Brindisi è stata fra
le prima città dell'occidente ad accogliere
il messaggio evangelico. Collocata nel cuore del
Mediterraneo, era il luogo d'imbarco verso l'oriente
per commercianti, legionari, studiosi e pellegrini.
Lo stesso Pietro, per quel che ne riferisce, circa
il 170 Dionigi di Corinto, potrebbe qui essere
approdato. L'apostolo, venendo dall'oriente, imbarcandosi
a Corinto è verosimile sia sbarcato a Brindisi
da cui avrebbe potuto proseguire per Roma attraverso
la via Appia. Questo itinerario fu seguito, ai
primi del II secolo, da sant'Ignazio d'Antiochia
nel corso del viaggio che compì per raggiungere
Roma dalla Siria, toccando Filadelfia, Smirne,
Troade, Napoli, Durazzo e Brindisi.
Nel corso del III secolo si possono
pensare già attive nel territorio corrispondente
alla Puglia attuale le sedi episcopali di Brindisi,
Canosa, Troia, Lucera e Salapia. Il metropolita
brindisino Marco è uno dei sette delegati
occidentali, unico della penisola italiana, presenti
nel 325 al concilio di Nicea. Qui era presente,
quale accompagnatore di Alessandro patriarca di
Alessandria, Atanasio che, nel 357, pare riferirsi
ai monaci di Terra d'Otranto quali destinatari
della sua Vita Antonii. Paolino da Nola
(353/4-431), scrivendo tra il 398 e il 400 un
augurio di accompagnamento diretto al santo vescovo
Niceta di Remesiana rileva la presenza di monasteri
maschili e femminili tra Lecce e Otranto.
Nel Salento trovarono rifugio
nel V secolo profughi africani che, come attesta
anche Vittorio di Vita (484), qui si rifugiarono
per sfuggire alle persecuzioni poste in atto dai
vandali d'osservanza ariana. Traccia dei vescovi
e dei cristiani provenienti dal Nordafrica è
nel culto antico per sant'Oronzo in Ostuni; qui
l’onomastico ha diffusione già nel
XVI secolo allorché è riferimento
a una chiesa dedicata a sant’Oronzo e ubicabile
sul monte Morrone. Le attuali modalità
cultuali sono legate al seicentesco rinvenimento,
sul monte Morrone, della grotta in cui il santo
avrebbe trovato scampo in età neroniana
e del fonte che avrebbe fatto aprire nella roccia.
San Leucio, è alle origini
dell'esperienza cristiana nel Salento. Buona parte
delle sedi episcopali di Terra d'Otranto lo esige
quale protagonista delle rispettive leggende di
fondazione quasi a significare l'originario rapporto
di filiazione con la cattedra di Brindisi. La
diffusione del suo culto in Italia meridionale
si ebbe in coincidenza con la conversione ufficiale
dei longobardi del ducato di Benevento al cristianesimo
ad opera di san Barbato (+680) e della duchessa
Teoderada (+706). È in questo periodo che
il corpo di Leucio è traslato da Brindisi
a Trani da dove, in seguito, sarebbe stato trasferito
a Benevento centro del culto dei santi appartenenti
all'Italia meridionale o in essa venerati. Leucio
sarebbe nato in Alessandria d'Egitto; la sua prima
formazione avvenne in una comunità monacale
egiziana. Una visione, già ordinato vescovo,
lo muove verso Brindisi dove potrebbe essere giunto
ai primi del V secolo, profugo o visitatore dei
confratelli. Segni forti è costretto ad
offrire alla popolazione di Brindisi; sbarca nel
seno di ponente, "non longe ab urbe".
Si rende presto conto dell'esistenza di un forte
partito pagano, capeggiato da Antioco che chiede
e ottiene, per la conversione, un segno ossia
la pioggia. Leucio, che sino a quel momento aveva
predicato poco fuori la porta occidentale della
città, presso l'anfiteatro, poté
promuovere l'edificazione "in media civitate"
di una chiesa dedicata alla Vergine e a San Giovanni
Battista. Seguita la sua morte sarebbe stato sepolto
nel cuore della necropoli pagana di Brindisi,
attuale quartiere Cappuccini, "ubi sanctus
primo appedavit, et de navi descendit".
Sarebbe morto l'11 gennaio o sotto l'imperatore
Teodosio I (379-385) o, molto piú verosimilmente,
Teodosio II (408-50).
Una lettera di papa Celestino I (422-32) indirizzata
il 21 luglio del 429 ai vescovi di Apulia
et Calabria, termine quest'ultimo allora
significante il Salento, fa intendere come la
chiesa abbia salde radici nel territorio. Nel
corso del V secolo, nel territorio corrispondente
all'attuale Puglia, alle sedi episcopali preesistenti
si aggiungono quelle di Siponto, Carmeianum,
Ordona, Trani, Bari, Egnazia, Lecce, Otranto,
Gallipoli e Taranto.
Il nome del vescovo Giuliano è reso dalla
lettera per la quale il pontefice Gelasio I (492-6)
offre conferma all'avvenuta elezione. Il testo
contiene importanti indicazioni e prescrizioni
in ordine alle ordinazioni, alla divisione dei
redditi e al conferimento del sacramento del Battesimo.
Alla fine del VI secolo, Gallipoli,
Lecce e Brindisi si trovano prive del loro capo
spirituale e il pontefice Gregorio Magno incarica
Pietro, vescovo d’Otranto, di visitare queste
sedi sollecitando l’elezione di nuovi vescovi.
Nel 601, ordina allo stesso Pietro di prendere
parte delle reliquie del corpo di san Leucio da
Brindisi e di inviarle ad Opportuno, abate del
monastero dedicato allo stesso santo in Roma.
Nella temperie culturale del settimo secolo si
sviluppa l'episcopato di san Pelino, monaco basiliano
formatosi in Durazzo, trasferitosi in Brindisi,
in uno coi siri Gorgonio e Sebastio e col suo
discepolo Ciprio, in quanto non aderente al Tipo
ossia all'editto dogmatico voluto dall'imperatore
bizantino Costante II nel 648. Pelino, coi suoi
compagni, è difensore dell'ortodossia e
in Brindisi pensa di trovare un asilo sicuro.
Non ancora quarantenne assume la dignità
episcopale; si mostra, in questa veste, fermo
e intransigente innanzi ai funzionari imperiali
che, infine, lo allontanano dalla cattedra brindisina.
Deportato a Corfinio, viene qui condannato a morte
e ucciso probabilmente nel 662 in uno con Sebastio
e Gorgonio, bibliotecari ossia archivisti della
sede episcopale di Brindisi. Da qui il vasto culto
che negli Abruzzi è riservato al santo:
patrono della diocesi di Valva - Sulmona, dedicatario
della basilica cattedrale di Corfinio e di un
piccolo centro abitato nella diocesi dei Marsi.
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