1. La storia
La chiesa parrocchiale di San Vito Martire
sorge in Brindisi, nel rione Commenda, negli anni
tra il 1962 e il 1968 su un suolo di proprietà
della curia arcivescovile di Brindisi. Erano state
elaborate e redatte varie diverse relazioni per
la sua costruzione. Il primo progetto generale
risale al 1955, anno in cui don Raffaele Rocchetta
riceve dall'arcivescovo, mons. Nicola Margiotta,
l'incarico di sovrintendere ai lavori per la costruzione
di un complesso parrocchiale. Ci si riferisce
al "nuovo ed esteso rione in località
Commenda nella città di Brindisi"
come giustificativo dell'edificazione di una chiesa,
con locali annessi per opere di religione, con
una superficie coperta di mq 400, capace di ospitare
circa 1000 fedeli. In altra ipotesi progettuale,
del 1956, la costruzione della chiesa e dei locali
annessi è legata anche alla necessità
di assorbire manodopera disoccupata. La relazione
dell'Ufficio del Genio Civile di Brindisi, redatta
nel 1958, aveva ancora per oggetto l'ampliamento
dei lavori di costruzione della chiesa e l'edificazione
di locali adibiti ad asilo nel rione Commenda.
Tali opere pubbliche avevano la finalità
di alleviare la disoccupazione locale, specie
nel campo dell'artigianato, e quella di dare asilo
ai ragazzi di strada prevenendo eventuali devianze.
Il 20 febbraio 1960 l’architetto Giuseppe
Campos Venuti redigeva un nuovo progetto, da ritenersi
definitivo, approvato dalla Pontificia Commissione
Centrale per l’Arte Sacra nell’adunanza
del 7 marzo 1960.
Giuseppe Campos Venuti è nato nel 1926
a Roma dove, dopo aver partecipato alla guerra
di Liberazione, ha studiato, si è laureato
in architettura e ha iniziato l'insegnamento dell'urbanistica.
Dal 1968 al 2001 ha insegnato urbanistica nella
Facoltà di Architettura del Politecnico
di Milano.
È presidente onorario dell'Istituto
Nazionale di Urbanistica dal 1990 e ne è
stato presidente effettivo dal 1992 al 1993. È
stato presidente del Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici dal 2000 al 2001. È
autore di numerose pubblicazioni, spesso tradotte
all'estero, fra le quali Amministrare l'urbanistica,
ed. Einaudi, Urbanistica incostituzionale,
ed. Marsilio, Urbanistica e austerità,
ed. Feltrinelli, La terza generazione dell'urbanistica,
ed. Franco Angeli, L'urbanistica riformista,
ed. Etas libri, Cinquant'anni di urbanistica
in Italia, ed. Laterza.
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G. CAMPOS
VENUTI,
Sede parrocchiale quartiere Commenda
Brindisi, 20 febbraio 1960
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Il rione conobbe negli anni tra
il '60 e il '70 un notevole aumento demografico,
con l'arrivo di immigrati provenienti dalla provincia
e dal Salento raggiungendo i 30.000 abitanti.
In questi anni avvenne la costruzione della chiesa,
con la posa della prima pietra il 28 maggio 1962.
I lavori di costruzione furono possibili grazie
al contributo dello stato, ai cantieri scuola,
all'aiuto economico degli abitanti del quartiere
e alla partecipazione di una piccola comunità
di profughi istriani rifugiatisi in Brindisi al
termine della guerra. Il rappresentante di tale
comunità, il capitano di marina Giuseppe
Doldo, che curava i legami tra i giuliani e la
popolazione brindisina, chiese che la parrocchia
fosse dedicata a San Vito Martire, protettore
della città di Fiume, cui erano particolarmente
devoti.
Più di recente, nel 1998, il parroco don
Peppino Apruzzi ha dato vita al progetto di ristrutturazione,
già pensato dal parroco precedente, don
Giuseppe Convertini, resosi improcrastinabile
a causa delle precarie condizioni di alcune strutture
e della insufficiente capienza della chiesa stessa,
frequentata da un numero sempre maggiore di fedeli.
A partire dal 1992, in seguito alla visita dell'arcivescovo
mons. Settimio Todisco, il Consiglio Pastorale
Parrocchiale ha riflettuto sistematicamente sulla
possibilità di una ristrutturazione. Maturata
la decisione, la progettazione è stata
affidata allo studio dell'architetto Antonio Martello
di Brindisi ed è stata approvata dai vari
organismi parrocchiali e diocesani. Si è
così dato il via ai lavori che si sono
protratti per circa due anni.
2. La chiesa dopo la ristrutturazione
Luogo centrale è il cortile, in cui si
svolgono attività, si organizzano celebrazioni
e si vivono momenti di festa comunitaria. Su di
esso affacciano i vari locali della parrocchia:
il cine-teatro che ha l'ingresso principale in
via Sicilia; il seminterrato, in cui è
stato ricavato un mini laboratorio artigianale;
il pianterreno, dove sono ubicati gli uffici parrocchiali,
gli uffici Caritas, il centro d'ascolto
e un ampio salone per assemblee; il primo piano,
dove si trovano le aule per la catechesi e la
biblioteca parrocchiale; il secondo piano, adibito
a sede scouts. In alto svetta il campanile,
di forma avveniristica, corredato di quattro campane,
due dal suono grave e due dal suono acuto. L'accesso
alla chiesa è consentito sia da una lunga
e ampia rampa che dalle scale che salgono dal
cortile. Entrambe conducono al sagrato, ampio
e accogliente, coperto da un tetto di rame e legno.
I criteri adottati perché la chiesa-edificio
consenta ai cristiani di costruirsi Chiesa-popolo
di Dio attorno alla mensa dell'Eucaristia e della
Parola sono semplici, coincidenti con quelli enumerati
dalla Conferenza Episcopale Italiana. Al centro
del nuovo presbiterio, abbracciato dall'aula assembleare
che si protrae oltre i gradini, è la mensa
del Sacrificio; sul suo asse l'ambone e la sede
del presidente. È stata costruita, al termine
della navata sinistra, una cappella per l'adorazione
dell'Eucaristia.
Chiesa di San Vito Martire.
Interno con altare maggiore
3. I particolari
Nella parete sinistra, lungo tutta la navata,
sono stati collocati i bassorilievi in pietra
delle stazioni della Via Crucis (foto
in basso), raggruppate secondo criterio:
le fasi della condanna, quelle della passione,
quelle della morte. Sui pilastri delle pareti
laterali sono poste otto croci in pietra che stanno
ad indicare Cristo, pietra angolare su cui poggia
tutto l'edificio; altre due sono all'interno della
cappella del Santissimo.
Sulla parete destra, in prossimità del
fonte battesimale, è stato affisso un trittico
ligneo, pezzo unico di W. Piccolruaz (Ortisei
- 1988). Nella tavola centrale è raffigurata
la Trinità: Dio Padre che sorregge il mondo,
lo Spirito Santo in forma di colomba, il Figlio
Gesù risorto; nelle tavole laterali due
angeli oranti.
La
pavimentazione è in marmo. Nel passaggio
centrale sono state collocate tre figure a mosaico:
all'ingresso l'agnello (foto
a destra), simbolo di Dio Figlio che ci
accoglie con la sua Redenzione; al centro la colomba,
simbolo di Dio Spirito che ci dona la sua grazia;
ai piedi del presbiterio una mano aperta (foto
in basso), simbolo di Dio Padre che con
amore ci ha creato e con amore ci chiama, per
Cristo, nello Spirito, al Padre. Il presbiterio
è ampio, a forma tondeggiante; al centro
è l'altare, monoblocco di pietra leccese.
Secondo le nuove norme liturgiche la mensa è
quadrata (cm 125x125) ed è posta su un
piedistallo rotondo poggiato su una base quadrata.
Ai quattro lati dello stelo sono scolpiti segni
eucaristici: una spiga di grano, un grappolo d'uva,
una forma di pane, un calice.
Nella parete destra del presbiterio sono stati
ricavati due incavi; in uno sono riposti l'Evangelario,
i Lezionari e i libri sacri; nell'altro,
più piccolo, i vasetti con gli oli per
i catecumeni, per gli infermi e il Crisma.
Adiacente al presbiterio, all'altezza dell'ambone,
è il fonte battesimale, composto da due
parti: lo stelo e il catino. Nello stelo è
abbozzata una figura umana, non ben definita;
si nota un volto dall'espressione sofferente,
simbolo dell'uomo non ancora rigenerato, affaticato
nel travaglio dal peccato alla grazia. Ai quattro
lati del catino, o lavabo, sono rappresentati
gli evangelisti nella simbologia classica: angelo
(Matteo), leone (Marco), toro (Luca), aquila (Giovanni).
La
cappella del Santissimo, di nuova costruzione,
ricavata su strutture esterne, è suggestiva
e raccolta. È resa luminosa da quattro
grandi finestre policrome a soggetto vetero e
neotestamentario: la manna e le quaglie nel deserto,
la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il tabernacolo
è inserito in una colonna lignea incisa
a lingue di fuoco, di fattura artigianale,
che rappresenta la colonna di fuoco che
guidava di notte il popolo ebraico nel deserto.
Al centro della parete sinistra è collocata
un'icona della Santissima Trinità, di scuola
russa, con rimando a quella, con lo stesso titolo,
di Andrey Rublëv. Ai piedi di tale icona
è posto un leggio che sorregge la Bibbia
del Giubileo.
Sulla controfacciata è stata collocata
una vetrata policroma composta da due grandi riquadri
che rappresentano paesaggi della nostra terra.
Alla base di entrambi c'è il mare; in quella
di sinistra, paesaggio diurno, emerge un albero
d'olivo dal tronco contorto e illuminato dal sole;
in quello di destra, paesaggio notturno, la luna
splende sul mare. In alto vola una colomba con
nel becco un ramoscello d'ulivo, simbolo di pace.
La parete di fondo è divisa in due parti;
nella metà di sinistra troneggia la statua
lignea del Cristo risorto, l'altra metà
è occupata da una vetrata policroma di
pregiata fattura opera del senese Fiorenzo Ioni,
realizzata il 1968, avente a tema la Storia
della salvezza dell'uomo. Si può suddividere
in tre parti: nel triangolo superiore è
istoriata la Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso
terrestre; al di sotto sono Il sacrificio
di Isacco a sinistra e la Natività
a destra. Tutta la metà inferiore della
vetrata rappresenta La discesa dello Spirito
Santo sugli apostoli e la Madonna, nel giorno
di Pentecoste. In alto, piccole e poco evidenti,
le figure di Adamo ed Eva hanno la testa china
come sopraffatti dalla vergogna. Eva sorregge
in una mano il pomo della disobbedienza; alle
loro spalle si intravede un angelo con la spada
fiammeggiante.
Più grandi le figure della seconda parte.
Abramo ha in mano il coltello per il sacrificio,
Isacco le braccia abbandonate lungo il corpo in
atto di supplica. La scena della natività
ci mostra la Vergine Maria inginocchiata a mani
giunte, san Giuseppe alle sue spalle, entrambi
in posizione frontale; il bambino è in
posizione supina sulla paglia, con le braccia
alzate verso il cielo. Al centro della vetrata,
in evidenza, la colomba, segno dello Spirito Santo,
da cui si dipartono raggi che scendono, sul capo
della Madonna e degli apostoli sotto forma di
lingue di fuoco; la Madonna è in posizione
frontale, gli apostoli hanno il viso rivolto verso
l'alto e appaiono tutti di profilo.
La cappella delle confessioni si apre nella
navata destra, verso il fondo; è resa luminosa
da una finestra a vetri policromi, in cui si evidenzia
il cero pasquale. In essa sono situate le statue
lignee della Madonna Addolorata, del Crocifisso
e di Gesù morto. Per consentire
la massima capienza durante le celebrazioni è
stato costruito, con arte e in armonia con la
struttura, un ammezzato sul fondo della chiesa.
La statua di San Vito fu commissionata
allo scultore Giacomo Vincenzo Müssner di
Ortisei, come memoria dei profughi istriani e
dalmati; il santo ha nella mano destra la palma,
simbolo del martirio, e nella sinistra la riproduzione
della torre civica della città di Fiume.
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delle immagini e dei testi.
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