Un pellegrino innanzi l'icona
del Casale
L'illustre pellegrino, che la
tradizione ricorda in preghiera innanzi l'immagine
della Vergine del Casale venerata in Brindisi,
sarebbe stato san Francesco d'Assisi di ritorno
da Gerusalemme:
si narra che "il santo, reduce da un viaggio
in oriente, dopo aver attraversato per tutto il
giorno le viuzze dell'antica Brindisi medievale
predicando ovunque ed esortando al bene, colto
dalle tenebre della sera e dovendo pensare al
suo riposo corporale, avesse deciso di rifugiarsi
nella penisoletta a destra della città,
animata da una bella borgata detta il Casale,
che sorgeva intorno all'edicoletta bizantina,
e che qui presso, nella solitudine dei campi si
riparasse nella notte. Ma la sorpresa al suo risveglio
fu una tela di ragno che come velario occultava
la vista della Vergine, e Francesco con quella
umiltà che lo distingue parlò a
frate ragno e questi rimangiò i fili della
sua tela liberando la sacra effige".
La
sacra immagine non è piú visibile
ma ne rimangono testimonianze nelle fonti, nella
bibliografia e in foto dell'Istituto Luce, una
è nella voce Brindisi dell'Enciclopedia
Italiana; doveva trattarsi di un'icona lignea
andata distrutta nel 1919 nel corso dei restauri
cui allora fu sottoposta la chiesa e che portarono
alla demolizione dell'altar maggiore.
Si tratta di memoria questa riferibile alla precoce
presenza francescana in Brindisi. Una prima presenza,
verosimilmente episodica, si ha già nel
1215; in quell'anno il beato Egidio d'Assisi,
diretto con un confratello verso Terra Santa,
vi si fermò per qualche tempo in attesa
di un imbarco. Nelle more "unum urceum acquisivit,
in quo portans aquam ibat per civitate clamando:
Qui vult emere aquam? et pro mercede corporis
necessaria pro se et socio recipiebat ".
Non si trattava dell'unica chiesa della zona;
ancora nel 1606, le relazioni di santa visita
ricordano la chiesa di San Francesco "retro
Sanctae Mariae dello Casale "; allora "fuit
reperta in tecto fere diruta, altare denudatum,
et immonditijs plena et aperta "; cronache
francescane, quali quella di Bonaventura da Lama,
ricordano, nel giardino del convento, una chiesetta
dedicata all'Assunta.
La genesi della chiesa, ai margini di un frequentatissimo
itinerario quale quello costituito dall'Appia
Traiana e non distante dalle cale portuali di
ponente in cui era ampia disponibilità
d'acqua dolce, si determina nell'avanzare della
linea dei coltivi che caratterizza il XIII secolo
e che trova riscontro nell'azione promossa dalla
sede arcivescovile di Brindisi nel ripopolare
casali abbandonati, quale quello di San Pancrazio
Salentino o di promuoverne la costituzione di
nuovi quale quello di Santa Lucia nell'area di
Fiume Grande. La presenza di tre chiese e dei
resti dello stesso casale ancora nel tardo '600
rendono all'ipotesi piena credibilità.
Lo sviluppo di Santa Maria va dunque intrecciato
con quello della fortuna della grande via dei
pellegrini, della frequentazione delle cale portuali
vicine e dello sviluppo dell'abitato, in cui non
dovevano mancare strutture d'ospitalità,
cui ineriva. Ospizi o ospedali per i crocesignati
o i pellegrini diretti in Terra Santa erano ovviamente
lungo il grande itinerario che aveva uno snodo
essenziale nei porti pugliesi e fra questi, in
particolare, Brindisi. Qui, a vantaggio dei viaggiatori,
erano sedi dei teutonici, dei templari, dei lazzariti,
dei giovanniti, degli ospitalieri del Santo Spirito
e dei canonici regolari del Santo Sepolcro oltre
a istituzioni locali quali gli ospedali di San
Tommaso, Tutti i Santi, Sant'Egidio e San Martino;
è da credere che gli ospizi per i pellegrini,
almeno in origine, fossero fondati fuori delle
mura e poi compresi nella nuova cerchia. Frequenti
sono le tracce lasciate nella chiesa da quanti
si dirigevano o tornavano dalla Palestina; gli
affreschi, di cui si darà descrizione,
sono commissionati da pellegrini che affidano
alla Vergine del Casale le fortune del loro viaggio.
Fra questi, non mancano ordini religiosi quale
quello degli Ospitalieri; i cavalieri di san Giovanni
avevano in Brindisi, case di accoglienza, arsenali
e una loro base navale. Da qui salpavano verso
il Levante dopo aver pregato innanzi l'icona di
Santa Maria del che un percettore, Gaucerio, volle
assicurare perpetua memoria attraverso un testo
epigrafico dipinto sulle pareti della chiesa,
quasi in calce a un affresco dallo stesso Guacerio
voluto nel 1366:
HOC OPUS FIERI FECIT
DNS. GAUCIERI...PRAE
CEPTOR [ SANCTI JOANNIS
JEROSOLIMITANI.
AD. MCCCLXVI ]
Un
altro ordine cavalleresco, quello dei templari,
lega le proprie vicende a quelle di Santa Maria.
Riunitosi preliminarmente il 15 maggio 1310, sette
giorni dopo in Santa Maria del Casale s'insediò
il tribunale, presieduto dall'arcivescovo di Brindisi
Bartolomeo da Capua (1306-19) e composto da Arnolfo
Bataylle, arcidiacono di Natzania nella diocesi
di Bourges, Berengario de Olargiis, narbonese,
cappellano papale, Jacopo di Carapelle, canonico
di Santa Maria Maggiore in Roma che su disposizione
del pontefice Clemente V (1305-14) doveva procedere
contro i templari del regno di Sicilia. Il successivo
4 giugno, "in camera palacii castri regis
civitatis Brundusii" furono ascoltate le
deposizioni dei templari Giovanni da Nardò
e Ugo Samaya, precettore "domus templi sancti
Georgii de Brundusio". I testi, in carcere
da due anni, dissero ciò che da loro ci
si aspettava e che doveva consentire l'emanazione,
nel 1312, delle bolle papali Vox in excelso e
Ad providam Christi, per le quali si sopprimeva
l'ordine e se ne attribuivano i beni in Italia
prevalentemente agli ospitalieri.
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