Monumenti - LE DIMORE DELLA
FAMIGLIA RIPA
Il casato dei Ripa,
di probabili origini popolari, acquisì il titolo
marchesiale nel 1609 con Giovanni Leonardo Ripa per
volere dell'imperatore di Germania Rodolfo II, confermato
con il Privilegio da Filippo III d’Aragona nel
novembre 1612.
Fu lo stesso Giovanni Leonardo, sindaco di parte popolare
nel 1588-89, a dare inizio alla lunga residenza dei
Ripa nel cinquecentesco palazzo di via Lata, probabilmente
ricevuto in dote dalla moglie Beatrice Veneta, famiglia
proprietaria di “una casa impalazziata consistente
in una sala grande, due camere, una sopra l’altra,
horto, postura et altri membri di sotto et di sopra”
[1] nella zona all’epoca
conosciuta come di San Dionisio.
Palazzo Ripa-Lacolina, oggi Rollo.
Prospetto
L’edificio,
oggi Palazzo Rollo al civico 91, è
contraddistinto da una forte influenza catalana, linea
architettonica documentata anche nell'edilizia civile
coeva di Napoli, città dalla quale si diffonde
la cultura spagnola della metà del quattrocento
in tutto il meridione d’Italia.
Del palazzo risalta il bel portale indicato come “angioino
durazzesco”, caratterizzato dall’arco racchiuso
in una cornice rettangolare dentellata, dove spicca
lo stemma gentilizio che si sovrappone in alto ed al
centro della cornice. Su entrambi i lati del portale
due ingressi a stanzini (depositi) sui quali si aprono
piccole finestre quadre in asse. Al piano superiore
le cinque finestre con l’architrave in ordine
dorico.
In fondo all’ampio vano dell’ingresso vi
era una cisterna profonda circa quaranta metri collegata
al vicino “Pozzo Traiano”. All'interno si
notano alcuni dipinti parietali risalenti al XVII -XVIII
secolo, come la raffigurazione della “Madonna
con il Bambino” sulla rampa delle scale.
Le decorazioni sul soffitto della camera da letto patronale
e le pitture del salone sono state perdute.
Sul lato sinistro dell’edificio si nota un cavalcavia
ad arco che affianca il fabbricato, detto prima “del
Cantore Ripa” e in seguito dei “La Colina”,
dal nome dei proprietari che subentrarono ai Ripa dal
1758 e qui vissero sino agli inizi del XX secolo, quando
l’immobile fu acquisito dalla famiglia Rollo,
attuali proprietari.
Diverse testimonianze indicano nella zona la presenza
di altre strutture ad arco che affiancavano le abitazioni,
come il vicino palazzo Landi (noto nel ‘700 come
la “casa dei diavoli” per le ripetute visioni
notturne di spiriti), prospettante su via Lata ed arco
sulla laterale Vico Tortorella.
I Ripa, almeno dal 1754, trovarono residenza in un altro
edificio che si affacciava sulla stessa via Lata, che
per linea ereditaria finì alla famiglia Laviano.
Palazzo
Rollo - Fotogallery
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Il Portale |
Stemma
gentilizio |
Particolare
delle volte |
Affresco
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Cavalcavia
ad arco |
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Con
Teodoro, figlio di Giovanni Leonardo ed erede del titolo
nobiliare, si ebbe il trasferimento di un ramo dei Ripa
nell’immobile sito sul versante nord della Mena,
sull’attuale via Carmine al civico 29. Probabilmente
l’immobile fu portato in dote dalla moglie di
Teodoro Ripa, Beatrice Jannuzzo, insieme all'omonima
masseria ancora esistente tra Brindisi e San Vito dei
Normanni.
Teodoro fu anche sindaco di parte popolare nel 1606-07
e, per la parentela con Giulio Cesare Russo, futuro
San Lorenzo da Brindisi, fu incaricato di sovrintendere
ai lavori di costruzione del grande complesso della
chiesa e del convento di Santa Maria degli Angeli, voluto
dallo stesso frate cappuccino.
Palazzo Ripa ha subito nel tempo consistenti
modifiche tanto da falsificarne la percezione storica
ed architettonica. Rimane l'interessante stemma sul
portale, che si mostra suddiviso in due ordini: nella
parte destra vi è rappresentata una colonna simbolo
della famiglia Ripa, mentre nella parte a sinistra vi
sono raffigurati due cani, dal significato non ancora
definito.
Nella successione
al titolo nobiliare, di padre in figlio, vi furono in
ordine Lorenzo, sindaco ed esponente del patriziato
nel 1676-77; Teodoro, anch’egli sindaco negli
anni 1691-92, 1712-13, 1721-22 e “cassero regio
della dogana”, coniugato con Anna Cafaro che nel
1692 portò in eredità la bella Masseria
nell'omonima contrada e il Palazzo di famiglia adiacente
a quello dei Ripa. Di fatto i due immobili furono uniti
in un’unica proprietà ereditata nel 1732
dai figli Benedetto, Pasquale e Lorenzo Pelino, che
prese anche il titolo marchesiale.
Palazzo Cafaro
L’interessante Palazzo Cafaro,
al civico 19 di via Carmine, è un edificio dal
tipico gusto barocco che attualmente è in uno
stato di completo abbandono. Fu fatto costruire nel
1692 da Nicola Antonio Cafaro, componente della famiglia
originaria di Lequile, dopo l’acquisto di case
“dirude” di proprietà Villanova e
Monticelli “sitam et positam intus hac civitate
in vicinio venerabilis monasterij Sanctae Mariae Angelorum
iuxta domum domini Laurentii Ripa”[1].
L’edificio dal 1732 viene indicato come Palazzo
Ripa in quanto ne divenne residenza principale della
famiglia, che destinò a fitto lo stabile adiacente.
Si sviluppa su tre piani costruiti, in epoche diverse,
con conci di carparo grigio. Un cornicione ornato ne
delimita la parte superiore. Le belle finestre oggi
sono puntellate per evitarne il crollo. “L'ampio
portale d'accesso si sviluppa su tre ordini, dall'elegante
disegno delle bugne a cuscino, con motivi vegetali d'ornamento,
ed ha arco a tutto sesto, con alta chiave di volta e
stemma gentilizio sovrapposto sui capitelli figurati.
Il cortile interno, diviso da colonne di ordine dorico,
disimpegna l'androne, lo scalone per il piano nobile
ed i vani a piano terra ricoperti da volte a botte ed
a spigoli” [2].
Lo stemma sul portale è da riferirsi al casato
dei Cafaro.
Arme araldiche della famiglia
Ripa (sx) e della famiglia Cafaro (dx) presenti sui
portali dei rispettivi palazzi
Da Lorenzo Pelino
il titolo nobiliare e i possedimenti passarono in successione
a Teodoro, quindi al fratello Giuseppe, sindaco quasi
ininterrottamente dal 1776 al 1785; a Lorenzo, noto
massone e Maestro della setta carbonara dei Liberi Piacentini
(dopo il 1820); a Teodoro sino al 1856; a Lorenzo e
nei primi anni del ‘900 a Teodoro, l’ultimo
della linea maschile dei Ripa.
Le amministrazioni
comunali dirette dai Ripa sono state oggetto di forti
critiche durante tutto il ‘700, la Cronaca dei
Sindaci parla di “governi instabili” e persino
“irruenti” [3].
In precedenza Teodoro Ripa durante il suo incarico da
primo cittadino del 1691-92, fu scomunicato dal Vescovo
per non aver tenuto lontano le guardie almeno 40 passi
dalla chiesa, come disposto dalle Bolle Pontificie dell’epoca
[4].
Tutto il casato fu sotto accusa nel corso del XVIII
secolo: con un atto pubblico di protesta datato 11 giugno
1732, gli Stea disapprovavano la presenza dell'arma
araldica dei Ripa sulle canne dell'organo della chiesa
di Santa Maria degli Angeli, visto che lo strumento
era dovuto al contributo della collettività.
Anche il canonico Andrea Della Monica pose dei dubbi
sulla rapida ascesa economica della famiglia, in considerazione
di un possibile intrigo finanziario operato durante
la costruzione della stessa chiesa e del monastero.
Il patrimonio dei
Ripa iniziò a frammentarsi nei vari passaggi
ereditari a partire dalla metà dell'800, e in
buona parte si dissolse con le massicce vendite fondiarie
operate in quell'epoca, compresa la masseria di contrada
Cafaro. Nel 1916 quello che ne rimase passò per
successione al marchese Teodoro, noto avventuriero e
appassionato giocatore d’azzardo, che fece presto
a dissiparlo definitivamente. Con lui si estinse anche
questa stirpe che però nulla aveva a che vedere
con i Ripa di epoca angioina, tristemente noti per le
cruenti lotte con i Cavaliera che terrorizzarono la
città.
Le foto nel testo
(dall'alto):
- Palazzo Rollo (già Ripa - Lacolina), su via
Lata
- Palazzo Ripa su via Carmine
- Palazzo Cafaro su via Carmine
- Arma araldica sul portale di Palazzo Ripa su via Carmine
Bibliografia
[1] - Giacomo Carito. Brindisi - Nuova Guida.
Brindisi, 1993
[2] - Edilizia civile e religiosa a Brindisi fra
Rinascimento e Barocco. M. Marinazzo. In I
Luoghi della Storia. Brindisi, 1993
[3]- Pietro Cagnes, Nicola Scalese. Cronaca dei
Sindaci di Brindisi 1529-1787. (Ristampa) 1978
[4]- Nadia Cavaliera. I Palazzi di Brindisi.
Brindisi, 1986
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