10
aprile 2014
XXXII Colloquio di Ricerca Storica
Cultura e sapienza ebraica in Terra d’Otranto
Brindisi. Palazzo Granafei-Nervegna
Col patrocinio della
Civica Amministrazione, dell’Amministrazione Provinciale
di Brindisi e della Comunità Ebraica di Napoli
Indirizzi di saluto
Luciano Loiacono
Presidente del Consiglio Comunale di Brindisi
Introduzione ai lavori
Cosimo Yehudah Pagliara
Delegato della Comunità Ebraica di Napoli per la Puglia
e la Basilicata
Interventi
Rossella Schirone
Facoltà Teologica Pugliese
Gli ebrei ad Otranto e nel Salento meridionale
Benedetto Ligorio
Società di Storia Patria per la Puglia
Gli ebrei pugliesi e il mare Adriatico tra XV e XVI secolo.
Lo stato degli studi.
Maria Pia Scaltrito
Rivista Eirene
Salomone Origer: un medico ebreo dalla Provenza alla Puglia
di fine Quattrocento.
Giacomo Carito
Società di Storia Patria per la Puglia
Note sulla presenza ebraica in Brindisi
Coordina i lavori
Marco Leo Imperiale
Università del Salento
Questo detto, parafrasi di Is. 2,3, che ampia
circolazione ebbe nell’Europa del XII secolo, rende la rilevanza
delle comunità ebraiche presenti nelle città pugliesi
sin dai primi tempi della diaspora. Nella “Sion dell’Adriatico”
tali comunità non erano isole ma operavano in una rete
di collegamenti e reciproche influenze con ambienti islamici e
cristiani. Ne sono una riprova i numerosi testi che documentano
una tradizione di dibattiti, nel Salento, fra ebrei e cristiani:
il Sepher Yuhasin redatto nell’XI secolo da Ahima’az
ben Paltiel, originario di Oria, riferisce di una disputa, nel
IX secolo, su questioni dottrinarie, in Costantinopoli fra Shefatiah
ben Amittai, di Oria, e l’imperatore Basilio il Macedone.
Rabbi Hananeel, fratello di Shefatiah, avrebbe avuto un analogo
confronto con il vescovo di Brindisi, residente a Oria, Teodosio.
Sembra che Amittai, come tutti gli antichi paytanim , seguisse
il ciclo triennale di lettura della Torah, utilizzato in Eretz
Israel. Questa è un’ulteriore dimostrazione dello
stretto legame tra la comunità di Oria e la “terra
madre” di Palestina. Un manoscritto ebraico della Mishnah,
databile alla seconda metà dell’XI secolo, con glosse
in vernacolo salentino in alfabeto ebraico, prova dell’esistenza
di un locale scriptorium ebraico d’importanza almeno pari
a quelli greci. Profonda è stata l’influenza che
la cultura ebraica ha avuto nel contesto dell’Italia meridionale
e, in particolare, di Terra d’Otranto; basterà qui
far riferimento all’orietano Šhabbetay Donnolo (913-982)
e al suo commento al Libro della Creazione. Rilevò il Sermoneta
come l’opera denoti “un'evidente dipendenza da testi
di astrologia, di filosofia e di medicina che giunsero in mano
all'autore senza aver subito la mediazione del mondo culturale
islamico". Può dirsi che, intrecciandosi pensiero
scientifico e religioso, si anticipino sintesi quali quella di
Michele Scoto. Lo stesso Donnolo, in cenni autobiografici, rileva
l’alto spessore culturale della comunità in cui si
era formato e cui con la forza era stato sottratto il 925: “Fui
portato via dalla città di Oria, luogo della mia nascita,
dall’armata degli Ismaeliti, nel secondo giorno della settimana,
nell’ora quarta del giorno, sotto la stella di Marte, il
giorno 9 del mese di Tammuz dell’anno quattromilaseicentottantacinque
dalla creazione del mondo, (ossia) nell’anno 11 del ciclo
(lunare) 247. E furono uccisi dieci rabbini, sapienti e giusti,
sia il loro ricordo in benedizione:R. Hasadyah ben R. Hanan’el,
il grande, il giusto (il ricordo del giusto in benedizione), il
nostro parente, parente di mio nonno chiamato R. Y?’el (la
sua anima nell’Eden); R. Amn?n, R. Urî’el il
Giusto, mio maestro; e R. Menahem, R. Hiyyâ, R. Sad?q, R.
Mošeh, R. H?d, R. Yirmeyah, R. Nuri’el, pii anziani
della comunità, guide di molte generazioni di allievi,
sia il ricordo di tutti loro in benedizione per la vita del mondo
a venire, amen”. Giancarlo Lacerenza ha sottolineato come
“La fisionomia di Donnolo non si può dunque comprendere
alla lucedella sola evoluzione culturale ‘interna’
dell’ebraismo, secondo il paradigma valido per i maestri
vissuti nell’Oriente islamico. Cresciuto nell’area
più esposta, in quel momento, allo scontro fra la tradizione
classica e l’affermarsi di ogni tipo di innovazioni linguistiche,
culturali, religiose e scientifiche, Donnolo non ha avuto il suo
agiografo; con le sue sole forze sembra essersi portato su un
piano molto più progredito rispetto agli intellettuali
cristiani con cui è venuto in contatto. Non è irrilevante
che il Sefer-Hassidim, una raccolta d’ambito renano, contenga
frammenti dell’autobiografia di Donnolo.
Già nel sec. X, furono intensi i rapporti epistolari dei
medici ebrei tra la Puglia, la Spagna e l'Egitto; questa rete
commerciale e culturale, con fulcro nel Regno di Sicilia, rimase
attiva in tutto il Mediterraneo almeno sino a metà del
sec. XIII e ciò avveniva nonostante la diversità
di giurisdizioni: da un lato quella cristiana, dall'altro quella
musulmana, ove operavano anche i collegi rabbinici. Effettivamente
vi fu un notevole influsso culturale esercitato dall'ebraismo
proprio nel contesto italomeridionale. La riprova di ciò
è data casi di conversione alla religione ebraica: fra
queste potrebbe comprendersi quella dell'arcivescovo Andrea di
Bari il 1066.
Abraham ben Samuel Abulafia (1240-1291 ca.), rilevando il carattere
interculturale e multiculturale dell’apporto ebraico, scriveva:
"È assolutamente straordinario quel che è accaduto
agli ebrei in tutta la Sicilia. Non solo parlano l'italiano, o
il greco, essendo queste le lingue di quelli con i quali essi
abitano, ma hanno anche conservato l'idioma arabo che impararono
nelle antiche epoche in cui gli Ismailiti dimoravano lì”.
Nel Mezzogiorno la forte concentrazione degli ebrei in Puglia,
come pure nell'entroterra e sulla costa tirrenica, rese possibile
la formazione di centri di culto e di cultura molto attivi. Questa
realtà è ben testimoniata da Beniamino da Tudela
nel suo Libro di viaggi (1165-1173), ove offre un'idea della prosperità
e delle attività delle varie comunità ebraiche,
non ultima quella di Brindisi. Qui si concentrarono in un’area
prossima al porto: una zona particolarmente adatta, in virtù
dell'abbondanza di acqua, alla produzione tessile. Si tratta di
un impegno in attività artigianali che sarà attestato,
più tardi, da Tommaso d'Aquino nella sua celebre lettera
alla duchessa di Brabante, il De regimine Judaeorum.