LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
IL GIARDINO DELLA
DANZA
tra musica, trasgressione e divertimento
Quellampio cortile adibito a balera era un rinomato
ritrovo serale che ha ospitato,
soprattutto nel dopoguerra, orchestrine e giovanotti
desiderosi di qualche ora di svago
Percorrendo l'intera
via Lata lo sguardo viene facilmente attratto dalle
antiche dimore situate su questo suggestivo tragitto,
tutte caratterizzate da blasoni, portali e logge riccamente
decorate. Proprio di fronte al cinquecentesco Palazzo
Ripa-Lacolina, oggi Rollo, probabilmente l'unico
tra i più antichi a mantenere integra l'originale
magnificenza, si scorge una lunga e bassa costruzione
risalente ai primi anni del Novecento, al centro della
quale si apre un largo ingresso ad arco, serrato da
un cancello in ferro. Da qui si accede all'ampio cortile
interno parzialmente lastricato con lucide chianche
di pietra calcarea pugliese, era questo il cuore del
famoso Giardino della Danza, un nome che evoca
bellezza e soprattutto spensieratezza, quella dell'immediato
secondo dopoguerra, dove l'ardore giovanile si esprimeva
in tutto il suo entusiasmo.
Brindisi, via Lata. Ingresso
di quello che è stato il Giardino della Danza
Il nome del luogo
lo si legge ancora, benché sbiadito, sul muro
esterno della costruzione, dove sono inoltre presenti
interessanti e originali ornamenti decorativi, come
i fregi sugli architravi che sovrastano i sei ingressi
del prospetto, in parte murati. Questi semplici dettagli
architettonici richiamano lo stile tardo Liberty, forse
con un vago influsso neoclassico, dei primi anni Trenta
del Novecento, una espressione d'arte leggera, gradevole
ma effimera, voluta e disegnata dal noto ingegner Telesforo
Tarchioni. Peccato che questi singolari elementi
passino inosservati e siano in parte erosi dal tempo
e dalla lunga mancanza di manutenzione.
Brindisi,Giardino della Danza
(clicca per ingrandire le immagini)
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Particolari di alcuni ornamenti
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La scritta che dava il nome
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L'interno visto dall'alto
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Il vasto "ortale" interno, esteso per circa
cinquecento metri quadri, è racchiuso su due
lati da case a piano unico "sistemate a mo'
di corte, che danno l'idea di come si svolgesse la vita
di molte famiglie in tempi ormai andati", scrisse
nel 2003 sul settimanale Senzacolonne il prof. Antonio
Mario Caputo, apprezzato storico e attento dialettologo
brindisino, il primo ad aver studiato e raccolto le
memorie riguardanti il rinomato ritrovo serale. Durante
tutto il ventennio in questa balera all'aperto "i
giovanotti si esibivano ballando al suono dei motivi
in voga", ma non solo: qui si potevano anche
incontrare signorine compiacenti "evidentemente
libere o stanche degli impegni della casa - approfondisce
lo studioso in un suo dei suoi tanti volumi dedicati
a Brindisi - tutto nella massima discrezione, tant'è
che nessuno mai del vicinato ebbe mai a ribellarsi e
protestare per questi movimenti".
La zona era in parte considerata off-limits proprio
per la presenza di alcuni locali trasgressivi, si racconta
che le ragazze di buona famiglia, venendo da Porta Lecce,
non dovevano assolutamente oltrepassare quel confine
immaginario rappresentato dalla chiesa di Santa Lucia,
erano "costrette" a svoltare a sinistra per
evitare di transitare in quell'area ritenuta "per
soli uomini", pena rimproveri e pesanti punizioni
inflitte dai loro severi genitori. Nelle vicinanze,
infatti, vi era anche l'abitazione della più
famosa prostituta della città, passata alla storia
come "Maria la brindisina", ma in quel dedalo
di viuzze operavano altre meretrici, per questo "il
massimo della trasgressione dei giovanotti di allora
era quello di chiamare la strada Violata",
termine ancora in voga tra i residenti più anziani
del rione.
Con la fine del secondo
conflitto mondiale il locale, di proprietà di
un noto facoltoso brindisino, venne sapientemente gestito
da un ex appuntato dei carabinieri in pensione di origini
campane, un certo "don Pasquale", che
seppe approfittare della presenza di soldati alleati
(americani, inglesi, neozelandesi e polacchi) per organizzare
assiduamente balli ed intrattenimenti. Il gestore del
Giardino della Danza elargiva persino una mancia di
cinque lire a ogni ragazzino che accompagnava un marinaio
di stanza a Brindisi, soprattutto quando nel porto arrivavano
nuove navi militari, "praticamente tutte le
sere". Il ritrovo ebbe grande successo in quegli
anni, qui si esibivano le più famose orchestre
dell'epoca e nel loro repertorio non mancavano i brani
popolari italiani sino ad allora vietati dal regime,
si ballava anche al ritmo della musica americana fatta
arrivare dalle truppe d'occupazione, come lo swing,
il jazz e il nuovissimo boogie woogie. Le note di "In
the mood", "Moonglith Serenade" e "Chattanooga",
portate al successo dal magistrale Glenn Miller,
si diffondevano tutt'intorno, "allietando sino
a notte inoltrata, quanti, come da antica usanza, si
sedevano appena fuori l'uscio di casa, per prendere
il fresco", consuetudine mantenuta viva in
poche eccezioni e soprattutto in provincia. Don Pasquale
ebbe l'abilità di organizzare non solo le feste
"esclusive" per quei giovanotti in cerca di
forti emozioni e di compagnia femminile, ma anche divertenti
serate danzanti per le famiglie, riuscendo anche a tenere
opportunamente lontano dal locale i malintenzionati
e la delinquenza particolarmente attiva nella zona.
Non era facile però tenere a bada i tanti ragazzini
che pericolosamente si arrampicavano sui muri, obbedienti
al richiamo quasi irresistibile della musica e dalla
curiosità di vedere la gente ballare.
Il prof. Antonio Mario Caputo
Secondo il prof. Caputo
si deve principalmente alla presenza e all'impegno del
dott. Ernani Rollo, erede dell'antico edificio
sito di fronte al Giardino, l'utile contributo per nobilitare
questa parte del rione: il validissimo medico pediatra,
uno dei pochi specialisti di Brindisi, accoglieva nel
suo studio numerosi pazienti provenienti anche da fuori
provincia, il Palazzo divenne così un punto di
riferimento importante della città. Inoltre,
la presenza delle scuole, in particolare del Liceo Classico
e dell'istituto Commerciale, portò ad una maggiore
frequentazione della via da parte degli studenti, "a
questo si aggiunse la nuova e accresciuta dimensione
culturale che scacciò certi pregiudizi e permise
la caduta di anacronistici tabù, con una sorta
di riscatto sociale dell'area dopo un lungo periodo
buio", spiega ancora l'insigne studioso delle
memorie popolari brindisine. Finì un po' per
volta quel viavai di marinai e soldati, le ragazze tornarono
tranquillamente a transitare da quelle parti e tutto
tornò alla normalità.
Don Pasquale, che abitava nella vicina piazza San Dionisio,
nei primi anni Cinquanta lasciò il locale e fece
perdere le sue tracce. Non si è mai saputo che
fine avesse fatto, si parlò di una fuga per uno
sgarro alla malavita o per aver infastidito alcuni personaggi
influenti della "vita pubblica brindisina"
residenti nei paraggi, altri sostenevano invece che
l'ex carabiniere aveva semplicemente deciso di tornare
nella sua Napoli dopo aver accumulato un bel patrimonio
con questa attività ricreativa, ormai giunta
al capolinea.
Per un paio di decenni le piccole unità abitative
a corte vennero occupate da alcuni nuclei famigliari
e da qualche artigiano, un microcosmo domestico dove
si condividevano gioie e dolori, silenzi e schiamazzi,
quelli di tanti bambini che lo animavano giocando liberamente
per ore, in mezzo il bucato steso al sole ad asciugare.
Oggi buona parte di quelle case sono disabitate, l'intero
edificio al civico 98 rimane indifferente alla quasi
totalità delle persone che da lì passa
speditamente, senza neanche accorgersi della sua storica
presenza.
Brindisi, via Lata. A sinistra
il Palazzo Lacolina oggi Rollo, a destra l'ingresso
del Giardino della Danza
(in fondo la visuale su gli alti silos realizzati negli
anni '70)
La lunga discesa di
via Lata una volta portava dritta al mare, "in
quel Seno di Levante che dal dopoguerra in poi è
profondamente cambiato, sino a risultarne sconvolto
lo stesso panorama", il riferimento di Caputo
è agli anni Settanta, quando sul molo opposto
furono costruiti alti silos per la conservazione dei
cereali e dei mangimi, una vera e propria saracinesca
innalzata come per chiudere quel bell'orizzonte verso
Oriente, un eccezionale belvedere naturale a disposizione
dell'antica e affascinante via di comunicazione.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.187 del 19/02/2021
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