Nel
centro storico di Brindisi, fra il vecchio quartiere
contadino di San Pietro degli Schiavoni e l'altro
marinaro delle Sciabiche, a largo San Paolo, è
l'omonima chiesa con annessa residenza dei conventuali
francescani.
La chiesa, molto probabilmente, fu edificata per
volere di Carlo I d'Angiò, re di Napoli,
il quale il 2 marzo 1284 fece dono alla comunità
francescana locale del suolo su cui essa sorge;
molto il suo successore Roberto contribuì
alle spese per l'erezione.
Secondo Giovanni Maria Moricino
(1558-1628), la chiesa di San Paolo di Tebe, primo
eremita, fu terminata nell'anno 1322, data riportata
anche su una delle travi del soffitto dell'edificio
stesso.
La dedicazione si spiega sia con la fortuna in
Francia del culto di questo santo, ove ebbe un
importante riferimento a Cluny, che con la traslazione
delle sue reliquie da Costantinopoli in Venezia,
nella chiesa di San Giuliano, il 1240.
La
struttura architettonica, ad aula unica e coro
rientrante rettangolare, riprende il diffuso modello
adottato da vari ordini mendicanti e prediletto
particolarmente proprio dai frati minori.
Il tipo era già stato sperimentato in Francia
dove aveva manifestato notevoli vantaggi sia economici
che in materia di tempo e praticità; si
adattava benissimo al messaggio francescano per
l'assenza di barriere visive o uditive all'ascolto
della parola di Dio.
Sulle pareti si conservano resti delle decorazioni
pittoriche che un tempo la ingentilivano con teorie
di santi e scene di pietà cristiana.
Attiguo è l'antico convento francescano,
soppresso nel 1809, in cui aveva studiato Giulio
Cesare Russo, il futuro san Lorenzo da Brindisi,
oggi adibito a pubblici uffici.
Nella cura della chiesa ai conventuali sarebbe
subentrata la confraternita dell'Immacolata Concezione
che ne ottenne formale comodato d'uso dall'arcivescovo
Pietro Consiglio (1826-39) il 1828 ma che da tempo
vi aveva sede.
Aggancio
alla tradizione culturale romanica può
considerarsi la riprosizione, particolarmente
evidente sul lato sud della chiesa, della bicromia
determinata dall'uso di arenaria grigia, pietra
bianca di Carovigno e carparo locale. L'alternanza
di conci bianchi e rossi è riproposta nel
giro degli archi a coronamento delle monofore
e all'interno dei corrispondenti sguanci.
La chiesa di San Paolo Eremita è il primo,
vero, monumento gotico della città di Brindisi
e si inserisce, nella storia cittadina, in un
periodo di passaggio tra le vecchie manifestazioni
di architettura medievale e le nuove istanze culturali
provenienti da Napoli e dall'Italia centrale.
In essa, la parte inferiore è costituita
da grossi massi in carparo mentre quella superiore
è scandita da conci più piccoli
e regolari: ciò è da addebitarsi
alla pratica medievale di riutilizzare materiale
di risulta da altri edifici per ottimizzare i
tempi e i costi delle nascenti costruzioni. Come
attesta l'atto di donazione del suolo, qui era
l'arx messapico romana ancora utilizzata dai normanni;
la sopraelevazione del piano di calpestìo
della chiesa, rispetto alla strada, è il
frutto del riutilizzo di tale antica rocca cui
pertiene il bugnato di carparo che riveste la
zoccolatura inferiore dell'edificio.
Sul
lato meridionale dell'edificio si aprono monofore
e bifore che rappresentano alcuni degli elementi
originari della struttura non intaccati dai successivi
rimaneggiamenti; nel 1505 si procedette alla sostituzione
del soffitto originale in "gigli pintati"
con l'odierna copertura a capriate. Per i lavori
eseguiti in conseguenza di minaccia di crollo
fra 1825 e 1826, fu riedificata la facciata, arretrata
di otto metri rispetto alla precedente con conseguente
soppressione della prima campata e rimozione di
due altari. Dell'originale decorazione del soffitto,
oggi restano solo pochissime tracce, in particolare
sui puntoni dove si ritrovano fasce zigzaganti
e a spina di pesce, dal gusto islamico tipiche,
per lo stesso periodo, dell'edilizia sacra e civile
siciliana.
Sulla fiancata destra si apre un portale sormontato
da un protiro cuspidato; la lunetta è sostenuta
da un architrave decorato con una fila di boccioli
mentre l'archivolto ripropone motivi vegetali
classici, tipici della Terra d'Otranto e di chiara
ascendenza orientale.
Per
quanto riguarda le decorazioni pittoriche, lungo
la parete meridionale vi è una nicchia
gotica decorata con un affresco raffigurante la
Vergine e san Giovanni sotto la Croce di cui però
restano visibili solo frammenti su fondo scuro.
Un dipinto molto simile, riferibile al XV secolo,
si trova in analoga collocazione in San Benedetto.
Nella cuspide sovrastante sono invece riprodotti
due angeli in volo che reggono un tondo. In generale,
i motivi trilobati, le cornici zigzagate, gli
elementi a foglia, che si rintracciano tra nicchie
e monofore rimandano a tradizioni figurative ancora
una volta orientali su cui si inseriscono innovazioni
goticheggianti di origine transalpina. Lungo le
pareti della navata pochi sono i resti pittorici
originari perché a essi furono sovrapposti,
lungo la parete meridionale, gli altari di San
Giuseppe da Copertino, Sant'Antonio da Padova
(1632), Santa Maria (1603) e su quella settentrionale
gli altri del Santissimo Crocifisso, della Immacolata
(1741), dei Santi Vito, Modesto e Crescenza realizzato
dagli scultori leccesi Agostino de Matteis e Pietro
Spongano. Le macchine degli altari, le più
antiche delle quali commesse dallo spagnuolo Ferdinando
Perez Noguerol, richiamano altri coevi lavori
in Nardò con riferimento agli altari ai
Santi Medici e in Monteroni, quali il portale
del palazzo comitale, pure vicini al gusto di
Francesco Antonio Zimbalo, per la maniera di trapuntare
la pietra di Lecce, più che con la sapienza
del cesellatore, con la grazia dell’artista
della filigrana.
Fra le tele, è stata attribuita
ad Alessandro Fracanzano quella della Madonna
del Carmine con i santi Caterina, Paolo eremita,
Diego e la famiglia Perez Noguerol dipinta nel
1603, a secenteschi artisti locali la Immacolata
Concezione, il Transito di san Giuseppe e l'Annunziata.
La Madonna della Concordia, dipinta fra
la fine del XVI e primi del XVII secolo proviene
dalla omonima chiesa, di proprietà della
famiglia Monticelli, che nel 1883 fu acquistata
e demolita dal comune di Brindisi. La Visitazione
è opera autografa del nobile pittore brindisino
Jacopo de Vanis che l'eseguì nel 1559 per
l'altare sotto lo stesso titolo demolito nel 1900
per dar luogo a un pergamo eliminato poi coi restauri
del 1964. La cappella di San Francesco, in cui
pure è il monumento sepolcrale di Obbedienzo
Vavotico realizzato il 1699, fu voluta dallo storico
brindisino Giovanni Maria Moricino (1558-1628)
che a Venezia, con ogni probabilità, fece
modellare la statua lignea del santo. Sembra essa
esemplata sul modello offerto dalla tavola d'analogo
soggetto, attribuita a Giovanni Antonio de' Sacchis
(1484 - 1539), detto il Pordenone, conservata
nella chiesa di San Francesco d'Assisi in Gallipoli.
I frammenti rimasti degli affreschi, attribuibili
al XIV secolo rendo la rappresentazione de L'albero
della Croce, Santi e Madonna con Bambino
sulle pareti del coro; delle Opere di Misericordia,
Santi, Storie di santa Maria Maddalena,
Scene cortesi, Santo Stefano, sulla
parete meridionale della navata.
Il
culto per la Maddalena fu vivissimo presso gli
Angiò; in Provenza, presso St-Maximim,
esisteva una grande caverna detta S. Maria de
Balma o Ste Marie-de-la-Baume. In questo luogo
dalla metà del sec. XIII fu localizzato
l'episodio della penitenza di santa Maria Maddalena
desunto dalla leggenda fiorita sulla vita di santa
Maria Egiziaca a Vezelay, dove dalla metà
del sec. XI era apparso il culto di santa Maria
Maddalena, immaginando che Maria Maddalena e Massimino
fossero venuti dalla Palestina in Provenza dove
si additavano i loro sepolcri che dal 1279 si
ritenne fossero invece a St-Maximim. Nella raffigurazione
di San Paolo è riproposto il tema del viaggio
che la santa avrebbe compiuto in Provenza Entra
questa chiesa nel novero dei santuari mariani
per la devozione verso la Vergine Immacolata cui
si attribuì lo scampo dal terremoto del
20 febbraio 1743. Si tratta di una macenula, una
statua vestita in corso d'anno con quattro abiti
diversi con cambio evidenziato in occasione della
Pasqua di resurrezione. Di particolare interesse
è quello caratterizzato da un ricco ricamo,
presumibilmente settecentesco, originario ornamento
di una veste nuziale della famiglia Sierra. Nella
sacrestia è il grande armadio, opera di
ebanisteria locale, datato 1725.
Testo base di Silvia Palano
Foto (dall'alto verso il basso):
La chiesa di S.Paolo - immagine d'epoca
Immacolata (macenula) - clicca per ingrandire
Nicchia gotica con affresco della Vergine e san
Giovanni sotto la Croce
Salvatore Quarta. San Paolo. Esterno. Acquerello.
1890. - clicca per ingrandire
Santo Stefano (affresco)
Scene cortesi (affresco)
La Visitazione (tela di Jacopo De Vanis) -
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