LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA DEMOLIZIONE
DEL TEATRO VERDI
(Ordinanza di demolizione 30 settembre
1959 - inzio lavori febbraio 1960)
La triste storia di una demolizione già decisa
da tempo, poichè la struttura
ha sempre mostrato gravi carenze costruttive
Sono trascorsi sessant’anni
dall’ordinanza che poneva fine alla breve vita
del Teatro Comunale “Giuseppe Verdi”,
il primo teatro lirico brindisino inaugurato solamente
cinquantasei anni prima, il 17 ottobre 1903, con la
rappresentazione della Traviata, l’opera verdiana
più famosa del grande compositore di Busseto
scomparso nel gennaio del 1901.
Il Teatro Verdi davanti a Piazza
Cairoli
Il commissario prefettizio
cav. Pasquale Prestipino appena insediato
nel Palazzo di Città (maggio 1959), trovò
ad attenderlo una relazione sulle condizioni statiche
del teatro comunale redatta qualche giorno prima dal
dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale, l’ing.
Vincenzo Valentini e dal comandante dei vigili
del fuoco di Brindisi, il geom. Fiorenzo Daturi,
nella quale veniva dichiarata “improrogabile
la demolizione dell’edificio”. I tecnici
esperti che avevano effettuato il sopralluogo ritennero
grave la situazione “per le numerosi lesioni
sulle murature di tutto l’edificio che ovunque
dimostravano evidenti segni di dissesto”,
inoltre “le condizioni della cupola sono anch’esse
precarie per la sua fatiscenza”.
Sulla base di tali elementi, l’ufficio tecnico
del capoluogo fu incaricato di compilare un progetto
di demolizione che comprendesse oltre alle spese per
i lavori di abbattimento dello stabile, anche quelli
per il trasporto in discarica dei materiali di risulta
e il “valore del materiale recuperabile”.
Il piano di lavoro fu presentato il 25 settembre ed
approvato il giorno successivo dal commissario Prestipino
che, con la stessa delibera (n. 299/b), decise di indire
anche la gara d’appalto per i lavori da effettuare
“mediante licitazione privata, con il sistema
di offerte segrete”. Il 30 settembre
1959 il commissario prefettizio ordinò
“l’immediata demolizione dell’intero
complesso edilizio del Teatro Comunale Giuseppe Verdi”
(leggi).
Danneggiamenti Teatro Verdi
dopo la bufera del 1951
In realtà
lo stabile era chiuso e “completamente abbandonato
a se stesso” da ben tre anni, dopo essere
stato dichiarato inagibile dal prefetto Alberto
Novello a seguito del verbale stilato dall’apposita
commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo,
dove veniva rilevato che il cinema teatro Verdi “non
offre più le garanzie di stabilità e che
è indispensabile salvaguardare l’incolumità
pubblica”, pertanto la Questura di Brindisi
aveva emesso l’ordine di chiusura definitiva il
23 agosto del 1956.
I numerosi interventi effettuati negli anni precedenti
portano a pensare che il teatro potrebbe essere stato
costruito davvero male e con materiali scadenti, infatti
le cattive condizioni dell’edificio sito in corso
Umberto I angolo con piazza f.lli Cairoli, erano state
evidenziati già nel 1903, quando si lamentarono
alcuni “inconvenienti” - principalmente
infiltrazioni e umidità – solo in parte
risolti dopo alcuni anni; nuovi interventi furono compiuti
dopo il primo conflitto mondiale e altri ancora tra
il 1920 e il 1930. “Portato a nuovo splendore”
nel 1941, durante l’ultimo decennio furono comunque
necessari una serie di riparazioni urgenti alle strutture
del complesso: nel giugno del 1949 una forte bufera
di vento provocò gravi danni alla copertura del
salone concerti, e subito dopo il completamento dei
lavori, un’altra tempesta (febbraio ’51)
causo il distacco di alcune lamiere di zinco della copertura
della cupola, che rimase seriamente danneggiata.
La demolizone della cupola del
teatro
Per la riparazione
venne utilizzata una impalcatura che “vi girava
tutt’intorno”, ciò permise di
esaminare meglio lo stato generale e di conservazione
dell’immobile: l’ingegnere capo del comune,
Ugo D’Alonzo, verificò che anche
la parte in “tavolato di scurette”
sottostante la copertura risultava marcita, era inoltre
necessario ed urgente rafforzare le murature perimetrali,
revisionare il tetto del palcoscenico, restaurare il
soffitto interno e riparare l’impianto di parafulmini,
giusto come sistemazione provvisoria e consentire l’agibilità
della struttura teatrale. Nella sua relazione, l’ing.
D’Alonzo pose una serie di quesiti che portarono,
per la prima volta ufficialmente, a valutare la possibile
demolizione dello stabile: era economicamente più
conveniente riparare i tanti danni o sarebbe stato più
opportuno utilizzare quei soldi per la costruzione di
un nuovo teatro? L’ingegnere capo chiedeva inoltre
di considerare anche un diverso e migliore utilizzo
dell’area “di notevolissimo valore per
la sua pregiata ubicazione e regolarità di forma”
e di erigere un nuovo teatro in altro luogo. Tutti i
componenti dell’apposita commissione incaricata
di verificare le condizioni generali della struttura,
dichiararono all’unanimità che la situazione
era ancora più grave rispetto a quanto era già
stato rilevato, asserendo che “l’edificio
non risponde più alle esigenze dei moderni spettacoli
per la deficienza di capacità e di sicurezza;
che lo stesso non costituisce un monumento cittadino
che valga la pena di conservare”. Si decise
pertanto di eseguire i lavori necessari per assicurare
l’utilizzo del teatro sino allo scadere del contratto
di concessione all’Amit (Anonima
Meridionale Imprese Teatrali) previsto per il 1955,
e al contempo “avviare trattative per la costruzione
di un edificio moderno, mediante concorso pubblico”.
Il teatro Verdi in fase di demolizone
Nel febbraio del
1956 la commissione tecnica comunale era intervenuta
nuovamente, e dopo aver effettuato alcuni sopralluoghi
per verificare le condizioni statiche a tre anni dagli
ultimi lavori di “pronto intervento”,
aveva disposto il puntellamento urgente dei muri dello
stabile prospicienti via Masaniello. I puntelli però,
oltre ad ostruire la strada, causarono non poche polemiche
mediatiche, il giornale “Meridionale”
descrisse il teatro ormai decrepito e invitò
le autorità ad intervenire urgentemente: “cosa
aspetta l’impresa che gestisce il teatro? Che
questo crolli in una serata di piena?”.
Una volta chiuso
al pubblico (agosto 1956) il teatro Verdi venne definitivamente
abbandonato senza più una minima manutenzione
ordinaria e quando il 19 novembre un altro ciclone sconvolse
la città causando numerosissimi danni, il teatro
che aveva subito l’asportazione di diverse lamiere
della copertura della cupola, non venne inserito nell’elenco
degli edifici da riparare, ma “fu lasciato
alla mercé della pioggia che finì col
guastare quanto si era salvato”.
Elena Lenzi nella pubblicazione dell’Archivio
di Stato di Brindisi “La fabbrica del teatro”
(1986) scrive ancora: “a questo punto si può
parlare, senza tema di smentita, di abbandono volontario
da parte degli amministratori dell’epoca, abbandono
che fu causa dell’ulteriore degrado dello stabile
su cui fondò ed ebbe attuazione, senza incontrare
ostacoli, la decisione di demolirlo”.
Il teatro Verdi in fase di demolizone
I lavori di demolizione
furono affidati con trattativa privata alla cooperativa
Aurora Adriatica di Brindisi (delibera 70 del
20 gennaio 1960) in quanto aveva avanzato una proposta
ritenuta dall’amministrazione comunale “la
più conveniente”, poiché la
ditta “avrebbe proceduto alla demolizione
senza alcun compenso in denaro, accontentandosi degli
utili ricavabili dal materiale di recupero”.
Il teatro fu consegnato all’impresa completamente
vuoto, ma non si è mai saputo dove finirono tutti
gli arredi (poltrone, mobili, specchi, lampadari ecc.)
e le attrezzature di scena, sgomberate dopo il ciclone
del novembre 1956.
Nell’attento
e scrupoloso lavoro di ricerca documentale svolto dai
funzionari dell’Archivio di Stato non si è
inoltre trovata traccia di una qualsiasi forma di dissenso
della popolazione brindisina, nessuna manifestazione,
nessuna iniziativa venne intrapresa dai cittadini o
dalle associazioni culturali e politiche, tutto si svolse
nell’indifferenza, le polemiche iniziarono - come
spesso accade - solo a cose già fatte.
Nel febbraio 1960 cominciarono i lavori di demolizione,
a maggio del teatro Verdi non vi era più traccia.
L'area utilizzata a parcheggio
dopo la demolizione del Teatro Verdi
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.116 del 27/9/2019
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