LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
BUSCIAPAGGHIARI,
L'INCREDIBILE STORIA DI UN AGRICOLTORE
E DI UN COMPRATORE GIUNTO DAL NORD
Un fatto realmente accaduto spiega quanto le ngiurie
erano più importanti dei cognomi,
divenendone persino parte integrante, se non addirittura
il nome principale
Il soprannome è
stato per secoli adoperato come appellativo aggiunto
al nome anagrafico della persona, specialmente per distinguerlo
dagli omonimi. Il meridione d'Italia ha una ricchissima
tradizione di nomignoli che nel tempo sono divenuti
parte integrante, o persino sostitutiva non solo nel
linguaggio ma anche nello scritto, del cognome di intere
famiglie o di casati, una consuetudine in uso specialmente
quando vi erano più rami della stessa parentela
o se c'era una diversa provenienza geografica.
A Brindisi, come nell'intero Salento, la presenza delle
cosiddette 'ngiurie ha una datazione remota che ha sfidato
il tempo e l'evolversi delle società, nessuna
delle famiglie popolari, in particolare quelle degli
agricoltori e dei pescatori, era esente da uno pseudonimo
scherzoso e ironico, talvolta persino denigratorio,
metafore caricaturali derivanti principalmente dalle
caratteristiche fisiche e morali del destinatario, alla
sua professione ma anche a particolari vicende e a episodi
vissuti. Detta fascia folklorica è stata sempre
molto attiva e vivace con la fantasia, i nostri avi
erano attenti a carpire alcuni aspetti comportamentali
e spesso maliziosi nell'alludere ai difetti fisici dei
conoscenti, per poi affibbiare quei nomignoli che divenivano
a tutti gli effetti un emblema famigliare, tramandati
per generazioni: bastava anche un piccolo pretesto,
come parola ripetuta più volte, un difetto di
pronuncia o un modo di camminare, per coniare l'ingiuria.
Alcuni dei portatori
di epiteti ne andavano persino fieri, tanto da rendere
più agevole la possibilità di rintracciare
la propria famiglia attraverso il soprannome piuttosto
che con il cognome vero. È ciò che avvenne
nei primi anni Sessanta a Brindisi ad un noto agricoltore
e mediatore di prodotti ortofrutticoli, da tutti conosciuto
come Brùscia-pagghiàri, un agnoma
identificativo di colui che dava fuoco ai caratteristici
capanni stagionali fatti di canne, rami secchi e paglie,
una volta molto diffuse nelle campagne di tutto il Salento
come riparo dal caldo nei periodi estivi, all'ombra
dei quali si sostava per consumare un fugace pasto.
L'appellativo era stato ereditato da diverse generazioni
ed apparteneva all'intera "razza" (stesso
ceppo famigliare) dei De Paola, conosciuti e apprezzati
contadini di Brindisi. L'intermediario agricolo in realtà
si chiamava Sebastiano, ma per famigliari e conoscenti
era sempre stato Nanuccio, diminutivo del nome di battesimo
affibbiatogli dai genitori sin da piccolo, altro fenomeno
antropologico molto in uso durante tutto il Novecento,
che però non ha sempre ricevuto validi riscontri.
Pertanto, se qualcuno avesse chiesto di Sebastiano
De Paola, in pochissimi avrebbero saputo dire chi
fosse realmente. Proprio quello che accadde un pomeriggio
della tarda primavera nella piazza della stazione, lato
giardinetti e bar, luogo di ritrovo dei mediatori e
grossisti agricoli (gli agricoltori di solito affollavano
l'intera Piazza Cairoli).
Qui giunse un compratore "dall'altitalia"
interessato ai tipici prodotti della nostra terra, in
mezzo a quell'assembramento di persone non era facile
trovare l'interlocutore che doveva fornire un grosso
carico di carciofi e magari proporre un buon affare
anche per i mesi a venire, quando raggiungevano la maturazione
le famose angurie brindisine e soprattutto i tanto ricercati
grappoli di Negroamaro e Malvasia nera, utilizzati nelle
cantine del nord per dare corpo ai vini carenti di sostanze
estrattive e di colore.
Tipica "pagghiara"
brindisina (dal web)
L'acquirente settentrionale
vagò non poco in mezzo a quella gente, senza
però riuscire ad individuare la persona giusta,
quindi decise di chiedere consiglio ad un gruppetto
di persone intente a parlare della stagione agricola.
Ma alla domanda "Sapete dove posso trovare il
signor Sebastiano De Paola?" tutti si guardarono
sbigottiti scuotendo la testa, la richiesta presto si
diffuse ai capannelli vicini, ma nessuno sembrava avesse
mai sentito pronunciare questo nome. L'affare stava
per saltare, quando uno dei presenti ebbe l'intuizione
di chiedere: "Principà, ma sai qual è
la 'ngiuria di 'stù Sebastiano?", l'imprenditore
esitò qualche istante, poi rispose affermativamente:
"in realtà non ho capito bene, credo avesse
a che fare con qualcosa tipo 'accendi-capanne', vi
dice nulla?". Uno dei presenti nell'ampio auditorio
di curiosi, intese subito il riferimento e disse a voce
alta: "naaahhhh, vuè viti ca stà
cerca Nanucciu Bruscia-pagghiari!" Quel nomignolo
sembrò sollevare il morale del nordico spaesato,
che poco riusciva a capire di ciò che si dicevano
i tanti brindisini lì convenuti per aiutarlo.
Finalmente l'affabile e ironico Nanuccio, noto anche
per la sua spiccata allegria, fu individuato poco lontano
e invitato a partecipare a quello che era diventato
un originale fuori programma di quei lunghi pomeriggi
brindisini, dove si dava e trovava lavoro, si contrattava
il prezzo dei prodotti della filiera agroalimentare
e si stabilivano modalità di consegna, compensi
e provigioni.
Il bar dei giardinetti in piazza
Crispi
La grottesca vicenda
nel giro di pochi giorni venne raccontata a tutti, sia
in piazza che nelle campagne, suscitando sempre tanta
ilarità, restando poi gelosamente conservata
e tramandata dai componenti della "razza"
dei bruscia-pagghiari, da sempre orgogliosi di questo
soprannome, che da quell'episodio e per un certo periodo
si videro abbinare - a sfottò - anche il termine
più elegante di "accendi-capanne".
Purtroppo, non si è avuto modo di tornare indietro
nel tempo per trovare l'origine di questa 'ngiuria,
sta di fatto che l'appellativo veniva utilizzato anche
in altre località salentine, in particolare a
Matino, dove in passato gli abitanti del grazioso centro
salentino erano invocati con lo stesso attributo, come
riportato in una ricerca coordinata da Antonio Maglio
nel 1990. Nello studio pubblicato da un quotidiano locale
venne offerta una prima interpretazione alla genesi
dell'ingiuria, che indicava persone dal carattere simile
alla grande fiamma che rapidamente si sviluppava quando,
a fine stagione, si bruciava una capanna di paglia,
una vampata che poi si spegneva con la stessa rapidità.
Pertanto, coloro che portavano questo agnoma "sarebbero
dunque passionali, impulsivi, eccessivamente rissosi,
ma, passato il momento del furore, è come se
niente fosse mai accaduto". In effetti alcuni esponenti
dei De Paola sembra mostrassero proprio questa caratteristica,
erano noti per la loro simpatia e tranquillità,
ma guai a pestargli i piedi!
Alcune componenti della famiglia
De Paola - Brusciapagghiari a Piazza Cairoli (1957)
Le rudimentali pagghìare
da qualche decennio non se ne realizzano più,
è rarissimo trovarle in mezzo ai campi come avveniva
sino ad un recente passato, quando venivano adoperate
come alloggi precari nel periodo estivo, in maniera
da stare sul luogo di lavoro già alle prime luci
del giorno, o per vigilare sulle coltivazioni. Queste
fragili strutture per secoli sono state "la
più forte testimonianza della civiltà
contadina, con tutte le sue sofferenze, le sue fatiche,
le sue gioie, i suoi dolori, le sue superstizioni",
caratterizzando spesso il nostro paesaggio rurale.
Storie come questa ce ne sono davvero tante, ogni soprannome
è solitamente legato a più aneddoti o
a leggende che ne spiegano le radici o la metafora,
quelle più rilevanti sono state salvaguardate
grazie a interessanti ricerche scientifico-sociologiche
avviate da studiosi e appassionati del dialetto e delle
tradizioni, altre sono destinate a perdersi insieme
ai loro protagonisti, e con essi anche una parte della
memoria popolare che costituisce il nostro prezioso
patrimonio culturale.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.208 del 16/7/2021
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