Scheda
E’ il racconto del vivere quotidiano e
della qualità della vita degli abitanti
di Brindisi nel 1754, allora facente parte del
Regno di Napoli. Un tempo storico particolare
per la città, colpita da eventi naturali
devastanti, quali terremoti, pestilenze e carestie
che causarono numerose vittime e ingenti danni,
tali da portare allo spopolamento e alla sua
quasi totale distruzione.
Un periodo studiato, oltre che sui testi storici,
attraverso l’analisi e il confronto di
due documenti che rappresentano, in definitiva,
i due volti diversi della società del
tempo: lo Status animarum, che rispecchia la
voce clericale e del popolo, uno dei primi censimenti,
realizzati dalla Diocesi attraverso i propri
parroci in occasione della benedizione pasquale
delle abitazioni; e il Catasto onciario, la
voce giuridico-amministrativa, un inventario
dei beni posseduti in ogni università,
realizzato per disposizione di Carlo di Borbone,
re del Regno di Napoli.
Dalla lettura del libro si possono ricavare
tantissime informazioni utili per un’analisi
socio-economica della popolazione: l’ammontare
della stessa, l’ampiezza dei gruppi familiari
declinati interamente (per numero di figli e
di altri componenti), la distribuzione della
popolazione nella vicarie (i quartieri del tempo),
la maggiore o minore distribuzione di ricchi
o di poveri in una data zona, la strada in cui
le famiglie abitavano, le relazioni di parentela
rispetto al capofamiglia, la provenienza (se
forestieri) e l’età di ogni componente,
il lavoro svolto, i beni posseduti e i servizi
in base ai quali ogni cittadino doveva pagare
le tasse, la tipologia dell’abitazione
in cui la famiglia viveva (palazzo, casa palazziata,
casa terranea, basso – di proprietà
o in affitto - casa franca e libera), i cognomi
e i nomi più diffusi in ogni vicaria
e in totale.
Tante le curiosità. Ad esempio, la modesta
estensione della città che andava dalla
Marina alla Strada Conserva, al di là
della quale esistevano giardini ed orti con
case sparse: a nord la Contrada del Pero o di
S. Martino e a sud la via Porta Lecce e i Giardini
di S. Crispieri. La chiesa ed il convento di
S. Benedetto erano già al limite dell’abitato.
Giardini ed orti erano presenti al confine con
le mura della città.
Ed ancora: in rapporto al territorio così
modestamente urbanizzato e ad una popolazione
di 8604 abitanti, di cui 500 ecclesiastici,
chiese e conventi erano davvero tanti! Ed un
motivo c’era….
Nel libro sono spiegati i perché dell’ingiuria
nei confronti dei brindisini, considerati “latri
e ssassini” e del detto “li brindisini
sontu amanti ti li furastieri”.In realtà,
la società brindisina nel 1754 era varia,
nel senso che c’era solo un gruppo di
autoctoni e, invece, molti immigrati. All’interno
della popolazione erano venuti a differenziarsi
dei gruppi sociali ben distinti: l’uno,
quello ristrettissimo dei ricchi, dei nobili
e dei cosiddetti magnifici, di coloro che vivevano
del loro o esercitavano le professioni liberali;
l’altro degli artigiani e, infine, quello
dei pescatori, degli agricoltori e dei braccianti.
I mestieri, come si vedrà leggendo il
libro, erano i più disparati e alcuni
sicuramente strani e non più esistenti:
il forese, il vaticale, il bracciale, il legnettaro,
… e tanti altri ancora. Dai dati si è
potuto inoltre dedurre che gli scarpari stavano
bene economicamente, tant’è che
tre di loro vivevano in case palazziate di proprietà.
E i nomi delle strade? Erano gli stessi di oggi?
No. I toponimi, in genere, facevano riferimento
al nome della persona nota che abitava nella
strada o ad una pianta o a luoghi conosciuti
come punto di riferimento, ad esempio il nome
della Chiesa o del Monastero o del forno o del
giardino di … o di una fontana, usando
espressioni tipo: vicino alla casa di …,
dietro il forno di …, alla strada di…
Ma c’è di più. Il termine
“via” era usato solo per la via
Lata, anche se nel documento si trova scritto
Vialata per intero o Strada via Lata.
E ancora, in Brindisi esisteva una neviera…
Dove? E’ necessario leggere Il libro delle
anime per scoprirlo…