LE STORIE DELLA NOSTRA STORIA
LA STATUA DELL'ERCOLE
BRINDISINO
E finalmente l'Ercole arriva
a Brindisi
Dai polverosi depositi del Museo Nazionale di Napoli
alle sale del "Ribezzo"
"Ed
infine uscimmo a riveder le stelle". Se avesse
il dono della parola, sospirerebbe così, citando
Dante, l'antica statua in marmo raffigurante l'Ercole.
E avrebbe ben ragione di farlo dopo essere rimasta,
per un tempo lunghissimo, "sepolta" e coperta
dal buio e dalla polvere nei depositi del Museo Nazionale
di Napoli.
Danilo Schifeo e Pietro Caprioli saranno sicuramente
soddisfatti vedendo il risultato raggiunto grazie alla
loro pressante iniziativa: il temporaneo ritorno in
città dell'Ercole Brindisino. Analogo tentativo
fu fatto, già nel 1962, dall'allora direttrice
del Museo Provinciale "Francesco Ribezzo"
Benita Sciarra (mia sorella). Tentativo che, pur con
l'interessamento dell'on. Carlo Scarascia Mugnozza,
allora sottosegretario alla Pubblica Istruzione con
delega alle Arti, non produsse gli esiti sperati. Infatti,
il Museo Nazionale di Napoli inviò, a titolo
di consolazione, una copia in gesso tuttora conservata
nelle sale del museo cittadino. Nel 1963, Benita Sciarra
scrisse un saggio (L'Ercole da Brindisi) pubblicato
sull'autorevole rivista specializzata intitolata "Napoli
Nobilissima", diretta da Roberto Pane.
Leggendo l'interessante pubblicazione di Agata Lapiana
"Sotto il velo della clausura, epistolario segreto
di una monaca del settecento", si carpiscono alcune
delle pochissime notizie coeve al rinvenimento dell'Ercole.
In una lettera, Albina Montenegro, suora del Monastero
di San Benedetto, scrive il 12 ottobre 1762 a Giovanbattista
Guarini duca di Poggiardo:
"Carissimo duca, mi dispiace molto sentirla ancora
incommodata col dolore di testa, e fulsione […]
e bisogna dire che sia l'aria che molti si lagniano
di questo male.
E dopo alcune informazioni sullo stato
di salute prosegue: "Credo che avrete sapute le
notizie di cotesta nostra città che ad un parte
che stavano fabricando [e] non più di un palmo
avevano cavato, hanno ritrovato quantità di moneta
antica, ma non è argento [ma] mischiata argento
e rame. [Le monete] compariscono tutte argento, [ma]
l'orefice che l'hanno fatta fare l'esperienza, vi trova
il terzo [d'argento] ad ogni pezzo. Ne hanno piena una
cassa, senza quella [che] si hanno pigliata. Hanno trovata
una statuetta d'Ercole ben fatta [che] mi dicono [è]
tutta di marmo. Il preside la vuole in Lecce, ma non
la danno: se la vuole il re in Napoli la mandano, altrimenti
restarà qui, che da quella si vede quanto è
antica la città e trovaranno più cose,
che più sotto ci sono le stanze dove abitavano
la gente. Il guaio è che ci sarà grande
rumore per la pretensione del preside, e per quella
[cassa che] si hanno pigliata, che due marinai delli
sciabecchi [di moneta] se ne pigliarono quantità;
se fusse tutta argento, sarebbe stata una gran cosa,
[ma] essendo rame meschiata, non è cosa di gran
rilievo. Le figure che ci sono alla moneta quanto stanno
ben fatte! Vi è Giulia Augusta. Giulietta. Severo
Pio. Antonino Pio e molte che non si sentono, e saranno
più di venti maniere: animali vi sono scolpiti,
idoli e altre cose. Hanno pensiero che trovaranno più
cose [perché] comparisce il luogo come se avessero
cogniato. Hanno trovato la fornacetta colli carboni
e altre cose. Qui vi è un bisbisglio grande per
questo. Vostra figlia li dà un abraccio. Li nostri
rispetti a tutte di sua stimatissima casa. Dove posso
servirla, mi comanda con tutta libertà e resto
abracciandola di cuore addio".
La statua in marmo raffigurante Ercole fu rinvenuta
nel 1762 nei pressi della chiesa di San Paolo. Assieme
ad essa fu trovato, come si legge nella lettera della
suora, un tesoretto di monete d'argento di età
imperiale la cui analisi sarebbe stata importante per
gli studiosi se le monete non fossero state trafugate.
Se della statua manca una descrizione scritta fatta
al momento del rinvenimento, vi è però
il quadro commissionato dal letterato e storico locale
Ortensio De Leo. Nel dipinto, dall'esecuzione mediocre,
è raffigurato uno scudo, posto a lato del basamento,
dove una scritta in latino descrive brevemente la scoperta:
"La statua di candido marmo di Ercole Difensore,
un tempo nume più importante dei brindisini,
padre dell'eroe Brento da cui derivò il nome
della città, [fu] dissotterrato per caso nell'area
della chiesa di San Paolo con un ingente quantità
di antiche e importanti monete Augustali d'argento,
il 7 ottobre 1762. Per ordine di Ferdinando IV re di
Napoli [fu] portato e posto nel suo museo, per la sua
eleganza. Il governo e il popolo brindisino disposero
che fosse collocata una copia [il dipinto] nella curia
dei Nobili per conservare alla patria memoria dell'antichità".
Quindi la statua fu portata a Napoli dove Ferdinando
IV, in quel periodo, faceva convergere tutti i reperti
che si trovavano nel regno, arricchendo di molto le
collezioni di Carlo di Borbone.
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Statua dell'Ercole |
Ritratto dell'Ercole |
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sull'immagine per ingrandirla |
Come si nota dalle foto, i due Ercole
(la statua e il ritratto), al di là della posa
plastica del corpo, presentano alcune differenze che
mal si comprendono se si considera che il ritratto è
dipinto dal vero. Ad esempio, il primo regge nella mano
destra i pomi delle Esperidi, il secondo poggia la stessa
mano su di una clava. Ignorando se queste differenze
siano dovute ad una libertà artistica del ritrattista
e non essendo nota, come già detto, altra documentazione
chiarificatrice, si pone in maniera legittima il dubbio
che in realtà possa trattarsi di due statue distinte.
Dal "Documenti inediti per servire alla storia
dei musei d'Italia" di Giuseppe Fiorelli, edito
nel 1880 dal Ministero della Pubblica Istruzione, risulterebbe
che la statua conservata nel museo napoletano sia uno
dei primi reperti marmorei trovati durante gli scavi
di Ercolano. Può essere lecito supporre come
questa statua possa non essere quella trovata a Brindisi.
Probabilmente quella andò persa - anche se non
nella stessa maniera del tesoretto di monete - ad esempio
in uno dei tanti spostamenti avvenuti nel corso dei
secoli nel museo napoletano con relativi inventari.
Tali supposizioni non mancheranno di deludere coloro
che da tempo auspicavano il ritorno in sede dell'Ercole.
Il dubbio, a parer mio legittimo, non mancherà
di far nascere, oltre alla comprensibile delusione,
un piccolo giallo, una piccola matassa intricata che
toccherà agli studiosi dipanare.
Ma l'impegno a far rivedere la luce ad un reperto archeologico,
che sia brindisino o no, è sempre apprezzabilissimo
e può essere preso ad esempio per altre iniziative.
Infatti, nei depositi "tenebrosi" dei musei
italiani sono conservati centinaia di migliaia di reperti
antichi e artistici, un immenso tesoro nascosto che
viene visto solo da pochissimi studiosi. Sarebbe interessante
riuscire a far esporre, pur se per un tempo limitato,
anche una parte infinitesimale di questo tesoro. Basterebbe
per cambiare il "volto" di un museo "periferico",
facendolo divenire una attrazione turistica e culturale.
Iniziative che a rotazione si potrebbero susseguire.
Non so se ciò sia illusorio o meno, ma nel loro
"piccolo" i due consiglieri circoscrizionali
brindisini hanno dimostrato che con l'impegno volere
è potere.
Si ringraziano per le immagini
e le notizie storiche pubblicate il Museo Archeologico
Nazionale di Napoli, la Biblioteca Provinciale e la
Biblioteca "Annibale De Leo" di Brindisi.
Testo di Giorgio Sciarra
Pubblicato integralmente su concessione del settimanale
Agenda Brindisi
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