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SANTISSIMA ANNUNZIATA
Mesagne

Interno - clicca per ingrandireNon lontano dal tempietto di San Lorenzo Martire (scheda) è la parrocchiale della Santissima Annunziata, sviluppatasi sul sito di una cappella con lo stesso titolo, beneficiale dell'arcipretura di Mesagne, che, nel 1468, da decreto dell'arcivescovo Goffredo Carusio (1425-72), si sa avesse come cappellani Lantonius de Lantone e Philippus de Qualliaseriis .
Il 23 settembre del 1530 fu concessa ai domenicani rinnovando una precedente disposizione rimasta priva d'esito perché, come riferisce una cronaca domenicana, "giunta la peste, doppo la guerra e poi il sacco in quella terra, si crede, che i religiosi ivi andati a fondare il convento, o avessero morti sotto tali flagelli, o avessero per altri conventi partito". Dopo il 1548 i frati dell'ordine dei Predicatori demolirono la prima chiesa per costruirne una più ampia, a tre navate che avevano ideale chiusura nelle cappelle dell'Annunciazione, del Rosario e di San Tommaso d'Aquino. La porta maggiore, firmata dal neretino Francesco Bellotto e datata 1555, decorata lungo gli stipiti con alcuni fregi, sull'architrave presenta a rilievo l'ingresso trionfale di un sovrano in una città. Si tratta, secondo lo Jurlaro, di un "motivo, forse di repertorio, ripreso dal portale del castello di Napoli, forse commissionato per ricordare un avvenimento locale".
La trabeazione è sormontata da una lunetta al centro della quale è scolpita, su un drappo, una Madonna che regge con la mano destra, sulle ginocchia, il Bambino e con la sinistra un libro, accanto a due figure inginocchiate. Ai due lati è rappresentata l'Annunciazione.
Risultando la nuova chiesa inadeguata e, soprattutto, priva di luce, si decise l'erezione di una nuova, a sinistra dell'antica, con posa della prima pietra il 16 ottobre 1701. Il progetto, redatto da Giuseppe Cino fu portato a esecuzione dai maestri Mauro e Tommaso Capozza di Lequile cui con atto del 25 settembre 1701 erano stati appaltati i lavori per la fabbrica della nuova chiesa. Nel 1715 le opere in muratura erano completate e rimaneva da eseguire la copertura a tavolato come da progetto. I padri domenicani avevano pensato a una soluzione diversa preferendo una copertura a lamia; malgrado i negativi pareri del maestro Tommaso Capozza e di Giuseppe Cino, il 9 settembre 1716 fu stipulato altro capitolato d'appalto con il maestro Angelo Guido e i figli Francesco e Donato di San Pietro in Lama. Il completamento della volta a lamia si ebbe nel 1720 ma non resse i danni derivanti dal terremoto del 20 febbraio 1743. I mastri muratori Pasquale di Tomaso, Leonardo Caroppo e Antonio Pressa testimoniarono in una dichiarazione i danni inferti dal sisma all'intera fabbrica; qualche tempo dopo, dalla regia udienza di Lecce, fu mandato l'ingegnere Pasquale Margoleo per la valutazione dell'entità dei danni e allo stesso i frati nel 1745 assegnarono i lavori di risanamento conclusisi il 1750. La cappella di San Tommaso d'Aquino fu riutilizzata come sacrestia della nuova chiesa che, a dire di Serafino Profilo, "riuscì, com'oggi si vede, magnifica, maestosa, lucida, bella, che non cede in bellezza alle più belle chiese del regno. Contiene una sola nave, ma grande, sei altari oltre l'altare maggiore, e tre porte".
Il portale, di grande pregio artistico e testimone non irrilevante della scultura rinascimentale in Puglia, in uno col rosone della pristina costruzione fu recuperato e inserito "nella parete a levante della nuova fabbrica dell'odierno coro"a metà del XIX secolo.
Il convento, costruito nel XVI secolo, fu ampliato nel 1666 allorché le pareti dei corridoi furono affrescate dal pittore mesagnese Tommaso Scalera.
Lo schema della facciata della chiesa, articolantesi in due ordini simmetrici con il piano inferiore leggermente più largo di quello superiore, secondo la tipologia della chiesa tridentina, richiama il prospetto della chiesa di Santa Chiara in Lecce. Questa differenziazione tra il prospetto superiore e quello inferiore farebbe pensare che siano stati realizzati in due momenti diversi.
Elementi riconducibili all'architetto leccese Giuseppe Cino possono riscontrarsi, oltre che nello schema, nella tipologia delle nicchie e del finestrone del piano superiore di gusto rococò, in contrasto con le nicchie dell'ordine inferiore di fattura manieristica.
Il portale è fiancheggiato da coppie di lesene scanalate poggianti su plinti schiacciati ed incorporati nella zoccolatura.
La NativitàPiù elaborato e più riccamente decorato è l'interno della chiesa. Essa, molto vicina ai modelli leccesi, si presenta con un'unica ampia navata a pianta ottagonale irregolare. Tre cappelle aperte per lato su ampie arcate di eguale misura furono successivamente accorpate alla navata, come attestano le date, e illuminate da ampi finestroni. I costoloni della volta sono sostenuti da lesene di ordine corinzio che superano l'aggettante cornicione molto sagomato.
All'interno si conservano magnifiche tele: la Natività di Saverio Lillo (1708-89), la Visitazione di Domenico Pinca (1746-1813), l'Apparizione della Madonna a San Giacinto, la Madonna del Rosario e San Domenico in Soriano, con arma araldica della famiglia Albricci Farnese, attribuite al pittore mesagnese Gian Pietro Zullo (1557-1619). Notevoli i due Crocefissi lignei, uno dei quali proveniente dalla diruta chiesa di San Rocco, e la settecentesca statua in legno, laccata, di San Leonardo Abate, già nella chiesa sotto lo stesso titolo. Si crede donata da Bartolo Longo la statua in cartapesta con rappresentazione di Sant'Antonio Abate realizzata dal mesagnese Francesco Cellino il 1914. Di grande interesse è la pisside, databile al sec. XV, proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Ponte di Brindisi. Alla sua base sono attaccati due scudi con incisione; sul primo è l'immagine della Madonna a mezzo busto e il ponte, sull'altro l'arma della città costituita dalle due colonne. Pare possibile che quest'arredo liturgico sia stato donato alla chiesa brindisina dai sovrani aragonesi. Il pulpito, tardo secentesco, in noce, con stemma domenicano, ha decorazioni in oro e damasco. L'ostensorio, realizzato in Napoli il 1677 per volontà del padre Vincenzo Geofilo, che ne fece dono ai domenicani di Mesagne, è in argento e bronzo argentato. Sul fusto cesellato s'innesta una raggiera la cui finestrella è contornata da tralci di vite, grappoli d'uva, palmette e perline. Alla liberalità dello stesso Geofilo si deve la custodia del Santissimo Sacramento in legno, bronzo, rame e vetri dipinti realizzata sempre il 1677. La statua processionale della Madonna del Rosario rinvia a una devozione tipica dell'ordine domenicano e interseca, per la qualità dell'abito, la storia del tessile.
Soppresso nel 1809 il convento, la chiesa rimase di fatto in abbandono sino a che non venne ceduta in uso, il 16 maggio 1848, alla confraternita di San Leonardo. Il 15 gennaio 1930 l'arcivescovo Tommaso Valeri eresse la parrocchia della Santissima Annunziata guidata da Vincenzo Pappadà (1930-9), Umberto Priore (1939-48), Francesco Campana (1948-53 vicario economo, 1953-1986 parroco) Alberto Diviggiano (1986).

Testo di Elisa Romano


Fotogallery

foto di Umberto de Vitti per Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici
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1: Interno della chiesa
2: Custodia del SS. Sacramento
3: Ostensorio
4: Pisside
5: Portale del Bellotto
6: Pulpito
7: Statua di San Leonardo Abate
8: Statua della Madonna del Rosario

 

Documenti
Il restauro del simulacro della Vergine del Rosario
A. FRANCO, L'opera di un ignorato scultore salentino del Rinascimento
Carmela Gentile. Note su Angelo da Pietrafitta e la sua produzione scultorea

Disegni di A. Franco
relativi al portale rinascimentale
da sx:
- Schizzo grafico delle figurazioni del fregio
- Portale. Profilo
- Portale. Prospetto

Planimetria e prospetti dello Studio D'Amato Engineering
Planimetria
Prospetto
principale
Prospetto
laterale
Prospetto
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