I RAGAZZI
DELL'ISTITUTO MARGIOTTA
La struttura era destinata ad alleviare le sofferenze
e l'emarginazione dei bambini provenienti da famiglie
disagiate. Fu voluta da don Giuseppe Cavaliere e sostenuta
dalla generosità della contessa Borletti
Era una stazione goniometrica
militare, trasformata nella metà degli anni '60
in un istituto di accoglienza per bambini abbandonati
o provenienti da famiglie in difficoltà. Oggi
la struttura continua a mantenere una analoga funzione
sociale, ospitando ragazzi diversamente abili. Ideatore
di questa straordinaria opera caritativa è stato
don Giuseppe Cavaliere, all'epoca parroco della
Cattedrale, ma tutto ciò è stato possibile
grazie all'animo sensibile e per l'ispirata generosità
della contessa Ida Borletti.
Nobile di nascita
e censo, l'illuminata ed elegante signora è cresciuta
negli agi e nella ricchezza. Apparteneva alla famiglia
di imprenditori milanesi noti nel comparto orologiero
con il marchio Veglia, impegnati anche in numerosi altri
settori, dalla moda all'editoria; suo padre Senatore
è stato il fondatore della Rinascente. La contessa,
come ogni estate, era partita da Venezia a bordo del
suo panfilo condotto da un equipaggio di sedici marinai,
per trascorrere le vacanze in Grecia. Ma al largo di
Brindisi, causa un forte temporale, uno dei motori andò
in avaria, furono pertanto costretti a fermarsi tre
giorni nel porto interno in attesa delle riparazioni
necessarie. Prima di riprendere il viaggio la contessa
volle far benedire l'imbarcazione da un sacerdote, fu
così che conobbe don Giuseppe Cavaliere: il coraggioso
sacerdote aveva in mente la realizzazione di un istituto
per l'infanzia in un vecchio edificio militare, per
garantire assistenza e sostegno a orfani e minori con
situazioni di disagio economico e sociale. La cospicua
offerta devoluta dalla signora Borletti per la benedizione
dello yacht era un vero toccasana per l'ambizioso progetto,
ma serviva ben altro. Incuriosita, la nobildonna volle
visitare la desueta struttura donata dall'Aeronautica
Militare situata sul litorale nord, poco prima di Punta
del Serrone, ma quando vide l'edifico, praticamente
fatiscente e da trasformare completamente, la contessa
capì subito che servivano ben altri (e tanti)
aiuti finanziari per portare a termine la lodevole iniziativa.
Prese a cuore l'idea e si impegnò, riuscendoci,
a coinvolgere altri sovvenzionatori scelti nella cerchia
delle sue amicizie e nel mondo imprenditoriale milanese,
come le famiglie Pirelli, Cicogna, Falk, Moratti, Mondadori
e altri ancora.
I ragazzini giocano all'esterno
dell'Istituto Margiotta, dietro di loro la contessa
Borletti (con il cappello)
Completata da alcuni
anni, la nuova struttura venne intitolata a Nicola
Margiotta, Arcivescovo della Diocesi dal 1953 al
1975, e inaugurata il 16 aprile del 1970, come testimonia
l'epigrafe esposta sul luogo. Negli anni l'istituto,
che afferiva al Cif (Centro Italiano Femminile), ha
ospitato tantissimi ragazzi sino alla maggiore età,
fu persino necessario attivare in sede una scuola primaria
composta da due classi: in una c'erano ragazzini dalla
prima alla quarta elementare, l'altra era riservata
alla sola quinta.
Alcuni di quei piccoli ospiti provenivano dalla "Casa
del Sole" di Laureto, anch'esso fondato dall'instancabile
e intraprendente don Giuseppe per accogliere bambini
dai 3 ai 10-12 anni di ambo i sessi. Tra loro c'era
anche Antonio Errico, destinato alla colonia
della frazione fasanese quando aveva solo sedici mesi.
Originario di Latiano, Antonio come tanti altri ragazzi
è cresciuto grazie alla preziosa azione di sostegno
e alle attività assistenziali, formative e culturali
dei due istituti. "La contessa Borletti venne
in visita a Laureto insieme a don Cavaliere e si intenerì
di me, ero così piccolo che gli entrai nel cuore
praticamente subito - racconta con una evidente
e immensa devozione verso la grande benefattrice - anche
al 'Margiotta' zia Ida (così voleva essere chiamata,
come facevamo con tutte le istruttrici) tornava spesso
a trovarci e a trascorrere qualche giorno con noi. A
volte camminavamo insieme sino a Punta Penne, a vedere
il mare, poi con il bus n°4 ci accompagnava in città,
le piaceva in particolare far suonare il clacson quando
si transitava sotto il ponte della Sciaia, lo chiedeva
pure all'autista della sua Mercedes, perché era
felice quando ci vedeva gioire".
Antonio ricorda come la contessa trovava gusto nel raccogliere
i fagiolini dall'orto dell'istituto, "quelli teneri
li mangiava persino crudi" sottolinea, e poi assaporava
i pomodori "sublimi" che lì crescevano
vigorosamente.
Crimonia di inaugurazione dell'Istituto
Margiotta
"Era sempre
presente e disponibile, la sua generosità non
aveva limiti: basti pensare che negli anni '70 e '80
volle istituire una mensilità aggiuntiva alle
dipendenti Standa e Upim di Brindisi che aspettavamo
un bambino", e poi per i "suoi" bambini
aveva sempre un occhio particolare: "d'estate
accoglieva alcuni di noi (quelli che non potevano rientrare
nelle proprie famiglie) nella sua tenuta sul Lago di
Garda, ci faceva soggiornare in una sorta di campeggio
allestito appositamente sulla collinetta che si affacciava
sul bellissimo specchio d'acqua". Antonio è
stato ospitato dalla colta e raffinata gentildonna in
diverse altre occasioni, spesso gli chiedeva di raccontare
ai suoi tanti ed illustri invitati quella che definiva
"la nostra bellissima storia". "Uno
di loro, lo scoprii solo dopo, è stato il più
popolare giornalista del Novecento, Indro Montanelli".
Con il passaggio alla
maggiore età, i ragazzi venivano accompagnati
ad altri percorsi e destinazioni. Antonio Errico, grazie
all'intercessione di don Giuseppe e alla disponibilità
della contessa Borletti, fu accolto e visse per qualche
tempo nella villa sul Garda, dove lei spesso si recava
insieme al suo secondo marito, l'artista scozzese Mike
Noble. Gli fu trovato anche un impiego presso uno
dei tanti alberghi del posto, prima di diventare un
infermiere presso una clinica privata a Peschiera del
Garda. Vive sempre lì, a Castelnuovo del Garda,
dove al suo cognome si è aggiunto ufficiosamente
quello della contessa, "qui mi hanno sempre
chiamato 'Antonio della Borletti' - spiega - col
tempo il nome della nota famiglia aristocratica si è
praticamente abbinato al mio, tutto ciò rappresenta
per me un segno di amore e di eterna riconoscenza".
Il giovane Antonio Errico con
la contessa Ida Borletti nella villa del Garda
Quando viene a Brindisi,
sempre con grandissimo piacere, non manca di tornare
dall'ex Istituto Margiotta, la sua casa, "mi piace
anche passare dalla Conca e ricordare quei giorni spensierati
della mia adolescenza". Un altro luogo del cuore
è il lungomare del porto interno, "mi
fermo ogni volta affianco alla bitta che è proprio
di fronte all'Hotel Internazionale, dove ormeggiò
lo yacht della contessa Borletti quella lontana estate,
perché è lì che tutto ha avuto
inizio". Un suo grande desiderio è che
in quel luogo venga apposta una piccola targa che ricordi
la nobildonna benefattrice, colei che per la sua generosità
è riuscita a dare riparo e sussistenza a tanti
piccoli innocenti, per essere accolti e educati in un
luogo sicuro, confortati da ottimi e qualificati istruttori
ed operatori. "Ho scritto anche al Sindaco di
Brindisi, raccontando questa storia, ma non ho ricevuto
risposta, magari il prossimo primo cittadino sarà
più sensibile e prenderà in considerazione
la mia richiesta".
Da circa quindici
anni la struttura di Strada Betlemme è una comunità
semiresidenziale (diurna e casa-famiglia) gestita dalla
Cooperativa Eridano, qui vengono ospitate persone
con disabilità fisica, sensoriale e intellettiva,
che necessitano di prestazioni riabilitative di carattere
sociosanitario. Gli operatori del centro si impegnano
tantissimo, con benevolenza e affetto, nell'ottenere
il recupero dei livelli di autonomia personale e sociale
di queste persone, dando anche sostegno alla famiglia
e coinvolgendola nel compito socioeducativo.
Don Giuseppe Cavaliere
Ida Borletti con il marito Mike
Noble
Don Giuseppe Cavaliere,
il "prete dei bambini", e la contessa Ida
Borletti, che oltre a dare vita a questo istituto hanno
saputo e voluto riversare a tanti fanciulli tutto l'amore
e la dedizione di cui disponevano, andrebbero fieri
ed orgogliosi di come la loro opera persegue ancora
oggi l'obiettivo di promuovere la cultura assistenziale
verso i meno fortunati.
Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n. 303 del 26/05/2023
Il racconto di Antonio Borletti
del giugno 2023, in occasione del servizio televisivo
trasmesso da Antenna Sud