Prefazione al libro
di Giacomo Carito
I versi di Franco Libardo propongono, in modo
esplicito, la descrizione di un frammento della
società civile brindisina in certo senso
rimasto ai margini del pur ricca produzione
vernacola locale. Basterà qui far riferimento
ad Agostino Chimienti e Luigi De Marco che,
tra XIX e XX secolo, hanno reso l 'immagine
della Brindisi che sull'agricoltura, e in particolare
sul vigneto, voleva fondare il proprio sviluppo.
Hanno conseguentemente offerto una chiave di
lettura delle vicende relative ai tempi in cui
vissero fondamentalmente legata a tale postulato:
non casualmente la descrizione degli spazi urbani
pare limitarsi ai percorsi propri della grande
proprietà fondiaria e dell'universo che
le gravitava intorno.
Marginali i riferimenti a temi centrali per
la vita cittadina ma esulanti da tale contesto;
Chimienti riferisce sulla crisi dei transiti
portuali nell'ultimo decennio del XIX secolo
solo perché argomento forte di una polemica
elettorale.
Estraneo rimane il mondo dei pescatori pur già
idealizzato da Pasquale Camassa quale referente
essenziale per la costruzione di un 'identità
cittadina. Qust'ambito Libardo descrive, si
direbbe, nel momento del suo disfarsi; fissa
sulla carta il vario articolarsi del difficile
rapporto fra uomo e mare, ricostruisce le relazioni
di vicinato, le tecniche di pesca, gli universi
familiari, il rifiuto dell'onomastica dei registri
d'anagrafe.
I suoi versi rendono alla città memoria
di questa essenziale componente privata, nel
tempo, del suo spazio urbano per la demolizione
del quartiere delle Sciabiche e decontestualizzata
per il decentramento, delle attività
di settore su aziende e maestranze ormai prevalentemente
non locali.
Brindisi; attraverso questa raccolta, si riappropria
di riferimenti importanti per la ridefinizione
del suo ruolo in un momento di difficile passaggio
dal sogno di sviluppo fondato sulla logica dei
poli industriali a un modello che deve vedere
protagonisti e artefici i suoi stessi cittadini.