. Luigi D’Ambrosio,
il direttore dell’A.P.T. Cosimo Meca, io
sottoscritto che vi parlo e i compianti: prof.
Teodoro Errico, che certo voi tutti ricorderete,
e il dott. Vito Russo, vice-provveditore agli
Studi.
Le riunioni si tenevano ogni giovedì pomeriggio
alle ore 19.00 nella sala lettura e studio della
biblioteca pubblica arcivescovile “Annibale
De Leo”, ubicata dove attualmente sono gli
uffici della curia arcivescovile.
Da lì, gli incontri furono poi spostati
presso la sala parrocchiale della chiesa Santissima
Addolorata – Pietà; se mi è
consentito dirlo, si trattava di un vero e proprio
laboratorio culturale, una fucina di idee formata
da giovani di belle speranze inizialmente guidati
da mons. Giacomo Perrino, uomo di grande cultura
il cui valore era riconosciuto non solo in ambito
ecclesiale ma anche in ambienti e ambiti laici
di diverso sentire. A succedergli fu don Lino
Lavilla che ricoprì quel prestigioso incarico
dal 1963 al 1966; si trattò di anni proficui
e indimenticabili per quei giovani che si giovarono
delle lezioni, degli insegnamenti e degli esempi
opportuni e concreti allora offerti.
Molti di quegli ex giovani si avvalgono tuttora,
si direbbe, dei solchi tracciati dalla preparazione
che, con pazienza e col pregio di ascoltare tutti,
don Lino tracciava indelebilmente. A don Lino,
nella FUCI, successe nell’incarico don Damiano
Dadorante, suo compagno di corso e di studi; la
Federazione Universitaria si spostava allora al
secondo piano del palazzo Di Giulio, al civico
18 di via Cesare Battisti.
Mons. Ercole Lavilla era nato a Brindisi il 27
febbraio 1932 da Francesco, ferroviere, e da Rosa
Ravera, casalinga; crebbe nei dettami di un’educazione
cristiana e cattolica inculcatagli principalmente
da mamma Rosa, detta Pierina, che era nata in
quel di Ovada, in Piemonte, provincia di Alessandria.
Don Lino assorbì bene quei rigorosi principi
materni; fu fanciullo e ragazzino gioioso impegnato
in un percorso di studi che si avvicendava nella
più assoluta normalità: scuola elementare,
media, istituto tecnico per geometri che frequenta
con diligenza fino al terzo anno compiuto.
A 16 anni, frequentando la terza classe dell’istituto
tecnico per geometri, mancandogli solo due anni
agli esami di stato, in tempi non facili per la
sua famiglia, assunse la difficile e inderogabile
decisione di ritornare indietro, di ripartire
nuovamente dalla terza media, per sostenere gli
esami integrativi di latino. Ciò gli era
indispensabile per dedicarsi agli studi classici
necessari per comprendere tutti gli impegnativi
riferimenti inerenti la teologia il cui studio
si apprestava a intraprendere, con grande entusiasmo,
prima nel seminario di Ostuni, poi in quello di
Brindisi, infine in quello regionale “Pio
XI” di Molfetta.
Don Lino aveva compreso che la sua strada era
quella di dedicarsi agli altri, di porsi al servizio
degli altri, servendo la chiesa; pur giovanissimo,
aveva raggiunto maturità e capacità
di discernimento tali per cui nessuno avrebbe
mai potuto dissuaderlo dal diventare quel che
agognava di fare fin da bambino: il prete.
Fu presbitero, dal greco presbyteros
che sta per anziano, nel senso pieno del termine
ossia collaboratore dell’ordinario diocesano
nel suo triplice incarico di insegnare, di santificare
e di governare le anime. Il principale è
quello di santificare le anime ed esso si esprime
nel culto e nella celebrazione dei sacramenti
sicché il presbitero è detto anche
sacerdote. I presbiteri hanno l’onere di
essere direttori spirituali di una comunità
che devono governare sapientemente secondo tre
speciali peculiarità: amico del bene, giusto,
pio. La necessità di questa perfezione,
che assimilando a Cristo impone doti d’impegno
e di massimo rispetto, fu da don Lino onorata
in tutte le accezioni richiamate. Fu sacerdote
al servizio della chiesa e dei fedeli, compito
che svolse con obbedienza alle gerarchie e soprattutto
con umiltà; l’umiltà è
principio di saggezza, perché conserva
l’uomo nell’equilibrio, è condizione
per l’efficacia della preghiera, della grazia
e della salvezza, è preludio di gloria.
Egli ebbe la capacità, anche se era alieno
dal mettersi in evidenza, di conquistarsi la fiducia
dei suoi insegnanti in seminario tanto che nel
1953, ventunenne, fu assistente in una classe
di liceo.
Il 10 luglio 1960 fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo
mons. Nicola Margiotta che da subito lo inserì
nel capitolo metropolitano; sarebbe poi stato
cerimoniere dello stesso prelato e dei suoi successori.
Il ministero sacerdotale lo iniziò nell’antica
chiesa dei Cappuccini sotto la paterna ed esemplare
guida del parroco don Andrea Lopez, uomo molto
vicino ai suoi fedeli, mite e predisposto all’ascolto,
vero faro d’esempio per don Lino che mai
lo dimenticherà.
Don Lavilla ebbe anche la capacità di rispettare
sempre le proprie radici; si riteneva per metà
brindisino e per metà piemontese. Ogni
anno si recava nel paese dell’adorata mamma,
Ovada, luogo in cui durante la seconda guerra
mondiale aveva soggiornato lungamente. Si trattava
di viaggi che, abbandonando temporaneamente la
sua casa di Brindisi in via San Leucio 37, si
ripeterono puntualmente insieme alla famiglia
della sorella Fulvia, coniugata con l’indimenticato
e compianto prof. Pietro Baldini e madre di Enrica.
A Ovada, situata ai piedi del passo del Turchino,
don Lino s’immergeva nelle belle, verdi
colline che, in un panorama completamente diverso
dal nostro, parevano inseguirsi irregolarmente
sullo sfondo dei monti le cui cime erano sempre
imbiancate dalla neve.
Molte volte, dopo aver contemplato le meraviglie
della natura uscite dalle mani di Dio, si ritirava
in silenziosa preghiera nell’oratorio della
Santissima Annunziata. Si trattava per lui di
ricordi indelebili che non mancava di riferire
con piacere quando se ne presentava l’occasione.
Quei famosi e indimenticabili viaggi in Piemonte
si protrassero fino al 1980, data della morte
di mamma Rosa, tragico evento che, segnando non
poco la vita di don Lino, lo spinse a dedicarsi
con ancora più forza e impegno allo studio,
alla riflessione, alla preghiera.
Nella sua esemplare riservatezza, tuttavia, non
rinunziò a quella intensa e variegata attività
pastorale che gli derivava dai numerosi incarichi
assolti con competenza e puntualità.
Alla guida della parrocchia San Benedetto dal
1985 al 1997, riuscì a istaurare con i
parrocchiani un significativo rapporto che scaturiva
dalla sua alta levatura morale e dalla sua straordinaria
saggezza.
A volte, non basta essere un buon sacerdote, bisogna
anche essere una brava persona, e don Lino lo
era.
Confessarsi a lui era una ricchezza, la sua premurosa
accoglienza, la sua discrezione, la sua capacità
di dar conforto erano uniche; durante la Santa
Messa le sue omelie aprivano orizzonti di serenità.
Testimone eloquente dell’evangelizzazione
e dell’amore cristiano, fu molto benvoluto
dai giovani. Per diversi anni docente di religione
presso il liceo classico “Benedetto Marzolla”
di Brindisi, ne divenne una figura simbolo.
Don Lavilla forgiò comportamento e intelligenza
di intere generazioni di studenti, insegnando
non un teorico cristianesimo, ma quello vero e
concreto: sintesi di uno stile di vita improntata
alla conoscenza, alla sobrietà, al dialogo,
alla solidarietà.
Capace di travalicare i confini della sua materia,
amava e diffondeva il pensiero di tre grandi uomini
non solo della letteratura italiana, ma di tutti
i tempi: Dante, del quale conosceva approfonditamente
la Divina Commedia, il Foscolo, del quale
spesso citava i versi de I sepolcri ed
Alessandro Manzoni, del quale non dimenticava
l’Adelchi e gli Inni Sacri.
Gli studenti lo seguivano con passione e, nonostante
la facoltatività dell’insegnamento
della religione cattolica, non un solo alunno
abbandonò le sue lezioni.
Veramente significative le parole pronunciate
e scritte dalla sua collega di liceo, prof.ssa
Jolanda Guadalupi: “… Quando don Lino,
intorno agli anni ’70 iniziò la sua
esperienza scolastica nel nostro istituto, forti
erano le tensioni nel mondo della scuola e della
società in genere. Egli si trovò
ad affrontare questi momenti difficili cercando
di essere vicino ai suoi alunni con l’ascolto
e la disponibilità al dialogo che sempre
lo hanno contraddistinto, dando prova di grande
umanità e comprensione delle problematiche
relative al mondo dei giovani”.
Sono parole che non hanno bisogno di ulteriori
aggiunte o approfondimenti; lo denotano come uomo
pacato, pronto ad ascoltare e non a giudicare,
attento a ogni dinamica umana, prodigo nel dispensare
fiducia a chiunque ne avesse bisogno.
Don Lino Lavilla è venuto meno il 10 aprile
2009; come ha scritto monsignor Angelo Catarozzolo
“era venerdì santo, il giorno più
grande della storia, perché contrassegnato
dal Cristo crocifisso che con la Sua morte rivela
il cuore di Dio, aperto all’amore e al dolore
di tutti gli uomini”.
L’arcivescovo, mons. Rocco Talucci, celebrò
la liturgia esequiale nel vespro della Santa Pasqua,
nella basilica Cattedrale colma di sacerdoti e
fedeli.
La chiesa dedica e ricorda il 2010 come anno
sacerdotale: fra i tanti doni che Gesù
ha elargito all’umanità la figura
del sacerdote, simboleggiata per l’occasione
dalla semplicità del curato d’Ars,
emerge come segno di un amore infinitamente grande.
È incredibile per la stessa famiglia del
sacerdote osservare come un giovane possa diventare
oggetto di predilezione di Dio, scelto da Dio
stesso, per essere il prolungamento, attraverso
i secoli, della Sua stessa opera redentrice.
Se ci soffermassimo a riflettere sul mistero che
è il sacerdozio proveremmo una grande gratitudine
per il Signore, per averci donato don Lino che
stasera ricordiamo. A tal proposito, desidero
proporre alcuni brani della significativa preghiera
che il Convegno di cultura Maria Cristina
di Savoia gli ha dedicato: “Ricorderemo
sempre il Suo sorriso e la Sua profonda commozione
quando ci parlava di Te; Signore Gesù,
facendo appello alla Tua infinita misericordia,
Ti preghiamo di renderlo partecipe della gloria
celeste a cui ha sempre aspirato.”
Il papa Benedetto XVI, nella sua preghiera per
l’Anno Sacerdotale, scrive: “Fa che
la carità dei nostri Pastori nutra ed infiammi
la carità di tutti i fedeli, affinché
tutte le vocazioni e tutti i carismi donati dal
Tuo Santo Spirito possano essere accolti e valorizzati”.
Le due preghiere si addicono perfettamente a don
Lino come, sotto altro aspetto, il celebre passo
paolino: “Ho combattuto la buona battaglia,
ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.
Ora mi resta solo la corona di giustizia che il
Signore, giusto giudice, mi consegnerà
in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti
coloro che attendono con amore la sua manifestazione”
.
Noi tutti che lo abbiamo conosciuto ricorderemo
don Lino Lavilla: sacerdote, professore, amico
come l’uomo che ha vissuto, nella spiritualità,
una vita di cose concrete, in cui i gesti valgono
più delle parole. Un’esistenza, quella
di don Lino, che ha lasciato il segno in molti
cuori e in tutti noi.
Si riproduce,
con l’autorizzazione dell’autore,
la relazione svolta il 27 febbraio 2010 in Brindisi
nell’aula magna del seminario arcivescovile
“Benedetto XVI”.
Mons. Ercole Lavilla, per tutti don Lino
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