La chiesa del Santo Sepolcro,
più nota come San Giovanni al Sepolcro,
è documentata per la prima volta nell’anno
1128. Secondo Demetrio Salazaro il normanno Boemondo
potrebbe averne ordinato la costruzione quale
memoriale della presa di Gerusalemme da parte
cristiana il 1099 . L’edificio fu per secoli
in possesso dei Canonici Regolari del Santo Sepolcro,
ordine che sarebbe confluito nel XV secolo in
quello degli Ospitalieri. Adiacente era un complesso,
di cui persistono ampi frammenti databili al XV
secolo, quali un portico, ora cieco, e una balaustra
nella quale è inserita la croce distintiva
del suddetto ordine.
Il tempio, in stile romanico
con pianta a staffa di cavallo, ricorda quello
dell’Anastasis costantiniana di
Gerusalemme; poteva esserne parte il fonte battesimale
poi reimpiegato il 1618 nella fontana che è
in piazza della Vittoria in Brindisi. Fu essa
voluta da Pietro Luigi de Torres, regio governatore
di Brindisi, a vantaggio dei soldati dei galeoni
spagnoli che erano in porto.
Nella costruzione del tempio
di San Giovanni al Sepolcro, furono reimpiegati
molti materiali architettonici di epoca romana.
Il portale aperto a settentrione, oggi principale,
risale al secolo XII e richiama gli altri coevi
realizzati da artisti che si muovevano lungo una
via che collegava Brindisi a Bari, ad Ancona,
a Benevento e a Modena ove gli stessi motivi plastici
si ritrovano firmati da Wiligelmo. È possibile
si tratti di reimpiego di materiali già
destinati alla basilica cattedrale di Brindisi.
Esso ha un architrave in marmo decorato con fogliami
d’acanto spinoso su una cornice con ovuli
alternati a dentelli. Ai lati gli stipiti marmorei
sono ricamati con decorazioni vegetali e raffigurazioni
quali: Sansone che spezza le fauci ad un leone;
pavoni posti in modo simmetrico; una lotta fra
due uomini nudi; un guerriero normanno, con spada
e scudo ovale appuntito verso il basso, che combatte
forse contro un saraceno. L’architrave è
sormontato da un protiro cuspidato sostenuto da
leoni stilofori; il capitello di destra propone
volti di esseri umani i cui orecchi vengono morsi
da uccelli mostruosi, quello di sinistra uomini
con perizoma e donne con tuniche che danzano.
Il portale di ponente, originariamente il principale,
in asse con la troncatura della staffa, nei sette
riquadri per stipite, offre la rappresentazione
di simboli cristiani di derivazione anche veterotestamentaria,
quali il leone, il cervo, la sfinge, il vitello,
il pistrice, l’aquila, l’agnello,
il rinoceronte e il toro. Il terzo portale è
in corrisponde di un frutteto, in area di privata
proprietà.
Gli spazi interni sono scanditi
da otto colonne al centro, e da altrettante semicolonne
sul muro perimetrale. Quasi tutte sono di marmo
cipollino e granito, con capitelli corinzi reimpiegati
da un più antico edificio di epoca romana
o cubici, arrotondati agli spigoli inferiori,
ornati di dentelli in alto.
Alle pareti si notano resti
di affreschi per la gran parte trecenteschi; si
tratta spesso di veri palinsesti come documenta
eloquentemente la rappresentazione di San
Giorgio che uccide il drago.
Il tetto in legno realizzato
nel XIX secolo, sostituisce la volta originale;
l’intero complesso, all’atto dell’acquisizione
da parte della civica amministrazione, era ridotto
a rudere per la mancanza di qualunque intervento
manutentivo nel periodo in cui era stato acquisito
dal pubblico demanio in conseguenza di provvedimento
eversivo nei confronti della proprietà
ecclesiastica. A iniziativa di Giovanni Tarantini
fu sede delle civiche collezioni archeologiche
poi confluite nel museo provinciale.
Sull’intero complesso
si notano incisioni realizzate da pellegrini diretti
o di ritorno da Terra Santa; si segnalano le numerose
croci e le rappresentazioni di una nave normanna
accanto al portale di ponente e della triplice
cintura accanto al portale settentrionale. Questo
simbolo antichissimo è in grotte, cattedrali,
luoghi sacri; fu adottato dai templari che lo
usarono per contrassegnare luoghi di particolare
sacralità. Nell’arcidiocesi di Brindisi
– Ostuni appare sul portale della chiesa
del Carmine di Mesagne. Risulta composto da tre
quadrati concentrici collegati da linee centrali.
Molti sono i significati a esso attribuiti.
Nel cortile, che costeggia il
tempio sono, in abbandono almeno apparente, resti
d’età romana quali basamenti con
testi epigrafici, un basamento marmoreo, una grande
base di colonna con toro, trochilo nonché
alcuni fregi. All’interno, sotto l’attuale
piano di calpestio, sono osservabili i resti di
una domus romana con magnifici mosaici
a tasselli neri e bianchi.
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