LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA GABBIA
DEGLI ELEFANTI DELLA BASE USAF, IL SIMBOLO DI UN'EPOCA
Per 40 anni il grande cerchio di antenne dell'avanzato
sistema di radioascolto e spionaggio elettronico hanno
caratterizzato il panorama della zona tra Brindisi e
San Vito dei Normanni
Sono trascorsi quasi
vent'anni da quando la cosiddetta "Gabbia
deli elefanti" non esiste più, smontata
dopo l'abbandono americano della grande e importante
base di spionaggio elettronico. I lavori iniziarono
alla fine di marzo del 2002 e nel giro di poche settimane
nulla rimase di quel gigantesco "colosseo"
metallico che per quarant'anni ha caratterizzato una
vasta area nelle campagne tra Brindisi e San Vito dei
Normanni.
L'ingresso della Base Usaf
Nei brindisini è
ancora vivo il ricordo di quel "maxi orecchio",
il grande radar simbolo della base di informazione elettronica
dell'United States Air Force Security Service
che per decenni ha permesso di captare ogni tipo e comunicazione
telefonica, radio, telex, telegrafica, video e dati
proveniente dai paesi dallo scacchiere orientale ma
anche dalle nazioni occidentali amiche, compresa l'Italia.
La potentissima antenna radiogoniometrica ad alta frequenza
AN FRL-9, modello Wullenweber (il più avanzato
sistema di radioascolto dell'epoca) era infatti costituita
da un'enorme struttura di forma circolare a cerchi concentrici,
sotto il quale vi erano una serie di bunker dove lavoravano
senza sosta centinaia di specialisti dell'ascolto segreto,
compresi traduttori e crittografi. Queste sofisticate
apparecchiature, aventi un raggio utile di intercettazione
pari a circa millecinquecento miglia, hanno recepito
negli anni della "Guerra Fredda" preziosissime
e riservate informazioni militari provenienti dai paesi
del blocco comunista, ma anche notizie inerenti la corsa
agli armamenti, convenzionali e nucleari, e le segnalazioni
relative ai conflitti in atto sia nel Vietnam che in
Afganistan. Le potentissime apparecchiature sono state
inoltre determinanti, nei primi anni Novanta, a guidare
alcune delle operazioni militari aeree in Libia e in
Bosnia, così come nella "La Guerra del Golfo",
probabilmente l'ultima attività alla quale partecipò
la base prima del lento e inesorabile declino avviato
nell'aprile del 1993 con lo scioglimento del 6917°
Radio Squadron Mobile e dell'Electronics Security Group,
proseguito con la fine della contrapposizione tra il
blocco occidentale e quello dell'Europa dell'est, influenzato
sino ad allora dall'Unione Sovietica.
La Gabbia degli elefanti vista
dall'alto
La Gabbia degli elefanti nel
1966 (ph. G. Creel)
All'interno di quell'alto
recinto vivevano circa cinquemila persone, tra militari
e civili operativi e i loro famigliari, era una piccola
cittadina americana costituita da quasi cinquecento
edifici, oltre alle abitazioni infatti esistevano bar,
supermercati, un cinema, una chiesa greco-ortodossa,
la biblioteca, un piccolo ospedale e ovviamente una
scuola: qui i ragazzini venivano seguiti da ben quaranta
insegnanti americani e italiani, la frequentavano anche
Yari e Ylenia, i figli maggiori di Albano e Romina Power,
la loro madre approfittava di quei momenti per allenarsi
a softball (uno sport simile al baseball) su uno dei
tanti campi presenti all'interno della base. Esistevano
infatti numerose strutture sportive: quattro campi da
tennis, due per il baseball, ampi spazi a prato per
praticare il golf (uno di questi campi era proprio a
ridosso della strada provinciale Brindisi-San Vito),
c'era pesino un campetto per il calcio che gli yankee
hanno però sempre utilizzato per il football,
una bella piscina olimpionica e un palazzetto dello
sport all'interno del quale vi erano palestre con attrezzature
modernissime e un campo di basket dotato di parquet
in legno scuro e gradinate per il pubblico. Ovviamente
non poteva mancare la sala per il bowling, con ben sedici
piste.
Campo di baseball nella base
americana
La Base Usaf vista dall'alto
Tante famiglie americane
decisero di prendere alloggio a Brindisi, principalmente
al rione Minnuta, alcuni si trovarono bene a San Vito
dei Normanni e in altri paesi limitrofi, quasi tutti
d'estate sceglievano i litorali a nord del capoluogo,
principalmente le spiagge di Specchiolla o di Torre
Guaceto. C'è chi ricorda con invidia quegli ingombranti
"radioloni" (ghettoblaster stereo) portati
in spalla dai tanti ragazzoni statunitensi che passeggiavano
al corso ogni pomeriggio, era di moda ascoltare la musica
elettronica e da discoteca in quel modo a dir poco scomodo.
Alcuni giovani brindisini hanno imparato la lingua inglese
grazie a queste frequentazioni, condividendo diversi
aspetti delle rispettive culture. Circa trecentocinquanta
nostri concittadini trovarono un lavoro all'interno
della base come infermieri, cuochi, autisti, pompieri
ecc., tutti si sono trovati benissimo, alcuni scimmiottavano
usi e costumi tipici americani imparando anche a gustare
gli hamburger, i chicken and chips, le uova al bacon
e le varie salsine. Con la big family americana negli
anni si sono instaurati legami forti che in alcuni casi
continuano ad essere mantenuti grazie ad internet, è
stata a tutti gli effetti una lunga e indimenticabile
stagione di benessere e di progresso economico per la
città e l'intero territorio brindisino, alla
quale i militari americani hanno contribuito fattivamente.
La sala radio della Base Usaf
La Gabbia della Base Usaf durante
una tromba d'aria
Tutto iniziò
nel 1959 quando, dopo un accordo segreto tra i governi
italiano e statunitense, arrivarono i primi militari
d'oltreoceano, da subito furono avviati i lavori di
recinzione dei 127 ettari di terreno in località
Pozzo di Vito, dove nel 1914 vi era una stazione di
riparazione e manutenzione di idrovolanti della Regia
Marina, poi divenuto aeroporto militare "Maurizio
Gallo". L'area era stata concessa in comodato gratuito
a tempo indeterminato all'aeronautica americana (United
States Air Force Security Service), qui furono realizzate
una serie di strutture logistiche militari comprese
le mastodontiche antenne che proprio gli americani chiamarono
"The Elephant's Cage" (la gabbia dell'elefante).
Il primo novembre dell'anno successivo la base militare
inizio la sua attività di radio-spionaggio come
distaccamento della base aerea di Aviano, dopo qualche
anno divenne pienamente operativa e a tutti gli effetti
indipendente. Nel '67 passò alla National
Security Agency, la più segreta delle centrali
di spionaggio americana che di fatto ha gestito l'importante
rete Echelon, in cui entrò a far parte a pieno
titolo la base brindisina: i dati venivano intercettati
grazie agli oltre centoventi satelliti sparsi in tutto
il mondo, che "leggevano" e tenevano sotto
controllo ogni tipo di segnale intelligente transitante
anche dal web, comprese le comunicazioni pubbliche e
private. Durante la cosiddetta Guerra Fredda la San
Vito Air Station, si è scoperto solo dopo,
svolgeva un ruolo strategico nello spionaggio delle
comunicazioni, la sua posizione era determinante per
lo svolgimento di tale funzione, notizie attendibili
davano per certa la presenza anche di esponenti della
Central Intelligence Agency (CIA), oltre ad un certo
numero di militari della US Navy. Successivamente la
base americana divenne un centro di pianificazione delle
operazioni Nato organizzate non solo nel bacino mediterraneo,
ma anche nei paesi del Medio Oriente. I tutti gli anni
di attività la Base Usaf non ha però
mai ospitato armi e armamenti di alcun genere.
Negli anni Ottanta
si avviò il primo ridimensionamento della base,
con i tagli sul bilancio militare decisi dal governo
americano il numero di operatori venne drasticamente
ridotto, inoltre con lo sviluppo delle moderne tecnologie
satellitari, molte delle installazioni fisse, tipo quella
brindisina, risultarono obsolete ed eccessivamente costose.
Gli apparati radar rimasero attivi sino all'ottobre
del 1994, furono riattivati provvisoriamente durante
la crisi dei Balcani, prima di essere definitivamente
spenti. Nel 2001 venne deciso il passaggio della base
dall'Aeronautica statunitense a quella italiana, agli
americani rimase solo una porzione all'interno del quale
vi era la stazione di osservazione solare del Solar
Electro-Optical Network. Una parte della struttura
fu successivamente assegnata alla base operativa delle
Nazioni Unite di Brindisi come supporto logistico del
programma alimentare mondiale dell'ONU, il resto
della struttura è rimasto abbandonato per anni,
nonostante i tanti sterili dibattiti su un suo possibile
riutilizzo.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 231 del 31/12/2021
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