LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
DALLA DOMINAZIONE
SPAGNOLA A QUELLA AUSTRIACA
TUTTI GLI EVENTI BRINDISINI (1700 - 1711)
Le cronache brindisine
del XVIII secolo, redatte in forma manoscritta da alcuni
ecclesiastici dell’epoca, riescono a trasmettere
le passioni vissute durante il travagliato passaggio
dalla dominazione spagnola a quella austriaca dopo la
morte di Carlo II, l’ultimo re
della casa d'Asburgo a sedere sul trono di Spagna.
Anche a Brindisi, come in molte città del regno,
si celebrarono le lugubri solennità in onore
dello sfortunato sovrano deceduto il primo novembre
del 1700 dopo una vita infelice fatta di malattie e
sofferenze: fin da bambino mostrò salute debolissima,
soffriva di fortissimi attacchi di emicrania, epilessia
e continue malattie di tipo influenzale, aveva inoltre
una serie di rilevanti anomalie anatomiche causate da
difetti genetici originati dal susseguirsi, per generazioni,
di matrimoni tra parenti stretti.
Brindisi, piazza Matteotti
Nella nostra città
le esequie commemorative si svolsero il 22 dicembre
del 1700, quel giorno il Seggio - sede delle alte cariche
amministrative locali, all’epoca collocato sull’angolo
dell’attuale Palazzo Ina, tra via F. Consiglio
e piazza Matteotti - era stato ornato con drappi listati
a lutto, qui il sindaco Gregorio Leanza
“tenne il visito” insieme ad alcuni rappresentanti
delle principali famiglie nobili, tutti vestiti con
abiti lunghi e a lutto; Il governatore fece lo stesso
nella prospiciente chiesa della Maddalena dei Domenicani,
situata sull’area dove oggi sorge il Palazzo del
Municipio. Nella piazza tra i due importanti edifici
giunse un Battaglione agli ordini di un Capitano, questi
brandiva la picca (arma simile ad una lancia) mentre
i soldati portavano gli archibugi e i moschetti, tutte
le armi erano rivolte verso il basso in segno di lutto,
così come l’alfiere impugnava la bandiera
“ravogliata e coperta”. Al corteo si unirono
il sindaco, il governatore e le famiglie nobili che,
tenendo il passo mesto e cadenzato dal tamburo, si diressero
in Cattedrale, dove era stato preparato un catafalco
funebre riccamente decorato ed ornato da oltre cento
lumi, sul quale vi era il simulacro del sovrano scomparso.
L’arcivescovo Barnaba De Castro
“vestitosi pontificalmente”, prima di celebrare
la solenne messa intonò l’Antifona dell’Officio
dei Morti, mentre l’orazione funebre venne declamata
in latino dal reverendo padre Felice
delle Scuole Pie. La cerimonia si concluse con i canti
gregoriani e, dopo le consuete ossequiose cerimonie
al vescovo, tutti ritornarono al Seggo così come
erano arrivati, dove poi “ognuno partì
per il suo affare”.
A sx Carlo II d'Asburgo detto
lo stregato - a dx Carlo III d'Austria
Re Carlo II, soprannominato
“lo stregato”, avendo un solo testicolo
atrofizzato e quindi essendo del tutto sterile, lasciò
la corona senza eredi diretti, ma dispose quale suo
successore il duca Filippo d’Angio
della dinastia dei Borbone, nipote del re di Francia
Luigi XIV (Re Sole), che assunse il nome di
Filippo V di Spagna. La scelta però
non fu accettata dalle altre monarchie europee, preoccupate
dall’unione dell’impero spagnolo con quello
francese, così si giunse ad un lungo conflitto
durante il quale si fronteggiarono Francia, Spagna,
Portogallo e Baviera contro Inghilterra, Olanda, Prussia
e Austria.
I brindisini si schierarono sin da subito con gli austriaci,
manifestando palesemente sentimenti antifrancesi. Il
18 dicembre del 1701 furono organizzati dal sindaco
Giovanni De Dominici i festeggiamenti
per il compleanno di Filippo V, durante il triplice
sparo di cannone e dell’artiglieria, tutti i presenti
- soldati, fanciulli e gente comune – invece di
salutare la figura del re francese, gridarono a gran
voce “sia lode al nostro Carlo III d’Austria”,
suo principale antagonista al trono.
Brindisi in una litografia del
Saint-non della fine del '700
Quando nel luglio
del 1707 giunse la notizia che gli austriaci erano riusciti
ad entrare a Napoli, divenendo di fatto i padroni del
regno, il castellano della fortezza di terra, da sempre
schierato con i nuovi occupanti, innalzò la bandiera
imperiale facendo esplodere le salve di cannone per
tre giorni. Purtroppo alcuni marinai fiumani, nel caricare
la bocca da fuoco del loro bastimento ancorato nel porto,
rimasero colpiti dall’esplosione, uno di questi
fu sbalzato “in aria, che l’andarono raccogliendo
li quarti del corpo”, un altro perse una gamba
ed un braccio, un terzo marinaio la mano.
La grande festa in onore del nuovo re durò ben
otto giorni ed otto notti. Dal mattino del 24 luglio
il ritratto del monarca fu collocato sotto un “ricchissimo
tosello nella chiesa arcivescovile” e dopo il
Te Deum intonato dal vescovo, il dipinto fu preso dal
governatore e dal giudice e da loro portato al Seggio
sotto un Pallio (baldacchino) le cui aste erano sorrette
dai nobili. Appena fuori dal Duomo una “salva
reale” delle squadre della fanteria e della cavalleria
schierate in piazza, salutarono l’immagine del
re, mentre gli oltre duemila brindisini presenti sull’ampio
spiazzo gridarono “viva viva Carlo III, tanto
forte, che pareva tremasse la terra”; la giornata
si concluse con una cavalcata condotta dallo stendardo
del monarca. I festeggiamenti proseguirono il giorno
successivo con “tutta la città armata a
piedi, e a cavallo, e nobiltà alle carrozze con
tante sparatorie, che non si poteva stare nemmeno nelle
proprie case”, quindi il 26 luglio con la cavalcata
degli “scarpari, con li sartori coronati d’alloro”
a portare in giro in musica il carro con il dipinto
di Carlo III. Mercoledì 27 tre squadroni di oltre
cinquecento “femmine, cioè artigiane e
popolari […] tutte armate con diverse armi da
fuoco” sfilarono per le strade della città,
ed ancora il 28 furono i “villani” ad organizzarsi
in una grande compagnia di oltre seicento persone, capeggiata
da un uomo travestito da regina d’Inghilterra
affiancato da uno scudiero che portava scritto il motto
“Anna d’Inghilterra, Galli spenna, e
disterra”, con chiaro riferimento agli odiati
francesi. Venerdì 29 luglio fu la volta delle
processioni delle zitelle e delle vergini, contestualmente
un centinaio di abitanti del quartiere Marina organizzarono
un grande carro tirato da sei cavalli sopra il quale
vi era una galea a remi dalla poppa altissima, con otto
banchi a doppi vogatori, alberi con vele e stendardi,
al centro del quale spiccava il ritratto del nuovo sovrano.
In piedi sull’imbarcazione “andava assiso”
Leonardo Montenegro, già sindaco
della città e noto per la sua avviata attività
mercantile, distribuiva al popolo “denari e confettura”
(confetti duri a forma allungata, tipo cannellini),
accompagnato dalla “bellissima musica con più
sorte d’istrumenti”. Il giorno successivo
furono i canonici del Capitolo a festeggiare: la mattina,
dopo la preghiera, con le salve di “cinquecento
mortaretti e cinquanta pezzi grossi”, poi nel
pomeriggio uscirono con dieci carrozze e a cavallo,
così come la sera alla luce delle torce e sino
alle quattro del mattino, andarono in giro per la città
a distribuire “quattrocento libre di confettura,
oltre la quantità dei denari che gettava il prelato”.
Il 31 luglio, ultimo giorno dei festeggiamenti, non
mancarono le solite salve di mortaretti sparati in giro
per le strade della città da soldati e schiere
di cittadini, tra loro anche duecento studenti delle
Scuole Pie, artisti e contadini. Dal balcone della sua
residenza il governatore gettò al popolo più
di “trecento rotola di pane e quantità
di denaro”, e la sera, illuminata da tantissime
torce, ancora una cavalcata con soldati armati di sciabole
a scortare il carro sul quale era posto il ritratto
del re, con a seguito un gruppo di suonatori. Il tutto
si concluse con diverse salve d'artiglieria e l’accensione
di centinaia di fascine lungo tutte le mura di cinta
della città.
Durante questi otto giorni i monasteri, conventi e molte
abitazioni private, su tutti il Palazzo dei Montenegro
sul lungomare, rimasero illuminati “con una gran
quantità di lumi”.
Nel novembre del 1711 altri otto giorni di feste popolari,
militari e clericali si fecero in città per l'avvenuta
elezione di Carlo III a imperatore del sacro romano
impero.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.77 del 14/12/2018
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