I bignè fanno parte di quel tipo di dolci
in grado di risvegliare le sensazioni di quando, da bambina, mi piaceva
osservare la nonna che preparava cose buone in cucina.
Sono
dolci unici e irripetibili che vanno amati in fase di preparazione,
perché il risultato finale sia quello desiderato: una sorta di
conchiglia dal guscio morbidissimo, traboccante di crema pasticcera.
Non
c’era un’occasione speciale per prepararli, ma di solito la domenica
arrivavano sempre in tavola a fine pranzo e, mentre gli altri
compravano le “paste fresche” in pasticceria (espressione utilizzata
dalle nostre parti per indicare i pezzi dolci) , noi avevamo il
privilegio di gustare un dolce sano e buonissimo fatto in casa.
Era
il dolce più conosciuto fuori dalle mura familiari, la nonna era famosa
in tutto il paese per i suoi fantastici bignè!
Con
il racconto di questa ricetta si è concluso il nostro meraviglioso
dialogo sulla Terra.
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Procedimento:
Tutto
cominciava in una pentola sul fuoco, dove il burro a pezzetti e
l’acqua, che notoriamente sono immiscibili, entravano a contatto e il
primo, sciogliendosi, si poneva al di sopra dell’altra.
Quando
l’acqua , in un estremo gesto di sopraffare il burro, cominciava a
borbottare, la nonna versava in un sol colpo la farina e cominciava a
mescolare con tutta la sua forza: la massa, che prima
comodamente aveva preso la forma del contenitore, pian piano,
staccandosi dalle pareti della pentola, prendeva consapevolezza di sé e
assumeva una sua personalità, divenendo una pasta con la sua bella
forma tonda, profumata di burro.
Era
quello il momento di spegnere il fuoco e far raffreddare l’impasto: ho
scoperto, crescendo, che i tempi di raffreddamento e riposo degli
impasti sono fondamentali, perché il preparato trovi il suo equilibrio
finale e possa sprigionare in fase di cottura tutta la sua bontà: è
come permettere di rilassare i muscoli dopo essere stato energicamente
sballottolato.
Quando
l’impasto risultava freddo, la nonna aggiungeva le uova, ma non così a
caso: innanzitutto ciascun uovo andava aperto in un piatto, il tuorlo e
l’ albume andavano preventivamente miscelati; solo successivamente si
poteva procedere ad incorporarlo nell’impasto, uno alla volta, dando
alla pasta la possibilità di assimilarlo con calma.
La
gradualità di questa fase era quasi estenuante, ma permetteva di
addizionare il numero ottimale di uova che, se aggiunte oltre il valore
di soglia, davano vita a frittelle spiaccicate al suolo più che a bignè
trionfanti.
Terminata
questa operazione, si lasciava l’impasto a riposo per un altro po’.
Nel
frattempo la nonna si accingeva a sfoderare un attrezzo da cucina
magico, in grado di donare all’impasto divenuto amorfo per aggiunta
delle uova, una forma aggraziata e regale: la sacca da pasticcere1
Questo
utensile era dotato di un beccuccio in stagno e della vera e propria
sacca destinata a contenere l’impasto: quest’ultima non era stata
acquistata: la nonna l’aveva fatta a mano, cucendo su uno scampolo di
cotone bianco un foglio di plastica per alimenti: era bellissima!
L’impasto
veniva inserito nella tasca a cucchiaiate e su una teglia di ferro
avveniva la magia: crescevano tanti cappelli a punta che venivano
passati in forno caldo per 10-15 minuti.
Il forno permetteva all’impasto di crescere e di creare all’interno una
cavità , quella che avrebbe accolto il cuore del dolce: la crema.
Quando uscivano dal forno, questi stupendi porta gioie erano dorati e
profumati, deliziosi anche da mangiare vuoti.
La nonna li lasciava raffreddare nella teglia e poi li metteva in un
cesto tutti insieme prima della fase di farcitura.
Per questa operazione preferiva aprirli in due e riempirli utilizzando
un cucchiaio.
Non ha mai usato lo zucchero a velo per decorarli esteriormente, perché
non c’era nulla da nascondere sotto la polvere bianca: quei dolci erano
belli e lucidi così, senza ulteriori belletti. Venivano sistemati su un
grande vassoio, a formare una montagna; quando arrivava il
momento della degustazione, non era possibile distinguere tra il
contenitore e il contenuto: tutto si dissolveva deliziosamente e
delicatamente in bocca per la gioia delle papille gustative.
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Ricetta pubblicata su:
"Le
ricette magiche di Nonna Laura"
di Monia Politi
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