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LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA

BRINDISI, DA SEMPRE PRIMA CITTA' PUGLIESE DELL’ELETTRICITA'
L’Anonima Brindisina per l’Illuminazione Elettrica è stata la prima società regionale a essere costituita e operare nella produzione e distribuzione di energia elettrica, grazie all’intraprendenza di alcuni imprenditori locali

Dieci anni dopo l'entrata in funzione della prima centrale elettrica italiana, quella di Santa Radegonda di Milano (1883), si avviò l'attività della prima impresa elettrica pugliese, quella costituita a Brindisi il 30 dicembre del 1892, denominata Società Anonima Brindisina per l'Illuminazione Elettrica. La tanto attesa inaugurazione del nuovo ed innovativo impianto di illuminazione pubblica avvenne alle ore 15 di domenica 29 ottobre 1893, una cerimonia promossa dall'amministrazione comunale "in onore al progresso ed alla civiltà", alla quale parteciparono tutte le principali autorità civili, militari e religiose, i rappresentanti della stampa locale e delle associazioni cittadine. In realtà l'impianto era stato già attivato con successo sette giorni prima, quando finalmente "il grave problema dell'illuminazione, che ha formato la preoccupazione di tutte le amministrazioni che si sono succedute al Palazzo di Città, ha finalmente ottenuto la sua soluzione […] infatti quel giorno Brindisi, vecchia e nuova, era illuminata con la nuova luce" scrissero i cronisti dell'epoca. Dai giornali arrivò anche un grande plauso al "sognatore perpetuo" e principale artefice dell'iniziativa, il cav. Engelberto Dionisi: il primo cittadino, con la sua Giunta municipale, era riuscito a risolvere "quel problema che altri non han voluto o saputo effettuare" ben cinque anni prima di Taranto.

Dipinto a olio di Engelberto Dionisi
(archivio famigliare)
Logo della Società Anonima Brindisina per l'Illuminazione Elettrica

Materialmente se Brindisi è stata la prima città della Puglia ad essere illuminata, lo si deve soprattutto agli sforzi economici e all'intraprendenza di un gruppo di noti imprenditori brindisini, promotori e componenti del consiglio di amministrazione della neonata società elettrica, costituita con rogito del notaio Michele D'Ippolito: Spiridione Giorgio Cocotò (presidente), Cesare Bianchi, Teodoro Titi, Luigi Passante e Pietro Montagna. Al pari di analoghe società, aveva come scopo "l'installazione e l'esercizio di illuminazione elettrica pubblica e privata nella città di Brindisi ed eventualmente in altre località della provincia di Lecce". Il capitale sociale era stato fissato in centotrentamila lire, diviso in cinquantadue azioni da duemilacinquecento lire ciascuna, con una durata dell'esercizio pari a venticinque anni.
L'opinione pubblica esaltò non poco l'iniziativa di questi "egregi cittadini" nonché pionieri dell'elettricità, invitati proprio dal sindaco Dionisi ad "avere fede nella nostra città, perché servano di sprone agli indecisi e li persuadano a rinforzare la nascente società, nella speranza che si potrà finalmente incominciare a provvedere ai pubblici servizi col concorso dei capitali cittadini, e senza cadere in balia della speculazione forestiera".


I corsi di Brindisi con i primi lampioni dell'illuminazione pubblica nel 1895

Una settimana dopo la costituzione, il presidente della società, lo stimato commerciante di carbone e console greco Spiro Cocotò, aveva avanzato richiesta formale al Municipio di Brindisi di assegnazione in appalto dell'esercizio dell'illuminazione elettrica della città, sia per uso pubblico che privato, concessione che fu accordata con apposito contratto, il 19 giugno del 1893, per un periodo stabilito di venti anni. La corresponsione economica era pari a trentasettemila lire annue che il Comune doveva elargire alla società, somma poi aumentata in conseguenza all'espansione delle aree del servizio. Fino ad allora la città era stata illuminata, in parte con lampade elettriche e in parte con fanali a petrolio, da Felice Chartroux, imprenditore nativo di Nizza ma domiciliato a Brindisi, titolare del contratto pubblico sottoscritto il 3 aprile 1891 e conseguentemente risolto per dare modo al Municipio di poter "liberamente provvedere ai bisogni cittadini nel modo più idoneo e conveniente" (M. Ottolino, 1986). Il francese continuò ad occuparsi del settore elettrico sottoscrivendo alcune azioni della Società Anonima Brindisina all'atto della costituzione.


L'Officina Elettrica di via Circonvallazione, ora via Bastioni S. Giorgio

La produzione di energia avveniva presso l'Officina Elettrica, un nuovo opificio appositamente realizzato sulla parte esterna di Porta Mesagne, proprio a ridosso del bastione e delle antiche mura, all'interno del quale vi era una caldaia alimentata a carbone fossile il cui vapore metteva in rotazione la dinamo. Il fumo della combustione veniva scaricato attraverso l'alta ciminiera in mattoni che svettava lateralmente al capannone. Le lampade e i fanali già presenti sulle strade furono interamente sostituiti senza alcun aggravio di spesa, contestualmente si installarono una serie di nuovi ed elegantissimi lampioni in ferro fuso, che adornavano i corsi principali e la suggestiva via Marina, dando alla città un "aspetto moderno e civile".
Ma non tutto andò per il verso giusto. Già da subito si lamentò l'assenza di illuminazione in Largo Stazione, rimasta al buio nonostante fosse il punto di arrivo di numerosi viaggiatori, uno sconcio causato dal mancato accordo tra il Comune e la Società Ferroviaria relativamente alla spesa di mille lire annue necessarie all'acquisto e al funzionamento della lampada ad arco utile a dare luce all'intera piazza. Le ferrovie erano disposte a pagare solo seicento lire, la differenza non fu semplice da trovare, si cercò un non facile accordo tra Municipio e la Società Elettrica in maniera da far cessare "quello scandalo che disonora la nostra Brindisi ed i tempi moderni". Altra grande esclusa dall'illuminazione pubblica, almeno in una prima fase, fu la Torre dell'Orologio, il settecentesco edificio in carparo di stile barocco veniva ancora rischiarato con i desueti fanali alimentati a petrolio al costo di settecento lire anno, una spesa che poteva essere ridotta di molto con l'utilizzo, decisamente più pulito, dell'energia elettrica.


Illuminazione pubblica su via Marina (lungomare)

Nonostante i significativi introiti dell'attività, il primo aprile del 1901 la Società cedette al Comune - con rinuncia al premio - sia l'impianto di produzione che tutto il materiale mobile ed immobile utilizzato nel servizio, al prezzo di poco più di duecentodiciottomila lire da pagarsi in cinque rate annuali uguali. Probabilmente i veri motivi che portarono a tale cessione erano legati al mancato appalto dell'illuminazione del Teatro Verdi, concesso all'imprenditore leccese Vito Reale. Il Municipio in questo modo si liberò di un contratto oneroso con ben dodici anni di anticipo, e a breve riuscì anche a vendere l'officina elettrica all'ingegnere andriese Nicola Labroca, già proprietario di un analogo impianto nella città barese.
Quattro anni dopo l'impresa venne acquisita dalla Società Elettrica Pugliese che già nel 1907 avviò una serie di importanti lavori di ampliamento alla stazione termoelettrica: furono realizzati un nuovo fabbricato destinato a deposito del carbone, alcuni locali-ufficio riservati al personale interno ed esterno, e l'abitazione del direttore dell'impianto. Anche la vecchia struttura, all'interno del quale c'era la sala macchine, venne ingrandita, ammodernata e "arricchita di nuovo macchinario perfezionatissimo" e di una potente batteria di accumulatori. Ulteriori e indispensabili investimenti riguardarono la modifica delle linee di distribuzione della corrente, necessari a risolvere i problemi di incostanza e di ripetute interruzioni di luce, intoppi causati talvolta da atti vandalici, che avevano portato a insistenti lamentele da parte degli utenti.


Carta intestata della Società Elettrica Pugliese


Disegno di un motore con dinamo di una officina elettica (da andriaviva.it)

L'Officina Elettrica di via Circonvallazione, ora via Bastioni S. Giorgio, tornò in mano ai brindisini nell'aprile del 1913 con una nuova società, denominata Elettrica Brindisina, nata dalle ceneri del precedente consorzio locale. I cinque membri del consiglio di amministrazione erano anch'essi noti esponenti della borghesia locale: Pasquale Fusco (presidente), Ugo Bono, Tommaso Passante, Eupremio Guadalupi e Giuseppe Ribezzi.
Nell'interessante pubblicazione sulle società elettriche pugliesi, la prof. Maria Ottolino (ordinario di Storia Economica all'Università di Bari) scrive: "Brindisi […] ebbe la capacità e soprattutto la volontà di non dipendere da estranei, come prova la costituzione della Elettrica Brindisina che incontrò una larga adesione presso la cittadinanza ammontando il numero dei sottoscrittori della azioni sociali a ben centottanta".

Giovanni Membola
per Il 7 Magazine n.207 del 9/7/2021

Bigliografia

  1. Maria Ottolino. Le societá elettriche pugliesi dalle origini all'avvento del fascismo. Cacuccí Editore, 1986
  2. S.Barca, Elettrificare la Puglia. Impresa, territorio e sviluppo in prospettiva storica 1900-1945, Liguori Editore, Napoli 2001.
  3. G. Mori, Storia dell’industria elettrica in Italia. Le origini, Editori Laterza, pp. 308-352
  4. Archivio storico Enel, Una storia elettrica
  5. La città di Brindisi, febbraio 1907
  6. L'Ortica, 15 e 29 ottobre 1893
  7. Il Corriere, 11 e 18 dicembre 1892, 19 marzo 1893


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