Brindisini illustri
IL TENORE GIUSEPPE
PILIEGO
Il cantante lirico brindisino si è distinto
nel panorama musicale e teatrale mondiale, riscuotendo
ampi consensi anche negli Stati Uniti, ma nella sua
città d'origine è praticamente sconosciuto
Venticinque anni di
vita vissuta intensamente sui più importi palcoscenici
italiani e internazionali, una brillante carriera da
cantante lirico iniziata proprio nel primo Teatro Verdi
di Brindisi, la sua amata città che lo ha però
vergognosamente dimenticato. Giuseppe Piliego
è stato uno dei più talentuosi e apprezzati
tenori italiani nell'epoca di Tito Schipa e di Enrico
Caruso, è stato capace di uscire dai confini
locali e di muoversi lungo tutto lo Stivale e anche
oltre, raccogliendo applausi e consensi ovunque.
Foto autografata del tenore brindisino
Giuseppe Piliego
La prima esperienza
sul palco teatrale in legno dell'indimenticato "Verdi"
è datata 6 novembre 1909, in occasione di un
concerto vocale strumentale con l'accompagnamento al
piano del maestro Angelo Vitale, mentre il debutto
canoro ufficiale avvenne tre anni dopo, il 13 febbraio
1912, quando interpretò il ruolo di Alfredo nella
rappresentazione dell'opera "Traviata" scritta
dal Genio di Busseto. Grande fu il successo di quella
serata per il promettente ventiseienne brindisino, incoraggiato
dalle spontanee acclamazioni del numeroso pubblico presente,
lo ricorda la ricca cronaca pubblicata sul settimanale
"La Città di Brindisi", che si riporta
integralmente:
"Martedì 13 corrente ebbe luogo al
Verdi la decima recita della compagnia lirica con
la Traviata e col debutto del tenore nostro concittadino
Giuseppe Piliego. L'aspetto del teatro, sfarzosamente
illuminato per l'occasione, era imponentissimo per
il numeroso pubblico accorso ad ammirare i rapidi
progressi artistici del suo concittadino. Alle ore
otto precise la brava orchestra attacca - eseguito
inappuntabile - il preludio della sublime opera Verdiana,
di cui non si chiede il bis, soltanto perché
l'uditorio è impaziente di vedere in scena
il giovane tenore. Si alza quindi la tela; ed al comparire
del Piliego, uno scroscio assordante di applausi lo
saluta. Il bravo giovane si attira subito l'ammirazione
e le simpatie dell'uditorio, per il suo canto che
procede simpatico, nitido, senza sfarzo alcuno, e
modulato con quell'arte insinuategli dal suo illustre
maestro Vincenzo Lombardi. L'entusiasmo per il futuro
artista raggiunge il colmo alla fine di ogni atto:
egli viene ripetutamente chiamato agli onori del proscenio
insieme agli artisti e al direttore d'orchestra; ed
al terzo atto l'avv. Mazari, con gentile pensiero,
gli manda in dono sul palcoscenico una moneta di oro
da Lire cento, mentre dall'alto del loggione piovono
in sala dei cartellini multicolori, ove si apprende
la sua nomina a socio onorario del Circolo De Sanctis.
Il Piliego possiede tutte quelle doti vocali che gli
assicurano, fin da ora, una splendida e rapida carriera,
e noi, che abbiamo sempre seguito i suoi progressi,
ne siamo rimasti davvero ammirati, per cui gli mandiamo
i nostri sentiti rallegramenti".
Tra gli altri interpreti
dell'opera la celebre voce della canzone napoletana
Adalgisa Osti di Lutio, nel ruolo di Violetta,
il baritono Giuseppe Maero (Giorgio Germont,
il padre di Alfredo) e il direttore d'orchestra maestro
G. De Luca.
Dall'unico studio approfondito sulla biografia dell'artista
brindisino pubblicato dal prof. G. Carito, si
legge che appena diciannovenne l'aspirante tenore si
trasferì a Milano per studiare canto, due anni
dopo era a Firenze per seguire le lezioni del cav. Vincenzo
Lombardi, già maestro di Enrico Caruso.
L'illustre precettore, dopo aver appreso l'esito del
debutto brindisino del suo allievo, inviò un
telegramma sul quale scrisse parole di grande elogio
all'impresa teatrale per "la preziosa cooperazione"
nell'aver dato modo al suo "figlio d'arte"
di iniziare la promettente carriera artistica, "che
raccomando vivamente alle vostre fraterne cure pel seguito
stagione". Di lui già si diceva di avere
"proprio tutte le migliori qualità per
emergere presto e molto", ed infatti l'auspicio
si trasformò in realtà in breve tempo:
"negli anni successivi Piliego riscosse grandi
consensi in tutta Italia tanto da essere scritturato
per cantare nel Carnevale del 1913 alla Fenice di Venezia
nel Mefistofele e nella Melisanda" ricorda
lo storico brindisino. "Al Politeama di Lecce,
dopo la sua esecuzione della Favorita, la stampa pose
in evidenza come Piliego possedesse, oltre che una bellissima
voce, un talento artistico non comune".
Giuseppe Piliego in costume da
scena nel 1912 (fondo Nunes Vais)
Acclamate esibizioni
si registrano in numerosi teatri italiani, come al Mastrojeni
di Messina, al Rendano di Cosenza, al Petruzzelli di
Bari, al Politeama di Genova, al comunale di Treviso
e in quello livornese, nella cittadina toscana - durante
una solenne commemorazione verdiana - l'artista brindisino
fu "festeggiatissimo e gli furono offerti vari
doni, tra cui una splendida corona di alloro dal Comitato,
ed un portafoglio con entro quattro biglietti da lire
cinquanta dal Corriere di Livorno".
L'attività teatrale, interrotta dallo scoppio
del primo conflitto mondiale, riprese con grande vigore
nell'immediato dopoguerra, ma elencare tutte le tappe
artistiche di Giuseppe Piliego sarebbe quasi impossibile,
Roma, Napoli, Mantova, Brescia, Parma, Pistoia, Siena,
Modena, Piacenza, Cagliari e Trieste le principali,
in un vasto repertorio ricco di magistrali interpretazioni
in opere liriche nelle quali fu protagonista. Al Teatro
Massimo di Palermo rimane ancora traccia del successo
della "Lucia di Lammermoor" di Donizetti,
andata in scena il 28 gennaio 1923 in occasione di una
serata di gala in onore della Squadra Navale Italiana,
sul palcoscenico insieme al tenore brindisino impegnato
nel ruolo di Edgardo, si esibirono la soprano argentina
Lina Romelli (Lucia) con i baritoni Marco
Redondo (Enrico) e Giulio Tomei (Raimondo).
Giuseppe Piliego godeva
già d'una straordinaria popolarità quando
tornò a cantare nel Teatro Verdi di Brindisi
il 18 maggio del 1924, in occasione di un concerto vocale
e strumentale organizzato dalla "locale sezione
ex combattenti".
L'indiscutibile talento, l'estesa vocalità e
lo stile affascinante da "personaggio felliniano"
gli permisero di ottenne un grande favore del pubblico
anche all'estero: dopo Alessandria d'Egitto e Port Said
con la Traviata, tra il 1919 e il 1920 si esibì
al teatro San Carlos di Lisbona e al Reale di Madrid
con il Mefistotele e Manon, i giornali spagnoli gli
dedicarono parole lusinghiere oltre alla meritata standing
ovation al termine della rappresentazione: "aplaudido
en todos momentos. La romanza final la dijo con extraordinario
gusto y le valió una ovación".
Inoltre, le famose opere Tosca e Bohème furono
proposte rispettivamente al teatro San Joao di Oporto
e al Sultaniale del Cairo, mentre nel 1925 cantò
da protagonista in ben 14 rappresentazioni all'Opera
d'Algeri. Nel 1927 si trasferì negli Stati Uniti
dove vi rimase per alcuni anni, esibendosi con successo
anche al Metropolitan di New York. La sua voce limpida
e vellutata è rimasta incisa su due rarissimi
dischi, la "Santa Lucia luntana" e "Una
furtiva lacrima", entrambi registrati in America
rispettivamente per la Victor e per la Brunswick Records.
Rientrato in Italia si ritirò dalle scene nel
1938, l'anno dopo decise di trasferire la residenza
a Firenze, la città dove aveva sposato nel luglio
1914 Adelasia Ignesti.
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I trionfi di Piliego riportati
su un settimanale brindisino del 1913 e a dx il
debutto del tenore nel 1912
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Giuseppe Piliego nacque
a Brindisi nella casa di famiglia di via Santa Lucia
il 16 luglio del 1886, da Giovanni e Concetta
Ribezzi, fu battezzato nove giorni dopo dal più
noto sacerdote brindisino di ogni tempo, don Pasquale
Camassa; le sue spoglie riposano nel capoluogo toscano
dove morì il 27 ottobre del 1963 all'età
di settantasette anni. A lui è dedicato l'annuale
Concorso Internazionale Pianistico voluto da una sua
diretta discendente, la dott.ssa Mimma Piliego;
al tenore brindisino è stato inoltre intitolata
l'aula di canto del Liceo Artistico Musicale, affinché
"il suo ricordo rimanga sempre vivo nella memoria,
nonostante tutt'ora la sua figura è circondata
dal mistero".
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 226 del 26/11/2021
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