Brindisini illustri - LANZA DEL VASTO
Giuseppe
Giovanni Luigi Maria Enrico Lanza di Trabia-Branciforte
era il vero nome del filosofo detto Lanza del Vasto
(il Gandhi italiano), nato a San Vito dei Normanni nella masseria
"Specchia di Mare", tra San Vito e Brindisi, il 29 settembre 1901, da
Luigi Giuseppe, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda
agricola-vitivinicola, e dalla marchesa Anna Maria Enrichetta Nants,
nata in Belgio, ad Anversa, il 1° luglio 1874.
Di Lanza del Vasto sono molto interessanti e illuminanti le origini
famigliari, note per merito delle pazienti ricerche svolte da un altro
illustre sanvitese, l'avv. Giuseppe Roma, appassionato studioso di
storia locale, e della dotta "comunicazione" che questi ne fece in
occasione di un incontro organizzato dalla Provincia nel gennaio 1971.
Il padre del filosofo era, come si è detto, Luigi Giuseppe Lanza, nato
a Ginevra "per caso" (i genitori erano lì di passaggio) il 18 novembre
1857; il nonno Giuseppe Lanza, nato a Palermo il 20 giugno 1833 e lì
residente, aveva sposato una nobile sanvitese ed è con lui che iniziano
i legami della famiglia con San Vito; il bisnonno era Pietro
Lanza-Branciforte, principe di Trabia, Butera e Scordia, nato a Palermo
il 19 agosto 1807 e lì domiciliato nel palazzo Trabia di via Maqueda
49, coniugato con Eleonora Spinelli-Caracciolo, principessa di Scalia;
il trisavolo, Giuseppe Lanza-Branciforte, principe di Trabia, nato a
Palermo nel 1755, coniugato con Stefania Branciforte dei principi di
Butera, fu ministro di Ferdinando II per gli Affari Ecclesiastici.
Risalendo ancora nel tempo agli ascendenti Ottavio Lanza di Trabia,
Cesare Lancia, conte di Musumeci (il cognome di un ramo della famiglia
subì una trasformazione circa quattro secoli fa), Blasco, Niccolò e
Galeotto Lancia, il quale sposò una sorella di San Tommaso d'Aquino,
Cubitosa, figlia di Landolfo d'Aquino e di Teodora di Chieti e nipote
di Costanza di Svevia, figlia naturale dell'imperatore Federico II, si
giunge a Manfredi I il Vecchio, marchese di Busca (località della
provincia di Cuneo) detto Lancia, morto nel 1215 circa, e - ancora più
indietro nel tempo - al marchese Bonifacio del Vasto, appartenente a
una famiglia (un cui ramo si trasferì nell' Italia meridionale e in
Sicilia al seguito degli Svevi) di origine franco-salica. E' appunto
nel Sud della Francia che opererà il filosofo nato a San Vito; ed è
quasi esclusivamente in francese, lingua della madre, che scriverà le
sue poesie e i suoi saggi: con lui la famiglia Lancia del Vasto
chiuderà, tornando alle origini, un millennio di storia che ha
interessato la Francia, la Germania (con gli Svevi) e l'Italia.
Vi sarebbe anche una parentela dei Lanza di Trabia-Branciforte con i
principi Dentice di Frasso, che hanno avuto tra i loro antenati una
d'Aquino e una Caracciolo.
A San Vito, Giuseppe Giovanni Lanza e i fratelli Lorenzo Ercole (nato
nel 1903 e morto a Rapallo nel 1958) e Angelo Carlo (che, nato nel
1904, divenne cittadino americano nel 1939 e partecipò quattro anni
dopo allo sbarco in Sicilia) si facevano notare per la bella presenza e
la pratica sportiva (tennis ed equitazione). Espansivi e generosi come
il padre Luigi, avevano spiccate attitudini per la musica, il disegno e
la pittura. Quindicenne, durante la prima guerra mondiale, Giuseppe
Giovanni si recò a Parigi, presumibilmente con la madre e i fratelli,
dove frequentò il liceo. A 19 anni conseguì il diploma di "Baccelliere
dell'Insegnamento Secondario" che lo abilitava all'insegnamento del
latino, del greco e della filosofia negli istituti medi superiori.
Rientrato in Italia in quello stesso anno (1920), si iscrisse al corso
di filosofia dell'Istituto di Studi Superiori di Firenze (l'attuale
Università) e l'anno successivo si trasferì a Pisa per continuarvi gli
studi. Dopo alterne vicende, che lo ricondussero a Parigi per brevi
periodi, il 21 giugno 1928 conseguì a Pisa la laurea in Filosofia con
la tesi "Gli Approcci della Trinità Spirituale". In quegli anni ebbe
l'incarico di compilare alcune voci di filosofia dell'Enciclopedia
Treccani. Alla morte del padre, avvenuta nel 1931, si trasferì in
Francia, dopo un breve viaggio in Germania.
Lanza del Vasto, molto più noto e apprezzato in Francia che in Italia,
tanto da essere unanimemente considerato un francese, sia pure di
origine siciliana (a causa delle indubbie radici palermitane dei Lanza
di Trabia), fu musicista, scultore, pittore, òrafo, poeta, prosatore,
ma ebbe fama soprattutto di profeta, pacifista, riformatore, saggio.
Cattolico fervente, fu seguace di Gandhi, che lo chiamò "shantidas",
servitore della pace. Praticò il digiuno e percorse a piedi l'Italia,
la Francia e gran parte dell'Europa; a piedi si recò perfino a
Gerusalemme. Nella Francia meridionale, a Bollène, negli anni in cui
più vivo era il timore di una guerra nucleare causata dalla corsa al
riarmo di molti Paesi - tra i quali la Francia - fondò la "Comunità
Laboriosa dell'Arca" (ispirata al biblico Noé), che aveva come
distintivo la croce di una vetrata della Cattedrale di Chartres.
Persone delle più diverse condizioni e religioni abitavano nel
"villaggio" con le loro famiglie, costruendosi i mobili con metodi
primitivi (non usavano né chiodi né viti, ma cavicchi di legno), e
confezionandosi gli abiti-tuniche con la lana grezza ottenuta con
filatoi a pedale. Insegnanti, professionisti, operai e contadini
convivevano nel rispetto reciproco, ma occupando il posto che loro
competeva sulla base delle rispettive capacità. Le regole comuni erano
la povertà, la semplicità, il lavoro artigianale (come rifiuto di
quello meccanizzato), la riduzione al minimo dell'uso del denaro, la
partecipazione alla vita pubblica. Un esperimento coraggioso che
all'epoca (oltre quarant'anni fa) suscitò vivo interesse e molta
curiosità; un tentativo forse utopico di combattere quelli che Lanza
del Vasto chiamava i quattro flagelli: la guerra, la sedizione, la
miseria e la servitù; ai quali intendeva opporre la non-violenza, la
verità, l'onestà totale, la sobrietà, il coraggio, il rispetto di tutte
le religioni, il rifiuto di distinguere tra le varie caste e razze.
L'esperienza dell'Arca non è stata inutile; il seme gettato da Lanza
del Vasto (come quello di Gandhi) ha dato molti frutti: i tanti e
agguerriti movimenti pacifisti e ambientalisti del nostro tempo che,
senza predicare il ritorno a forme di vita medievale, condannano gli
sprechi e le eccessive sperequazioni e si battono per la convivenza
pacifica, per un maggiore rispetto della natura, per la riscoperta dei
valori dello spirito e della cultura accanto alle manifestazioni del
benessere materiale.
Del
filosofo-poeta, deceduto nel 1981, ci restano - tra i tanti suoi
scritti - questi quattro versi che sono la sintesi della sua esistenza:
Uomo
che non hai mai visto il mio volto da vivo,
Conosci il mio vero sguardo attraverso le mie parole,
La mia figura, il mio passo, e pure il mio respiro,
E il sincero calore delle mie due mani amiche...
Testo di
Roberto Piliego
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