LE STORIE DELLA NOSTRA
STORIA
DOPOLAVORO
FERROVIARIO, POI CINEMA UNIVERSAL
La sala cinematografica fu
inaugurata nel 1935, poi interamente ricostruita nei
primi anni '70 prendendo il nome di Cinema Universal,
sempre il fiore all'occhiello dell'associazione dei
ferrovieri
Nell'affascinante
storia dei cinematografi di Brindisi, un ruolo di rilievo
è stato ricoperto dalla sala del Dopolavoro Ferroviario,
poi trasformato in Cinema Universal, uno spazio di aggregazione
dove per circa due ore si evadeva dalla realtà,
suggestionati dalle scene proiettate sul grande schermo
bianco.
Il primo cinema del Dopolavoro
Ferroviario
La prima struttura
fu realizzata in piazza Crispi, di lato alla stazione,
nei primi anni '30 del Novecento, ed inaugurata il 3
aprile del 1935 alla presenza del Prefetto e dei massimi
dirigenti regionali delle Ferrovie dello Stato e delle
autorità locali. L'ampia ed elegante sala del
nuovo "cinema-sonoro" quel pomeriggio era
gremita da dopolavoristi ferrovieri e dai loro famigliari,
accolti dagli inni nazionali e fascisti suonati dell'orchestra
diretta dal maestro Giampietro, prima della proiezione
della famosa pellicola "Angeli senza Paradiso",
un film sulla storia romanzata del musicista Franz
Schubert, morto a soli 31 anni per febbre tifoide.
L'originale costruzione era stata realizzata durante
il ventennio fascista in uno stile architettonico ibrido,
in fase evolutiva, "un razionalismo non ancora
maturo, privo di quella purezza e di essenzialità
delle linee, con ancora alcuni vaghi risentimenti liberty"
(D. Saponaro), arricchita di interessanti elementi decorativi
che davano un aspetto raffinato soprattutto alla facciata,
dove si aprivano tre ingressi e due finestre architravate,
sovrastate da aperture rotonde. All'interno del "locale
decoroso e comodo" vi era l'ampia sala utilizzata
anche per altri eventi, come assemblee, feste e concerti,
in queste occasioni veniva allestito un palco contraddistinto
da una indimenticata e grande conchiglia davanti alla
quale si disponevano i musicisti e gli oratori. Il glorioso
Cinema Lucciola, com'era chiamato all'epoca,
ebbe da subito il successo che meritava, i brindisini
ne andavano fieri.
Il giovanissimo Antonio Volpe
canta "Nel blu dipinto, di blu" accompagnato
dall'orchestra sul palco a conchiglia del Dopolavoro
durante una festa musicale
Antonio Volpe con l'orchestra
sul palco a conchiglia del Dopolavoro durante una festa
(fine anni '60)
Erano trascorsi solo
dieci anni dalla nascita del Dopolavoro Ferroviario,
la prima e sicuramente la più importante organizzazione
nazionale di lavoratori avente finalità ricreative,
culturali e assistenziali, dove i dipendenti potevano
ritrovarsi, insieme alle loro famiglie, per vivere esperienze
nuove e partecipare ad incontri, attività sportive,
sociali e di turismo organizzato. "L'associazione
di Brindisi è stata da sempre molto attiva
- racconta Pino Votto, uno dei soci più
anziani - avevamo ben 850 iscritti e persino una
vivace sezione filatelica e una camera oscura per lo
sviluppo delle pellicole fotografiche, negli anni sono
state organizzate numerose mostre e concorsi di pittura,
gite estive e invernali, tornei di scacchi per i figli
dei ferrovieri, partite di bocce nel piccolo campo ancora
esistente alle spalle del cinema, trofei di calcio,
nonché le divertentissime 'Giornate del Ferroviere'
e soprattutto la ben nota 'Befana del Ferroviere', quando
a tutti i bambini presenti venivano offerti bellissimi
doni". Il sig. Votto mostra con orgoglio i
tanti album fotografici dove sono raccolte innumerevoli
immagini delle tantissime iniziative organizzare, "Il
tutto è avvenuto grazie anche ai proventi ricavati
dall'affitto del cinema" precisa, la struttura
di piazza Crispi, infatti, è stata sempre il
fulcro di socialità non solo per i dipendenti
delle ferrovie, ma anche per tanti brindisini, a cui
rimane indelebile il ricordo delle vibrazioni dei muri
dell'edificio al passaggio dei treni sui vicini binari.
È stato un luogo di incontro e di emozioni per
generazioni di giovani appassionati del grande schermo,
qui si proiettavano prime e seconde visioni di film
italiani e stranieri, pubblicizzati da colorati cartelloni
esposti all'esterno. In sala si poteva fumare, anche
le donne si azzardavano a farlo, al buio, tra un bacio
e un abbraccio con il proprio moroso.
Inaugurazione del Cinema Universal
(1972)
Alla fine degli anni
Sessanta il cinema fu demolito e ricostruito integralmente
su tre piani, mantenendo il tipico giardinetto recintato
davanti all'ingresso. La sala cinematografica monoschermo,
battezzata Universal, era sempre al piano terra e poteva
ospitare 330 posti con poltrone in legno ribaltabili,
disposti su due livelli e in leggera pendenza verso
lo schermo, mentre una grande insegna luminosa semicircolare
troneggiava sul cancello d'ingresso. La gestione fu
affidata al noto imprenditore locale Luigi Grassi,
titolare del Cinema Impero, "che non badò
a spese, investì più di sessanta milioni
di lire per poterlo completare - ricorda ancora
Pino Votto - al Dopolavoro veniva pagato un affitto
mensile e riconosciuta una provvigione sugli incassi,
ciò contribuiva e non poco a sostenerne le nostre
molteplici attività ricreative ed assistenziali,
era davvero un periodo d'oro". Dal 1972, anno
della seconda inaugurazione, la gestione Grassi proseguì
- senza non pochi intoppi - per ben nove anni, prima
di passare nelle mani altrettanto esperte di Corrado
Sardelli, amministrare del cinema Astra, che volle
riammodernare la sala per l'ultima fase della sua attività
cinematografica.
La sala del Cinema Universal
L'avvento delle tv
private e di quelle commerciali, che trasmettevano quasi
esclusivamente film e pochi programmi di intrattenimento,
causò la prima vera crisi del cinema nazionale,
visto che una buona parte del pubblico abituale preferì
restare a casa davanti al televisore. I vari imprenditori,
per dare un po' di ossigeno alle casse, tentarono la
carta della programmazione di film a luci rosse nelle
serate infrasettimanali e di pellicole decisamente più
importanti nei giorni festivi e prefestivi, una scelta
necessaria non solo per fini economici, ma anche per
la discreta richiesta che veniva dagli amanti del genere
"spinto", divenuto - dalla metà degli
anni Settanta - un prodotto di massa e soprattutto una
salvezza per molte sale. Il Cinema Universal subì
per questo motivo una lunga e forte campagna denigratoria
da parte di alcuni esponenti politici e di certi personaggi
dalla rigida morale perbenista.
La sala con le macchine di proiezione
Poi l'avvento delle
multisale e la larga diffusione dell'home video hanno
generato una ulteriore crisi che ha portato alla ineluttabile
scomparsa di molti cinema e delle loro luminose insegne,
compreso l'Universal che rimase chiuso e non venne utilizzato
per alcuni anni. Era a tutti gli effetti la fine dell'ennesima
sala cinematografica cittadina. Svuotata di tutte le
poltroncine, fu poi convertita in salone ricevimenti
dall'imprenditore Oliva, mentre lo stabile continuava
ad ospitare al primo piano gli uffici del Dopolavoro
e la ricca ed attrezzata biblioteca (ancora oggi fornita
di numerosi volumi), mentre al secondo piano vi era
l'ampia aula utilizzata per giochi, tornei e per le
riunioni dei dopolavoristi. Successivamente anche questi
locali furono affittati a privati e associazioni, era
necessario garantire il giusto sostegno finanziario
alla sezione brindisina e garantire utili al bilancio
di esercizio della sede, mantenuto sempre con attento
ordine ed equilibrio. Pure la storica barberia, dove
per tanti anni ha operato "mestru" Franco
Recchia, faceva parte del patrimonio DLF, fu anch'essa
concessa in affitto e trasformata in deposito.
Esterne dell'ex Cinema Universal
(2022)
La grande sala cinematografica
nel 2013 ha vissuto una sorta di rinascita divenendo
un live club di grande successo, con spettacoli musicali
e noti personaggi del panorama musicale italiano e internazionale,
ma alterne vicende, problemi ed errori dei vari gestori
hanno portato ancora una volta alla chiusura del locale,
ormai da qualche anno tristemente inutilizzato, un involucro
vuoto da riconvertire quanto prima.
All'interno dell'ampio ingresso, dove era la biglietteria,
rimangono malinconicamente appesi alcuni cartelloni
degli ultimi eventi organizzati, mentre di lato si possono
osservare i due preziosi proiettori di pellicole 35mm
avvolte in bobine, a ricordare la lunga storia di questo
straordinario luogo di vita, una memoria collettiva
fatta non solo di immagini visualizzate sullo schermo,
ma anche di tanti aneddoti, usi, abitudini di chi lo
frequentava.
Ma la forte determinazione del presidente provinciale
del Dopolavoro Ferroviario, Rosario Fichera,
di Pino Votto e di tutti i 138 soci iscritti all'associazione
(che a breve diventerà Fondazione) lascia ben
sperare, promettono di far riaprire i battenti alla
struttura e rilanciarla in una nuova identità
versatile, che potrà concretizzarsi non appena
la situazione pandemica lo permetterà.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.233 del 14/01/2022
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