Il
santuario di Sant'Angelo de Luco, poi di
Santa Maria di Lucula, ora conosciuto come Santa
Maria di Belvedere, in territorio di Carovigno,
si sviluppò su precedenze costituite da
un insediamento in grotta utilizzato da comunità
monastiche di rito greco quale riferimento per
la colonizzazione del territorio e la sua riduzione
a coltura. Sottoposto in età normanna al
controllo di enti ecclesiastici latini, abbandonato
per il progressivo concentrarsi della popolazione
nei centri urbani, la devozione verso l'immagine,
con la sua riscoperta, sancì, in certo
senso, un momento di rinnovata comunione tra greci
e latini nel Salento; la 'nzegna, ossia
la bandiera che viene battuta nei giorni della
festa belvederiana, ha simboli mariani sia orientali
che occidentali.
Tra XV e XVI secolo s'intensificano gli interventi
nella chiesa in grotta; Pirro de Loffreda, zio
di Luigi, allora barone di Carovigno, nell'anno
1500 commissiona non meglio determinati lavori
al maestro Gallo; nel 1501 incarica il maestro
Giovanni Lombardo di Ostuni della costruzione
dell'edicola della prima grotta ove è un'immagine
della Vergine di Belvedere. Un'epigrafe in sito
assicura, nella circostanza, anche della costruzione
della soprastante chiesa.
I graffiti lasciati dai visitatori e l'esecuzione
di affreschi votivi confermano intensa frequentazione
e non sporadici pellegrinaggi per tutto il sedicesimo
secolo. Nel 1728 viene costruito un nuovo altare
nella seconda grotta, a iniziativa del carmelitano
Giuseppe Maria Marraffo, cappellano di Belvedere,
forse coadiuvato nell'intrapresa dal confratello
Placido Colucci.
Nel 1875 Alfredo Dentice dei principi di Frasso,
che sulla chiesa vantava un contestato diritto
di patronato esercitato nei secoli precedenti,
a partire dai Loffreda, da quanti avevano avuto
signoria feudale su Carovigno, restaurò
e ampliò la chiesa lasciandone memoria
epigrafica e rendendole, nell'essenziale, l'aspetto
attuale.
Il 29 dicembre 1979 mons. Settimio Todisco, arcivescovo
di Brindisi e amministratore apostolico di Ostuni
(1975-2000) dichiarava Santa Maria di Belvedere
santuario cittadino.
La chiesa, a unica navata, ha al suo interno,
sulla destra, l'accesso agli ipogei; per una scalinata
s'accede alla prima grotta in cui è l'edicola
voluta da Pirro de Loffreda il 1501. L'immagine
mariana originaria è ora nuovamente visibile
nella nicchia dopo lo stacco operato di quella,
a essa sovrapposta, del XVIII secolo.
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per ingrandire
1 - Battitura della 'Nzegna
2 - Madonna con Bambino
3 - Madonna con Bambino |
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Durante i recenti interventi
sugli affreschi della grotta superiore del santuario
di Santa Maria di Belvedere in Carovigno si è
proceduto allo stacco del dipinto parietale, avente
a soggetto la Madonna con Bambino, collocato
nella nicchia dell'edicola Loffredo (foto
2 - sopra).
Si è reso così visibile un affresco,
databile fra la fine del XIV e primi del XV secolo,
con rappresentazione della Madonna con Bambino
(foto 3 - sopra).
L'iconografia della Vergine è quella dell'Odighitria
che sorregge il Bambino con il braccio destro
e leva la mano sinistra nel tradizionale gesto
di presentazione del Figlio. Questi benedice alla
latina con la mano destra e stringe nella sinistra
un rotulo chiuso. Le figure sono piuttosto appiattite,
i colori stesi in larghe campiture. L'unico movimento
è affidato alla banda dorata che sottolinea
l'orlo del maphorion sullo sfondo della
veste rossa.
Sulle pareti laterali della nicchia sono ora leggibili
le immagini di quattro santi vescovi fra i quali
pare ben identificabile un San Nicola.
Il dipinto staccato sarà ricollocato in
sito adiacente l'edicola.
Ai lati della nicchia è
un'Annunciazione. Numerosi, sia nella scalinata
che nella grotta, sono gli affreschi in stato
frammentario e le graffite memorie di devoti visitatori;
distinguibili paiono le rappresentazione della
Vergine e devoti, dell'Arcangelo Michele,
di una Madonna con Bambino.
Nella seconda grotta, ove è il settecentesco
altare voluto dal Marraffo, sono altre tre immagini
mariane e una di un santo vescovo, quest'ultima
emersa durante recenti lavori di restauro.
Notevole è la statua in pietra, degli ultimi
del XV o primi del XVI secolo, della Madonna
di Finibus Terrae originariamente collocata
sull'altar maggiore della chiesa.
Foto nel testo: Interno della
chiesa superiore
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