La
matrice, con la costruzione, completata nel 1778,
di una facciata barocca, fu ampliata, restaurata
e orientata all'inverso rispetto alla precedente,
iniziata nel 1571, ossia dopo la battaglia di
Lepanto e il ritorno in patria dei soldati di
San Vito. Il 19 agosto 1571 si stipulava il contratto
di costruzione tra l'arciprete Giovanni Maria
Prete, Giorgio Recchia e Vito Saracino deputati
novae ecclesia construndae e i maestri
Gaspare e Vincenzo della Porta e Giovanni Patechi
di Manduria. Nel 1595 sarebbe stata completata
la sola crociera "col coro e campanile, all'infuori
dell'ultimo ordine, e della cupola". In quell'anno
parrocchia e capitolo qui si trasferirono dalla
vecchia parrocchiale di Santa Maria degli Angeli.
Fu compiuta nei primi del sec. XVII; dagli atti
di santa visita del 1613, oltre l'altar maggiore,
risultano in essere le cappelle del Santissimo
Sacramento, dello Spirito Santo, dei
Santi Cosma e Damiano, di Santa Maria
della Vittoria, del Carmine, eretta
il 1606, e del Capitolo, ora di San
Vito.
L'interno è caratterizzato dalla grande
navata centrale con copertura a botte fra le più
grandi d'Italia. La navata sinistra si sviluppa
con cinque campate coperte a ombrello su base
ottagonale mentre quella destra, dopo la prima
campata a crociera, presenta la seconda a ombrello
e in successione altre tre campate a crociera.
La parrocchiale fu dedicata a Santa Maria della
Vittoria della quale conserva, nel vano del
coro che è pure del secolo sedicesimo,
un'immagine su tela, forse di scuola veneta, in
cui la Vergine dal cielo annunzia la vittoria
della battaglia, riprodotta nello sfondo, al pontefice
Pio V attorniato da sovrani e comandanti fra i
quali dovrebbe annoverarsi il sanvitese Ruggiero
Danusci che allo scontro di Lepanto avrebbe partecipato.
La tela risulta acquistata nel 1610 a iniziativa
del notaio Antonio Recchia. Il prospetto della
chiesa cinquecentesca, oggi parte terminale di
quella barocca, è uno tra i rari esempi
di architettura locale esemplificata da modelli
rinascimentali senza l'affiorante sostrato dell'architettura
medievale. Questo prospetto ricorda infatti quelli
di altre celebri chiese come San Francesco
a Ferrara, Sant'Agostino a Roma e Santa
Maria Novella, di Leon Battista Alberti, in
Firenze.
Notevole
il patrimonio d'interesse storico-artistico: oltre
alla già citata tela di Santa Maria
della Vittoria occorre almeno far menzione
delle altre pale d'altare aventi a soggetto L'ultima
cena, compresa già in un inventario
del 1611, la Nascita della Vergine, attribuibile
a fra Giacomo da San Vito (+1667), la Crocefissione
che Giuseppe Candida dipinse il 1750, l'Ultima
Cena, firmata da Paolo De Maio il 1777, la
secentesca Madonna della Cintura, le settecentesche
Gloria di sant'Oronzo, San Rocco,
San Raffaele arcangelo.
Sulla parete orientale della navata destra laterale
è il Giudizio universale che Barnaba
Zizzi (1762-1828) dipinse il 1816. Maestosa, a
tre settori, in legno dipinto con cornici, fregi,
cimasa, decorati in oro zecchino è la settecentesca
cassa d'organo; in essa è lo strumento
attuale, inaugurato il 27 marzo 1973, realizzato
dalla ditta Ruffatti di Padova.
Le sedici sculture lignee con
rappresentazione dei Misteri della Passione,
sono opera di intagliatore meridionale operante
tra la fine del XVIII e primi del XIX secolo.
In argento è la statua di San Vito
di cui è menzione già negli atti
di santa visita del 1558. Il santo indossa una
tunica damascata ed è fiancheggiato da
due cani con evidente riferimento allo scampo
dalla rabbia per sua intercessione. La devozione
per il giovinetto siciliano Vito, martirizzato
con la nutrice Crescenza e il pedagogo Modesto
durante la persecuzione di Diocleziano, va collegata
col particolare popolamento che questa città
ha avuto. Essa fu infatti abitata inizialmente
da slavi forse provenienti da Fiume ove questo
santo era particolarmente venerato. Notevole è
anche il reliquiario argenteo di San Vito, realizzato
in Napoli il 1758 per munificenza dei coniugi
Vito Domenico Nardelli e Maria Battaglini.
Oltre a quella verso il patrono san Vito Martire,
una speciale devozione è rivolta all'icona
della Madre di Dio Nicopeia, generatrice
di Vittorie, consacrata il 25 marzo 1995 dal card.
Marco Ce, Patriarca di Venezia. Nell'ottobre 1995
nel corso delle celebrazioni per il IV centenario
dell'apertura al culto della chiesa, mons. Settimio
Todisco, arcivescovo di Brindisi-Ostuni, apre
la nuova Porta Santa, in bronzo, opera
dello scultore Ernesto Lamagna, dando inizio all'anno
santo giubilare della chiesa e consacra il nuovo
altare ligneo, opera, insieme a tutto l'arredo
del presbiterio, dello scultore-intagliatore Flavio
Pancheri. Il 26 ottobre 1996, Giovanni Paolo II,
nel corso di un'udienza speciale concessa all'intera
diocesi, incorona solennemente l'icona della Madre
di Dio Nicopeia a protezione di San Vito
dei Normanni. Il 30 dicembre 1998, col breve apostolico
"Inter sacras" la chiesa di Santa
Maria della Vittoria è proclamata Basilica
Pontificia Minore; il pontefice Giovanni Paolo
II, dopo aver ricordato la battaglia di Lepanto
e il culto alla Madre di Dio Nicopeia:
"che Noi Stessi
nel 1996 abbiamo incoronato",
evidenzia il ruolo spirituale, liturgico, pastorale
e culturale di Santa Maria della Vittoria
in San Vito e nel territorio. La proclamazione
ufficiale avviene il 13 febbraio 1999 con la lettura
del breve apostolico da parte di mons. Francesco
Gioia, arcivescovo segretario del Pontificio
Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli
Itineranti, durante la solenne concelebrazione
eucaristica, presieduta da mons. Settimio Todisco,
arcivescovo di Brindisi-Ostuni.
Bibliografia
R. JURLARO, Storia e cultura dei monumenti brindisini,
Brindisi: ed. Amici della A. De Leo, 1976.
A. CHIONNA, Beni culturali di San Vito dei Normanni,
Fasano: Schena, 1988.
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Foto di Umberto De Vitti:
1:Prospetto principale
2:Antica facciata
3-4: Interno
5: Cupola
6: Barnaba Zizzi. Giudizio universale
7: Ecce Homo
8: Organo
9: Scuola veneta. Santa Maria della Vittoria.
Olio su tela. XVI secolo
10, 11, 12 Vedute interne dall'alto della chiesa
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