L'assenza dei maschi impegnati nella Grande
Guerra provocò conseguenze rilevanti a livello economico
e sociale. Per le donne il trauma bellico di lunga durata se ha
significato lutto e sofferenza, ha determinato senza dubbio anche
una frattura dell'ordine familiare e sociale. Mentre memoria e
immagine maschile sono caratterizzate da senso d’orrore,
sofferenza e tragedia, alcune testimonianze orali di donne lasciano
intravedere un senso di liberazione e orgoglio retrospettivo,
nonché di accresciuta autostima. Si arrivò alla
rimozione di tabù e confini tra compiti e ruoli canonici;
il risultato di tale drastica rimozione della repressione sociale
femminile, fu dunque un inedito anelito di libertà: si
scopriva possibile vivere sole, uscire da sole, assumersi responsabilità
anche se non sempre accettate senza riserve dagli altri. A colpire
maggiormente l’immaginario collettivo fu la comparsa delle
donne in occupazioni tradizionalmente inconsuete; quotidiani e
riviste dell’epoca divulgavano fotografie di donne italiane
o straniere impegnate come spazzine, tranviere, barbiere, direttrici
d'orchestra, boscaiole, ecc., apparendo tanto insolite, quanto
preoccupanti nei confronti della “normalità”
dettata dalle secolari tradizioni precedenti. Dal confronto tra
i dati censuari del 1911 e del 1921 risulta che, tranne nell'industria,
in tutti gli altri settori (trasporti e comunicazioni, commercio,
banche e assicurazioni, amministrazione pubblica e privata, professioni
e arti liberali) la presenza di manodopera femminile aumentò
in cifre assolute, ma - a causa della crescita complessiva dell'occupazione
- solo in alcuni di essi si verificò un aumento anche in
percentuale: i trasporti, e soprattutto le banche e assicurazioni
(dove passò dal 3,5% all'11,4%), 1'amministrazione (dal
4,7% al 12,9%) e le professioni. Ciò era l'indizio di una
linea di tendenza innescata dalla guerra, che il ritorno alla
normalità nel dopoguerra non fu sufficiente a invertire.
Come afferma il contemporaneo Antonio Gibelli (“La Grande
Guerra degli Italiani 1915-1918”) “…non meno
importante, fu la dilatazione dei compiti e dei ruoli delle donne
nelle campagne: secondo calcoli attendibili, su una popolazione
di 4,8 milioni di uomini che lavoravano in agricoltura, 2,6 furono
richiamati alle armi, sicché rimasero attivi nei campi
(a parte le scarse licenze) solo 2,2 milioni di uomini sopra i
18 anni, più altri 1, 2 milioni tra i 10 e i 18 anni, contro
un totale di 6,2 milioni di donne superiori ai 10 anni. Inevitabile
fu l'occupazione femminile di spazi già riservati agli
uomini, e contemporaneamente lo straordinario aggravio di fatica
e di responsabilità. Le donne videro ancora dilatarsi i
tempi e i cicli abituali del lavoro (col coinvolgimento delle
più piccole e delle piu vecchie), e dovettero coprire mansioni
dalle quali erano state tradizionalmente esentate”.
La Grande Guerra incrinò modelli di comportamento,
le relazioni tra generi e classi di età, nonché
tra le varie classi sociali, mettendo in discussione gerarchie,
distinzioni e autorità ritenute immutabili: un effetto
che sarebbe emerso ampiamente nel dopoguerra, contribuendo a conferire
alle lotte sociali, comprese quelle per i diritti delle donne,
quell'impronta di stravolgimento radicale dell'ordine esistente
che avrebbe fatto per un momento tremare le classi proprietarie.
Articolazione dei lavori:
Coordina e introduce i lavori
Domenico Urgesi - Presidente della Società
Storica di Terra d'Otranto
Indirizzi di saluto
Salvatore Munafò - Presidente Rotary Club,
Brindisi
S.E. Annunziato Vardè - Prefetto di Brindisi
Giuseppe Genghi - Presidente AssoArma, Brindisi
Interventi
Giovanna Bino - Archivio di Stato, Lecce
Salvatore Coppola - Società di Storia
Patria per la Puglia
Antonio Mario Caputo - Società di Storia
Patria per la Puglia
Conclusioni
Giacomo Carito - Società di Storia Patria
per la Puglia