Brindisini illustri - LUCIO RAMNIO
La conquista
della Macedonia da parte delle legioni Romane
nel 168 a.C. annovera tra i principali protagonisti
anche la figura del nobile brindisino Lucio
Ramnio. Un conflitto protratto per
ben quarantasette anni, risolto solo dopo la
terza guerra macedonica, ed in particolare con
la famosa battaglia di Pidna, quando l’esercito
del re Perseo venne annientato
e la Macedonia divenne una provincia di Roma.
In quell’epoca l’obiettivo militare
dei romani era principalmente la conquista dei
Balcani, ma anche quello di impedire le mire
espansionistiche della potenza egemone dell’area
greca che poteva alterare i delicati equilibri
geopolitici. Il sovrano macedone infatti se
da una parte fingeva di rinnovare l'amicizia
con Roma, già stipulata da suo padre
Filippo V, dall’altra progettava un massiccio
attacco per la conquista dei territori romani.
La Macedonia era forte e superba della propria
tradizione bellica e formazione militare e poteva
contare su abbondanti risorse interne, come
metalli preziosi e prodotti alimentari.
Secondo l’opinione
degli storici il contenzioso fu risolto con
una “guerra preventiva”, ovvero
“un intervento armato giustificato
dalla percezione di una minaccia, in questo
caso è stimata come imminente e di entità
crescente, quasi prossima ad essere attivata”.
In tutto questo scenario il ruolo di Brindisi
fu determinante, in particolare il pretesto
per l’ultima e decisiva campagna militare
fu fornito proprio dal ricco nobile brindisino
Lucio Ramnio. Il “Princeps Brundisi Ramnius”
era una delle più rilevanti personalità
dell’epoca, stringeva ottimi rapporti
d'amicizia con generali, ambasciatori, legati
ed esponenti del senato romano, questi venivano
ospitati nella sua casa ad ogni loro passaggio
da Brindisi, città divenuta il principale
ponte tra l'occidente e l'oriente.
Lo stesso Ramnio aveva importanti relazioni
ed interessi commerciali nei Balcani e in Macedonia
in particolare, ma non era l’unico brindisino
ad averne, tutti questi “proxenia”
godevano di privilegi e benefici e discendevano
dalla nobile stirpe messapica. Per la sua prominente
personalità nelle relazioni ed i traffici
con l’oriente (parlava correttamente tre
lingue, il greco, il latino e il messapico),
era entrato in confidenza anche con il sovrano
macedone Perseo con il quale scambiava abituali
missive. Questi stimava molto il nobile cavaliere
brindisino tanto da invitarlo a corte e metterlo
al corrente del suo progetto militare antiromano,
chiedendo la sua collaborazione in cambio di
ingenti ricompense: doveva avvelenare i generali
ed i notabili romani indicati dallo stesso Perseo
non appena fossero stati suoi ospiti a Brindisi.
Lucio Ramnio finse di accettare, temendo di
essere lui stesso ucciso in caso di rifiuto,
ma invece di tornare in Italia si recò
segretamente dal governatore dell'Asia Caio
Valerio per metterlo al corrente della
proposta ricevuta, quindi entrambi si diressero
a Roma dove informarono i senatori della Curia
romana del piano perverso di Perseo.
Museo Archeologico di
Brindisi. Statua in bronzo di Lucio Paolo Emilio
Queste rivelazioni
avvalorarono i sospetti nei confronti dell’ellenico,
pertanto - al fine di scongiurare il pericolo
- fu ordinato di attaccare immediatamente la
Macedonia facendo partire proprio da Brindisi,
scelta ancora una volta come importante base
logistica, un potente esercito al comando del
console Lucio Paolo Emilio.
Prese via così la terza guerra macedonica,
che durò ben tre anni e si concluse con
lo scontro decisivo di Pidna,
località sulle sponde del Golfo di Salonicco
della Tessaglia, e la netta vittoria dei romani.
La battaglia campale si svolse nel pomeriggio
del 22 giugno del 168 a.C. Bastò poco
più di un’ora al console Emilio
Paolo per sconfiggere, con superba abilità
tattica, le forti ma rigide milizie macedoni.
Sul campo rimasero ventimila cadaveri macedoni,
altri seimila guerrieri furono fatti prigionieri,
di contro i romani limitarono le proprie perdite
in un centinaio di soldati. Si racconta di una
eclissi lunare nella notte precedente lo scontro
che fu interpretata dai romani come un segno
positivo mandato degli dèi, al contrario
fu ritenuto un evento nefasto dai greci, che
gridarono alla luna di tornare.
Perseo, che aveva sempre negato l’accusa
e chiese inutilmente il confronto con i suoi
accusatori, riuscì a scappare ma fu perseguito,
catturato e portato a Roma dove fu umiliato
per le strade della città; morì
ad Alba Fucens due anni dopo la deportazione.
Perseo inginocchiato
di fronte a Emilio Paolo, dipinto di Jean-François-Pierre
Peyron 1802
Trionfo di Lucio Emilio
Paolo (dipinto di Carle Vernet)
Vi fu anche
una quarta guerra macedone, una sorta di insurrezione
antiromana conclusa in breve tempo con la repressione
della rivolta e la conquista del Peloponneso.
Secondo lo storico dell'arte greca e romana
Paolo Moreno una delle due sculture dei "Bronzi
di Punta del Serrone" raffigurerebbe proprio
il console romano Emilio Paolo, detto Macedonico
dopo l’epica vittoria ottenuta a Pidna,
battaglia decantata anche dal drammaturgo, poeta
e pittore brindisino Marco Pacuvio, grande amico
del console romano.
Della fedeltà a Roma di Lucio Ramnio
ne parla nelle sue "Storie" Tito
Livio, una celebrazione in versi latini
del nobile cavaliere brindisino. Roma aveva
già dimostrato gratitudine ai brindisini
con il riconoscimento della cittadinanza romana,
e in meno di un secolo, ovvero da quando era
stata conquistata ai Messapi, aveva ingrandito
e potenziato militarmente il porto ed aveva
reso più agevole raggiungere la città
con il prolungamento della via Appia (212 a.C.).
Testo di Giovanni
Membola
Pubblicato sul settimanale
"Il 7 Magazine" del 16/2/2018
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